suzuki71 8 / 10 10/05/2010 09:01:47 » Rispondi Quest'ultimo film del bravo Amenabar è, diciamolo, coraggioso e sfrontato, perchè affronta temi difficili, delicati: la religione come limite eterno alla verità, il fanatismo qualunque che si riveste di credi mistici, la cecità delle masse condotte da testi selvaggi e desueti. Certo, viene inventata la storia d'amore dello schiavo Davo, Ipazia è interpretata magnificamente, ma il messaggio è un'invettiva superiore, alta. Dimenticare questo, per cedere alla facile critica di una trasposizione della storia a tratti da colossal d'altri tempi (anche se con i più moderni e sofisticati ausili computerizzati) può essere ingeneroso: qui non si parla di scontri tra titani, o di guerre di tro.ia, o di catastrofi soprannaturali prossime venture. Filosofia, fanatismo, morte della Bellezza: questi temi sono commerciali? Chi scommetterebbe a farne un film? Un doveroso apprezzamento quindi per questo lavoro molto ben riuscito che, pur con una sceneggiatura non sempre pienamente coinvolgente (specialmente nella prima parte), ci ricorda che la barbarie talebana è solo un deja-vu, che i santi venerati e incensatissimi sono spesso illusioni e carnefici, che il cristianemsimo ha prodotto un azzeramento dello spirito libero umano, un medioevo della ragione per decine di secoli: i novelli talebani hanno davvero preecedenti illustri. E comunque, per venire al film, due ore passano in un attimo, le scende dall'alto sono magnifiche, e l'epilogo, pur romanzato e purtroppo edulcorato, è ad effetto. Un film che rimane dentro, e destinato a produrre (per fortuna e si spera) effetti, dibattiti, discussioni, a lungo termine. E' un film molto ben fatto, che va visto, e non va perso: per sè stessi, e per capire un po' meglio questo angolissimo di pianeta. Ipazia docet.