caratteri piccoli caratteri medi caratteri grandi Chiudi finestra

NOSFERATU - IL PRINCIPE DELLA NOTTE regia di Werner Herzog

Nascondi tutte le risposte
Visualizza tutte le risposte
amterme63     8 / 10  24/04/2008 23:09:27 » Rispondi
Film bello, ottimamente girato e interpretato. L’irrazionale, il mistero, la vertigine e il fascino del male hanno stimolato la creatività di tantissimi artisti e la curiosità di masse di lettori o spettatori. Nonostante che dal XVIII secolo si sia affermata ufficialmente la cultura dei fatti e della ragione, gli artisti non hanno mai smesso di cercare nelle pieghe dell’animo umano ciò che angoscia e inquieta, ciò che attira proprio perché è misterioso e fuori del normale. Il cinema non si è certo sottratto a questo sottile e ambiguo fascino. La prima grande opera del cinema dell’inquietudine è stato “Il gabinetto del Dottor Caligari”, seguito a ruota dal capolavoro del genere: “Nosferatu” di Murnau. Anche un regista con i piedi per terra come Dreyer ha voluto sondare gli abissi della parte scura dell’animo umano con il suo “Vampyr”. Anche il grande Coppola ha dedicato le sue fatiche al “Dracula di Stoker”. Non si contano poi le innumerevoli altre opere con tanto di parodie (“Non mordermi sul collo”).
Herzog, il poeta della forza dell’irrazionale, non poteva certo tirarsi indietro. La sua è un’operazione molto rispettosa dei modelli del passato. Riprende infatti quasi pari pari il Nosferatu di Murnau, sia dal punto di vista narrativo e spesso anche scenografico. Il modello viene però “aggiornato” e soprattutto gli si infonde una linfa filosofica tutta particolare. Non è quindi un rifacimento ma una riedizione.
Il “male” viene visto sia come una piaga, una disgrazia, sia come una specie di desiderio interiore inconfessato per fuggire alla monotonia e alla grigia normalità. Ad esempio Jonathan accoglie quasi con soddisfazione l’incarico difficile e pericoloso di andare in Transilvania, giusto per andare via da una città dove “i canali girano, girano ma portano sempre al medesimo posto”. Lucy stessa respinge il terribile Nosferatu, ma ne è enormemente colpita, lo studia, cerca di capirlo e di conoscerlo e alla fine si offre quasi volontariamente all’esperienza angosciante ma affascinante di essere posseduta da un vampiro.
La figura “maledetta” viene dotata tra l’altro di un risvolto malinconico, disperato, che la rende molto umana. Appare come vittima di una maledizione, di un destino che deve subire: quello di “non poter morire”, quello di assistere all’infinito agli stessi futili cerimoniali umani. Un dolore interiore che non avrà fine, questa è la maledizione del vampiro, ciò che lo rende “cattivo” verso gli esseri umani.
Herzog non si fa certo contagiare stilisticamente dall’”irrazionale”. Ogni scena, ogni inquadratura è attentamente studiata e realizzata con molta cura. Le scenografie sono meravigliose con la splendida cittadina olandese di Delft, i Monti Tatra e tanti altri luoghi suggestivi. La narrazione procede a salti, con molte ellissi. Si è scelto di concentrarsi in singole scene, le quali si svolgono con ritmo lento, con frequenti primi piani e splendidi giochi di luce. L’atmosfera, l’inquietudine, l’attesa vengono resi in maniera perfetta. Si evita appositamente l’atto macabro (solo nel finale si assiste ad un morso, reso quasi in maniera “medica”), giusto per spostare l’accento sul piano psicologico. La splendida interpretazione di Kinski è la ciliegina sulla torta. Bravissimo è anche Bruno Ganz e Herzog riesce a far fare bella figura anche alla Adjani. La bravura direttiva di Herzog mi ha molto colpito. Il suo stile è classico, ma riesce a rendere un’atmosfera, una sensazione, una vertigine dell’interiorità umana in maniera encomiabile. Complimenti.