elio91 8½ / 10 28/12/2013 11:40:22 » Rispondi Leggo da più parti che "Il diritto del più forte" fu il raggiungimento della maturità artistica per Fassbinder. Guardando alcuni lavori precedenti di poco a questo ("Martha", "Le lacrime amare di Petra Von Kant") mi sento di dire che è anzi la conferma della sua piena consapevolezza del mezzo e del modo di esprimersi. Ancora un melodramma, anni prima che Almodovar seguisse lo stesso esempio (in modo diverso, naturalmente), ma Fassbinder riesce nell'impresa di concepire e girare un film ambientato nel mondo omosessuale senza renderlo spettacolarizzato o alla ricerca di scandalismi che per giunta, per l'epoca in cui fu girato (1975) poi non sarebbe stato cosi fuori dal mondo. Al contrario, c'è nudità maschile, peni in primo e secondo piano in varie sequenze, ma Fassbinder usa la nudità fisica e sentimentale dei personaggi inserendoli del tutto nel quotidiano, quindi non ricercando lo scandalo ma normalizzando l'omosessuale all'interno della società. Come analizza molto intelligentemente un utente in un commento precedente, l'omosessualità può essere anche un espediente per evitare il sessismo e varie letture distorte che potevano derivare dalla visione di un film che, in ogni caso, non è "solo" un melodramma gay e non va visto in quest'ottica. "Il diritto del più forte" è un'analisi spietata del rapporto di coppia, e come sappiamo Fassbinder lo intende come una dipendenza che consuma tra un elemento dominante e dominato. Ma principalmente è uno sguardo impietoso verso la borghesia e il suo "rapporto di coppia" col proletariato. Con il genere melodrammatico Fassbinder crea empatia, grazie anche alla sua bravura di attore che si mostra senza filtri, riesce poi a catturare in pieno smorfie e tic delle classi che rappresenta o degli individui che mostra, magari in modo iperbolico ma poi mica tanto... Il protagonista si chiama Franz Bieberkopf, come il protagonista del romanzo di Doblin "Berlin Alexanderplatz", lettura amatissima da Fassbinder sin dalla giovane età di cui questi ripropone molte tematiche e varianti fino a realizzare, qualche anno dopo, quel mastodontico (capo)lavoro televisivo e cinematografico che è il film tratto dal romanzo. Bellissime le brutte figure di Franz che non riesce a trattenere la sua impetuosa natura di proletario ignorante, rozzo ma di cuore. Sotto questo aspetto potrà apparire stereotipato un pò tutto il film e tutti i personaggi, quasi archetipi (anche lo stesso Eugene), ma Fassbinder li arricchisce di sfumatura sempre interessanti. Eccezionale il finale, desolante e come di consueto pessimista (diabolico) come pochi. Ci ho messo del tempo ma finalmente sono arrivato al meglio della filmografia dell'autore tedesco, e ne è valsa la pena.