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MATCH POINT regia di Woody Allen

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Invia una mail all'autore del commento GiorgioVillosio     9 / 10  19/01/2006 16:49:13Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
L'esistenza di ogni individuo si articola canonicamente nelle tre fasi di una giovinezza giocosa e soave, una maturità operosa e problematica, e una senilità melanconica, presaga di morte; quella cui sembra arrivare ora, il geniale Woody Allen con l' ultima fatica di Match Point. In parallelo, anche poetando sull'esistenza potremmo individuare tre diversi registri; in letteratura e nel teatro, come pure nell'espressione musicale, la condizione umana può raccontarsi coi toni leggeri e brillanti della commedia (v. musica easy),con quelli seriosi e introspettivi del dramma (v. i cantautori), o con quelli disperati e disperanti della tragedia(come in tante sinfonie o nell'opera). Ma la regola non è fissa, e i diversi registri si intrecciano e compenetrano con il mutare stocastico degli eventi, guidati da un fato imperscrutabile. Sì, il destino, cieco e imprevedibile, è il vero deus ex machina della nostra esistenza; e solo al caso vanno addebitate le nostre cadute come le nostre fortune. Proprio questo asserisce Woody Allen nella sua ultima opera "Match Point", con una metafora semplice immediata, proposta per due volte nel film: una pallina ( o un anello nuziale) che indugiano a lungo cavallo di una rete da tennis ( o di protezione), prima di assegnare fatalmente il punto della vittoria , o della sconfitta, agli inconsapevoli partecipanti; il cui destino finisce per cambiare fatalmente di conseguenza. Dunque l'ordine degli eventi sembra legato indissolubilmente al capriccio del caso, alla volontà cieca della Dea Bendata, come sostiene peraltro un'antichissima scuola letteraria e di pensiero. Cui si rifà dichiaratamente l'anziano regista, citando espressamente Sofocle (credo dall'Edipo Re), per bocca del giovane protagonista: "bello sarebbe stato non nascere, per non provare tanto dolore.!".
Ciò premesso, dobbiamo ricordare che il grande Woody ha sempre mescolato nei suoi racconti i modi leggeri della commedia con quelli seriosi del dramma, in una miscela unica e personalissima di un affresco del reale, condito da un gustoso e impareggiabile humour. Con Macht Point, invece, i toni si accentuano, divenendo più gravi; la commedia si perde sullo sfondo, il dramma va in cescendo, per culminare infine nella più cupa tragedia. Il giovane protagonista rampante, tipico bello da commedia rosa, scivola dapprima sulla dinamica del dramma, per divenire fatalmente assassino, quasi a sua insaputa; travolto, se vogliamo, da un destino più grande di lui, che lo attira ineluttabilmente nel gorgo della passione e del delitto. E sì, perché, come sostiene Woody Allen, la pallina ha continuato a girare capricciosamente sul tavolo verde della vita, sino a che voleva.
L'insieme di questi pensieri fa riflettere su quella dell'autore. Evidentemente il geniale artista ebreo che per una generazione raccontava con divertente ironia le vicende del vivere comune, è arrivato ad una svolta per lui fatidica: non solo all'ultima curva, ma ormai in dirittura di arrivo! La percezione della fine lo rende più vibratile, inducendolo a pensieri di cupo pessimismo; dove l'unica salvezza sarebbe la fede, come dice in apertura il giovane protagonista assassino, pur non credendoci affatto. Il quale , peraltro, finisce per sopravvivere ai penosi sensi di colpa del delitto impunito, proprio grazie alla clemenza del caso, che fa cadere la fede nuziale della povera vittima dalla parte per lui vincente.
Per raccontare la sua personale disperazione il regista abbandona volutamente la location originaria degli USA, per trasferirsi , come gli elefanti in punto di morte alla ricerca di antiche radici, nel cimitero più congeniale della vecchia Europa. Cui attinge in effetti con espliciti riferimenti alla tragedia greca, alla letteratura russa dell'800,ai modi dell'ambiente londinese, e ai toni tragici della musica operistica italiana.
Nel complesso un'opera profonda e matura che potrebbe mettere un punto definitivo all'opera del grande regista, con un affresco grandioso sull'esistenza desunto dalla vita reale. Sul palcoscenico di Match Point si alternano emblematicamente i poli opposti e rivali della società: le famiglie borghesi abbienti, arroccate intorno ai loro privilegi, e le forze contrapposte delle classi inferiori emergenti, rampanti e volitive, con il loro cumulo di legittima rabbiosità; in un quadro complessivo di amori, passioni e sentimenti dove la supponenza dei privilegiati rende ancor più grama e risicata la vita degli "inseguitori" inferiori. Il tutto nell'ottica corale delle grandi opere di costume borghese, come nella saga dei Buddenbrock, cui giureremmo che il buon Woody si sia fortemente ispirato.
Oltretutto, a prescindere dal soggetto, tutta la regia di Match Point è di rara perfezione: interpreti tutti superbi, con primi piani di assoluta espressività, che esaltano una fotografia ricca di atmosfera e suggestivi cromatismi, unitamente alla fascinosa tensione delle arie d'opera italiana.
Per concludere, tale e tanta è la forza espressiva del film da averci comunicato un forte malessere, come in tutte le tragedie classiche. Al punto da "compatire" l'ottimo Woody per il sopravvenuto pessimismo (senile), formulandogli l'augurio migliore: con opere di questo respiro diverrà immortale, trovando sicuramente posto "tra le urne dei grandi, all'ombra dei Sepolcri".


PS: Ho già detto abbastanza del film. Sugli stessi concetti della casualità delle sorti umane sta lavorando in TV Enrico Ruggeri con curiosa trasmissione di Italia 1 "Il bivio"
E comunque tanti anni fa Roberto Vacca, in "Come avere fortuna e guadagnare un sacco di soldi" ( è + o- il titolo!), parafrasando il famoso saggio sulla felicità di Bertrand Russell, sosteneva le stesse cose di Woody, ma con maggiore