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INTO THE WILD regia di Sean Penn

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amterme63     8 / 10  24/02/2008 22:20:36Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Certamente è un film che non lascia indifferenti. Il regista è riuscito a far entrare la storia e il personaggio di Chris nell’animo e nella mente dello spettatore, stimolando la riflessione. Ognuno poi trae le conseguenze che meglio crede. Io però ho avuto l’impressione che ci fossero alcune “forzature” prodotte da chi narra e da chi rappresenta la nuda storia di Chris. In altre parole la vicenda è stata reinterpretata come una una critica/esaltazione dei cardini della società americana: la famiglia e la fede.
La responsabile della prima “forzatura” è sorella, la quale interpreta la fuga di Chris come una reazione alla mancata riuscita della loro unione familiare. Uno scacco che secondo lei spiegherebbe anche tutti i rifiuti di Chris di “ricaderci”, di formare a sua volta qualcosa di simile. In effetti Chris subisce una specie di “bombardamento” da questo punto di vista. In ogni situazione in cui si viene a trovare, anche in quella anticonvenzionale degli hippies, subisce il solito ritornello: “Chi è la tua famiglia? Lo sanno i tuoi genitori?”. L’esigenza del rapporto genitore/figlio ossessiona poi tutti i personaggi, sembra che non se ne possa fare a meno. Chris sembra rifiutare l’istituto in sé e per sé, anche se le ragioni per le quali “rifiuta” legami con altre persone sono legate più che altro alla sua ossessione interiore, alla sua “missione”, piuttosto che a ricordi spiacevoli. Lui comunque rimane un isolato, un “estremista” e l’esito della sua storia non fa che confermare che forse non esistono alternative all’unione fra due persone, se si vuole essere felici (“la felicità è solo condivisa”).
Sean Penn impone alla storia di Chris invece un risvolto religioso evidente in molte scene. Il privarsi di Chris di ogni bene materiale in modo completo e estremo è fatto risalire a scelte etico/spirituali (sul modello di San Francesco), non certo a idee socio/politiche. La sua figura viene dotata poi di molto carisma. Affascina solo con la presenza tutti quelli che incontra. Li incanta con le parole e con la sua forza etica (“Non sarai mica Gesù?” gli chiede una persona), tanto che tutti rimangono come soggiogati e non hanno poi la forza di ribattere e far capire all’interlocutore le contraddizioni e gli idealismi astratti di cui è intriso tutto il suo essere. Tutti anzi sembrano voler favorire questo compimento di Chris della sua “missione”, come se fosse un incontro con il “divino”. E’ evidente il risvolto panteistico di tante inquadrature di natura infinita e bellissima (forse le scene più belle del film). Il suo rifiuto di ogni edonismo lo fa assomigliare idealmente ai primi santi asceti del Cristianesimo. Il finale poi parla chiaro sulla “santificazione” del personaggio. Bisogna dire che altri cineasti hanno trattato più o meno lo stesso argomento in maniera più distaccata e oggettiva, evitando idealizzazioni postume, come ad esempio Bresson nel finale di “Diario di un curato di campagna”, o come Agnes Varda nel suo “Senza tetto né legge” (molto più aspro e disturbante di questo film).
La storia ha le sue evidenze che neanche Penn può evitare di far venire fuori. Prima fra tutti l’eccessivo idealismo di Chris (nel suo soggiorno solitario si porta dietro i libri, non necessari alla sopravvivenza). Il suo ideale è il sogno, non la realtà e lo capirà sulla sua pelle. Un altro personaggio che ci si è trovato suo malgrado (Robinson Crusoe – basato su un’avventura realmente accaduta) aveva alle spalle una vita di duro lavoro e esperienze manuali, non veniva certo dall’alta società e dall’Università. Anche i cacciatori di Jack London si avventuravano a ragion veduta e non certo allo sbaraglio. Con la “Natura” non si scherza. Tra l’altro gli uomini primitivi si erano anche accorti che si riesce a sopravvivere solo se si è in comunità, aiutandosi reciprocamente.
L’altro “difetto” di Chris è il suo egoismo affettivo, il suo negarsi interamente alla solidarietà verso gli altri per paura di “sporcare” la purezza del suo ideale e rinunciare all’idea di ascesi assoluta. I freudiani poi avrebbero pane per i loro denti nel rifuggire di Chris di fronte alla sessualità. Nonostante la “beatificazione” postuma di Penn, quel che viene fuori dalla storia di Chris, secondo me, è che l’unica maniera di trovare la propria realizzazione etica è DENTRO e non FUORI della società umana. L’alternativa è la “fuga” e un po’ come tutte le fughe nasconde sempre un po’ di vigliaccheria e io penso che Chris se ne sia reso conto, anche se troppo tardi.

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