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BLEEDER regia di Nicolas Winding Refn

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Invia una mail all'autore del commento ilSimo81     7 / 10  10/01/2013 12:35:45 » Rispondi
Se ci interrogassimo sull'esatta traduzione italiana del titolo "Bleeder", potremmo accettarne il significato di "salassatore", decisamente orrendo da sentire, ma perfettamente calzante sul momento clou del film.

In realtà, chi già conosce Refn e la sua eccellente trilogia di "Pusher" non ha bisogno di grandi anticipazioni. In "Bleeder" si ritrovano le stesse atmosfere cupe di un mondo marcio, sporco ed asfissiante come un locale per la raccolta dell'immondizia.
Trama principale è la vita di Leo, un uomo che sta per avere un figlio, e che invece di trarre speranza da questa prospettiva si ritrova a sprofondare nel nulla in cui crede, e nella repulsione per la vita stessa (ne è l'apice quel rabbioso "Non voglio un figlio in questo mondo di m...."). Nel momento in cui, per caso, Leo crede di aver imparato la lezione che la violenza è la soluzione ai problemi esistenziali, il preludio della disperazione si apre su una tragedia annunciata.
Parallelamente scorre la vita dell'amico Lenny, commesso di una videoteca. Cinefilo che non conosce argomentazioni diverse dai film, anch'egli a suo modo vive astratto dalla realtà che lo circonda, eppure forse è proprio questo distacco che lo salva: all'apparenza disturbato, banale e patetico, in concreto si rivela razionale, pacato e addirittura ostinato nel corteggiare una ragazza.

Agli estimatori del regista danese, "Bleeder" contiene diversi pregi, tra cui l'ottima prova del cast (su tutti Kim Bodnia) e le crudeli violenze escogitate nella seconda parte del film.
Certo il film non è "maturo" come la succitata trilogia, ma ne condivide consistenti peculiarità, sia da un punto di vista tecnico-realizzativo (l'uso della camera con frequenti primi piani e movimenti in soggettiva; i colori scuri con dominanza di rosso e nero; le musiche cupe e graffianti) sia da un punto di vista contenutistico (la disperata rassegnazione nichilistica dei personaggi; i violenti spargimenti di sangue come risposta al "male di vivere").

L'idea portante non è estremamente originale, ma è molto buona. Purtroppo soffre di un paio di limiti.
Innanzitutto, la trama portante viene appesantita da storie parallele piuttosto insignificanti. La stessa storia di Lenny, per esempio, è pure difficilmente ricollegabile al contesto del film.
La pecca principale del film, però, è che la storia viene diluita con rallentamenti e silenzi che spesso sono esagerati. Vero è che tale caratteristica rientra nello stile di Refn, ma stavolta è portata all'eccesso. A tratti se ne ricava l'impressione che quelle trame e quei silenzi siano delle "aggiunte": acqua con cui si è "allungato" un prodotto che nel complesso era già molto buono e che quindi, in sostanza, poteva essere più breve.