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A HISTORY OF VIOLENCE regia di David Cronenberg

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gerardo     7 / 10  02/03/2006 16:56:36 » Rispondi
ATTENZIONE: presenza di spoiler nel commento.

Ancora una volta il tema del doppio è centrale in Cronenberg; ma questa volta il regista canadese si lascia, a mio avviso, lusingare fin troppo dal discorso della violenza e del sesso, che diventano elementi meno "patologici" rispetto a quanto visto sinora nella sua opera, per farsi più diretti e spendibili (non oso dire più commerciali, ché non sarebbe giusto...). E’ innegabile il valore “ideologico” di tali elementi, ma nel complesso sembrano rimandare più alla composizione di un film d’azione (per altro di ottimo livello), che a quella di un film cui attraverso quegli stessi elementi voglia dissezionare i miti fondanti della provincia americana e del suo “sogno”.
Il film è piuttosto schematico nella costruzione narrativa del personaggio: inizialmente mette in scena, come fosse una ennesima puntata di Dawson’s Creek o simili, la vita tranquilla e normale di un brav'uomo lavoratore e buon padre di famiglia, perfetto marito innamorato della moglie e premuroso coi figli, preso nei suoi spaccati di vita modello nella provincia lontana, agreste, luogo eletto simbolo del sogno americano.
L’improvvisa esplosione di violenza riporta l’atmosfera del film a quella cruenta delle prime sequenze, rendendola via via più cupa e angosciante. L’incanto del sogno americano sta per infrangersi nel ritorno del “passato che non passa” di Tom. La sua anima nera riaffiora dalla falsa identità a turbare i piani di redenzione e la tranquilla esistenza del mondo perfetto faticosamente messo su.
Un bubbone pronto a esplodere sembra fondare quel mito americano della vita perfetta provinciale: non a caso la moglie del protagonista e lo sceriffo del paese (amico di famiglia) tendono a proteggere la famiglia e l'intera piccola comunità da qualsiasi intrusione pericolosa e ad allontanare dal loro contesto ogni elemento perturbante.
Dopo il sanguinoso (e lacerante) percorso a ritroso nel passato scomodo di Tom, la famiglia si ritrova ricomposta a tavola, luogo sacro deputato alle riunioni familiari nella casetta del sogno americano: è una ricomposizione formale, i cui fondamenti sono stati così violentemente svuotati e smascherati, ma, dopotutto, il sogno richiede solo la realizzazione di un tranquillo e semplice quadretto, meglio ancora se a riassestarlo è l’innocenza di una bella bambina che di quel sogno e di quel contesto “perfetto” è figlia.
Interpretazioni magnifiche di un inquietante Ed Harris e di William Hurt, qui nell’insolita veste – per lui – di uno spietato quanto perverso criminale.