amterme63 8 / 10 21/04/2013 22:59:39 » Rispondi Alphaville non solo è un tipico film alla Godard (dove si trattano i temi tipici dei primi suoi film degli anni '60) ma anche una piacevolissima e interessante opera che coinvolge e appaga l'amante del cinema. Stavolta Godard ha voluto omaggiare a modo suo i film di genere noir, thriller e fantascientifico, tipici della cinematografia americana degli anni 40-50. Ovviamente "a modo suo", prima di tutto perché utilizza i richiami ai classici di genere per creare l'atmosfera, il quadro, il contesto, nel quale invece agiscono personaggi e si svolgono vicende tipicamente godardiane. L'uso degli stilemi di genere, quindi, è personalizzato e creativo. Non sono semplici citazioni ma vere e proprie rielaborazioni. Colpisce soprattutto come Godard sia riuscito a filmare il presente, facendolo passare per un futuro distopico. Ha usato inquadrature notturne di città, periferie anonime, palazzi modernisti a vetri tutti illuminati, poi anonimi e asettici interni geometrici, corridoi infiniti con tante porte, ampie scale a chiocciola. Inoltre ha cercato di manovrare la mdp in modo distaccato, muoverla in lunghe carrellate orizzontali o verticali, inquadrare da punti insoliti, per dare all'ordinario un aspetto estraniante. La colonna sonora (con lo stesso scarno e insistente motivo che sottofonda tutte le immagini) crea invece un'atmosfera decisamente inquietante. Con poche pennellate è riuscito tramite il presente a disegnare un mondo futuro freddo, impietoso, disumano. Geniale poi l'invenzione di un computer onniscente, panlogico, che controlla e punisce ogni deviazione. Il concetto è ripreso da "1984" di Orwell, ma Godard ne dà una sua libera interpretazione, originale nella creazione di questa voce metallica e annaspante, sempre presente e che interroga e parla quasi sempre in maniera filosofica. Come succede nei film di Godard, i personaggi e la trama in genere non sono da prendersi sul serio. Anche qui, Lemmy Caution è più che altro un personaggio e basta, con il suo continuo accendersi la sigaretta, il trench, il fare distaccato e malinconico, la prontezza di riflessi, la pistola infallibile. Non ci si deve meravigliare quindi della facilità con cui se la cava e con cui alla fine riesce a sabotare Alpha60, il cervellone-grande fratello di Alphaville. E' solo un film, ovviamente. Però dietro le scene di genere c'è una continua discussione sulla libertà umana, sulla superiorità dell'arte e della poesia nei confronti della logica e dell'ordine, dell'originalità individuale sull'omologazione. Il film è poi, come al solito, una riflessione sulla natura dell'amore, sul legame fra uomo e donna. E qui entrano in scena le tante scene in cui si inquadra in primo piano Anna Karina, la splendida Anna Karina. Molto espressiva, veramente brava, non c'è che dire. Impeccabile e professionale anche l'interpretazione di Eddie Constantine. Questo film mi è piaciuto molto.