Marlon Brando 10 / 10 30/12/2006 15:22:02 » Rispondi Il capolavoro di Fellini, che riesce addirittura a superarsi dopo La dolce vita. Attraverso una struttura di sensazioni-emozioni somigliante a "Ulisse" di Joyce e di ricordi come in "Alla ricerca del tempo perduto" di Proust, Fellini si mette a nudo e racconta tutto sè stesso utilizzando come alter-ego il regista Guido, interpretato dal grande Mas*****nni. Ci mostra la sua scoperta della sessualità attraverso una via molto strana, ma molto realistica nella sua rozzezza: l'abbraccio di una donna brutta e abbondante che balla confusamente. Ci narra il suo approccio con la religiosità e, soprattutto, con la Chiesa, con cui Guido ha un ambiguo rapporto di punizione e redenzione, che viene rappresentata come un giudice severo e intransigente (la confessione che sembra un processo o lo stesso confessionale che sembra una sorta di animale mitologico), sempre misteriosa e anche lontana spiritualmente, ma presente fisicamente e per questo rassicurante, con cui si può giungere a un compromesso per la conquista dell'aldilà. Ci confida anche la sua ossessione erotica maggiore: il desiderio di un harem colmo delle donne della sua vita in cui essere coccolato, amato e soprattutto rispettato, in cui vale la legge del possesso fisico-sessuale e in cui si può comportare despoticamente da capo-famiglia, in un tempo utopico perfetto, che sembra regredito all'età primitiva, in cui le regole della società non sono ancora fissate e valgono solo quelle del corpo, ma allo stesso tempo si possiede il benessere che nei secoli la civiltà occidentale ha potuto donarci. I ricordi si manifestano all'improvviso, senza preavviso, anche se Guido, nel suo inconscio, è consapevole di ciò: necessità di fuggire da una realtà troppo opprimente e necessità di sfoghi, piccoli o grandi che siano, o, bisogno ancor più impellente, di immaginare gli sfoghi che vorrebbe compiere. Attraverso le sue impressioni personali Fellini ci vuole insegnare che l'espressività artistica non deriva principalmente dal bagaglio culturale, ma dall'insieme di esperienze umane e creative cui ha fatto parte grazie ai ricordi, spesso anche banali, e alla cerchia di persone che lo hanno accompagnato nel corso della sua vita, nel bene o nel male, a cui deve tutto il suo amore e la gratitudine e che vanno a formare quel girotondo finale che sovverte le regole convenzionali del cinema, essendo il regista direttore di tutti e diretto da tutti, e in cui bisogna entrare a farne parte e non starne fuori cercando inutilmente di manovrarlo come, egoisticamente, Guido ha tentato di fare nel corso di tutto il film.
Terry Malloy 20/02/2007 15:27:41 » Rispondi bellissimo commento beddo. ora non so più cosa scrivere su questo capolavoro
Marlon Brando 21/02/2007 15:54:12 » Rispondi Grazie, ma in teoria nessun dovrebbe osare scrivere nulla su Otto e mezzo...