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Un progetto tecnologicamente avanzato

Prologo

"Avatar" è il film che ha incassato di più nella storia del cinema. La vicenda di Jack e Neytiri è stata seguita da centinaia di milioni di spettatori in tutto il mondo. Lo spettacolo messo in scena da James Cameron ha alla fine ottenuto il successo sperato. Un trionfo personale, ma soprattutto la conferma di un'arte, la settima, che malgrado le minacce provenienti dall'ascesa di altri media, dimostra di essere ancora la più indicata per il grande pubblico. Forse...

Un progetto tecnologicamente avanzato

AvatarLa genesi di "Avatar" risale al 1994, anno in cui James Cameron scrisse un trattamento di circa 80 pagine. Il film doveva rappresentare il dopo Titanic, ma la constatazione che le tecnologie digitali non erano ancora in grado di plasmare a dovere l'idea del regista prolungò il periodo di gestazione. Durante l'attesa, Cameron diresse alcuni documentari, lavorando contemporaneamente a due lungometraggi: "Battle Angel" e un misterioso "Project 880". Le animazioni digitali del personaggio di Gollum nella trilogia de "Il Signore degli Anelli", quelle di Davy Jones in "Pirati dei Caraibi" e la giungla (per lo più digitale) di "King Kong" convinsero il regista che la tecnologia si era finalmente adeguata agli standard previsti per le sue opere. L'aspetto che interessava particolarmente era il realismo espressivo delle controparti digitali degli attori. La tecnica del motion capture garantiva fluidità nelle animazioni ma aveva evidenti limiti nella verosimiglianza dei volti. Un kolossal con una accentuata componente drammatica non poteva basarsi su attori poco credibili, quindi si rese necessario il ricorso ad una tecnica completamente nuova: il performance capture. Attraverso un casco particolare, su cui veniva montata una videocamera, era adesso possibile restituire "il 100% delle performance fisiche degli attori alle loro controparti digitali". Il "Project 880" poteva quindi venire allo scoperto con il suo vero titolo: "Avatar". Nel motivare la preferenza di quest'ultimo rispetto a "Battle Angel", Cameron riprende quanto detto finora:

"We did a test of the performance-capture techniques we wanted and needed to use to make this film - a live action, real-time, director-centric performance-capture process. In other words, as the actors perform, I'm able to see in the monitor not only what they might look like as their CG character, but in the CG environment we've created, and direct them accordingly. When we did the test, we chose Avatar, just because it seemed like the easiest one to get going for a test, for a lot of reasons."

Il risultato furono diversi anni di lavorazione e un budget di quasi 400 milioni di dollari (circa 250 per il film e 150 per la promozione). L'opera finale era per il 60% in digitale. Nel film convivevano due specie: gli umani e i Na'vi, abitanti di Pandora, interamente digitalizzati grazie al motion e al performance capture (ognuno quindi con la propria controparte reale).

La composizione del cast è piuttosto atipica. Nonostante l'alto budget a disposizione, il regista canadese si avvale di attori poco conosciuti, ad eccezione di Sigourney Weaver e Giovanni Ribisi, relegati però a ruoli di supporto.

Ad un'attenta analisi, la scelta del cast si dimostra ben ponderata da un punto di vista biografico. Le controparti reali dei personaggi Na'vi sono tutti attori di colore, eccezion fatta per Wes Studi, che però ha dalle chiare origini indiane (appartenente alla tribù Cherokee) e vanta diversi ruoli a tema ("L'ultimo dei Mohicani", "Balla coi lupi", "The New World"). E' evidente come le caratteristiche filmiche del popolo dei Na'vi si ripercuotano sulle scelte degli attori, il cui lontano passato riconduce ad esperienze tribali vissute in Africa e in America, terre a lungo incontaminate dall'uomo bianco.

Due fra gli attori i cui personaggi possiedono degli avatar hanno interpretato importanti ruoli in film di fantascienza: la Weaver è diventata famosa per la serie "Alien" e Sam Worthington ha incarnato Marcus Wright in "Terminator: Salvation". I due interpreti principali hanno quindi recitato in due saghe molto care a James Cameron. I loro ruoli in esse sembrano quasi anticipare le caratteristiche dei loro personaggi in "Avatar". In "Alien – La clonazione" il corpo dell'ufficiale Ripley viene riportato in vita allo stesso modo di quello del condannato a morte Marcus Wright. Entrambi sono il frutto di esperimenti tecnologici che gli permettono di rivivere in altri corpi potenziati, simili solo esternamente a quelli originali.

Stephen Lang in AvatarPer Stephen Lang e Giovanni Ribisi, rispettivamente il colonnello Miles Quaritch e Parker Selfridge (due umani che hanno scarsa empatia per Pandora e i suoi abitanti), non vi sono testimonianze che li relazionino a qualche tematica del film, e probabilmente proprio per questo hanno ottenuto la parte nel film.

Questa attenzione nella scelta del cast denuncia un dialogo tra mondo filmico e reale piuttosto aperto. Si intuisce un grado di profondità del testo non comune: tutti gli elementi esterni ad "Avatar" e non direttamente riferibili ad esso contribuiscono alla creazione di un mondo più vicino al nostro. Le tematiche del film possono quindi essere attualizzate, riscontrando ad esempio numerose relazioni tra la vicenda dei Na'vi (il cui capo è Wes Studi) e quella degli indiani d'America.


Torna suSpeciale a cura di Gabriele Nasisi - aggiornato al 06/05/2010

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