Filman 7 / 10 02/12/2025 10:52:47 » Rispondi Guillermo Del Toro è un grande per due ragioni: la prima è la peculiarità nel creare da zero oggetti, scenari e creature; la seconda è l'ottima gestione dell'alto tasso tecnico, da cui nasce il tocco favolistico dei suoi film. Guardando FRANKENSTEIN, ci rimangono impresse, quindi, due cose: da una parte le tipiche invenzioni del regista e dall'altra il suo barocchismo.
Al primo caso appartengono la scena del ritorno in vita di quello che è il residuo di un cadavere, dove persino il colore bluastro dello stesso sembra originale e dove la macchina a cui è attaccato è così particolare che sicuramente esiste soltanto grazie ad un bozzetto disegnato precedentemente. Lo stesso vale per la tavola dei "collegamenti energetici", un oggetto di scena particolare, creato appositamente per il film. Altro esempio è la stanza del laboratorio, con un enorme voragine al centro e una testa di Medusa gigante sul muro (non una stanza normale, insomma). Persino l'acconciatura dei i capelli blu di Mia Goth è originale: queste sono tutte cose mai viste prima e pensate specificatamente per il film. Certo, non tutto ha lo stesso effetto. Ad esempio, le capsule energetiche sono quelle tipiche dello stempunk. Persino il mostro ha una resa un po' zoppicante: l'idea iniziale di un corpo bianco e marcescente svanisce per colpa delle pitture corporee, che non funzionano in diverse inquadrature, e per la troppa espressività facciale, che sembra quasi una chiave produttiva per targettizzare il film.
Per quanto riguarda il barocchismo, invece, scenografie, costumi, fotografia ed effetti speciali sono tutti molto ambiziosi. I palazzi sono affascinanti, le strutture gotiche sono veramente gotiche e le stanze sono piene di elementi di dettaglio, dalle scrivanie piene di libri e di strumenti fino alla pietra sul pavimento o alla stalattite di ghiaccio sul soffitto. I costumi nobiliari e marinareschi sono pressoché perfetti e abbracciano, reciprocamente, tutto ciò che sta intorno ad essi. Il Polo Nord è blu, i crepuscoli sono caldissimi, i temporali tendono al verde ed è tutto incredibilmente colorato, come al solito nei film di Del Toro. Il confine tra scenografia "materica" e creazione al computer è praticamente impercettibile.
Insomma, abbiamo un film che porta chiaramente la firma di Del Toro, un maniaco del dettaglio ed un inventore di elementi fantasy ex-novo. Ma allo stesso tempo abbiamo un film le cui invenzioni sono limitate dalla non originalità del racconto. E possiamo ormai dire, a 2025 quasi terminato, che l'alto tasso tecnico è ormai di casa per le alte produzioni streaming come quelle Netflix, che non solo danno spazio ad alcuni dei grandi nomi del cinema (con tutti i limiti distributivi del caso) ma hanno a disposizioni anche mezzi realizzativi straordinari. A tutto questo aggiungiamo che la maniera di dirigere fantasy tipica di Del Toro è stata, nel tempo, assorbita da chi produce questo genere con le creature fantastiche, anche e soprattutto in "televisione": parliamo dell'utilizzo di steadycam e grandangolari che rendono le scene plastiche e tondeggianti, parliamo delle cromie accesissime e, viceversa, parliamo di montaggio e musiche molto canoniche.
Cosa ne deduciamo? E' un Frankenstein così tanto bello da vedere che si perdona persino una sceneggiatura che fa acqua in un paio di punti (la prima è la parte dove il mostro sopravvive indisturbato, imparando a parlare; la seconda è la violenza di Victor nei confronti della creatura, non sufficiente per giustificare la tragicità che viene dopo)? Oppure serve di più oggi per fare un Frankenstein interessante? Forse non basta una resa tecnica semi-perfetta la quale, tuttavia, non è troppo sopra la media. Forse è troppo poco eccezionale, oggi, un fantasy privo di follia artistica e che, anzi, è così "banalmente" fiabesco da diventare terreno anche dove non dovrebbe (come il volto di Frankenstein). O forse Del Toro dovrebbe iniziare o ritornare a fare film che sono quasi esclusivamente fatti di oggetti e creature pensati ex-novo e lasciar perdere la ricerca progressiva di un barocco sempre più perfetto.