CyberWYX 7½ / 10 14/12/2025 17:48:48 » Rispondi Visionato in lingua originale con sottotitoli, senza sapere nemmeno che esistesse un doppiaggio italiano e, come spesso faccio, in modalità "cieca", senza nemmeno averne letto la sinossi, solo ispirato da certe affinità con altri titoli e probabilmente qualche consiglio di un amico o della rete. Risultato? Per oltre metà film non riuscivo davvero a "inquadrarlo": vedevo una famiglia, o forse un esperimento sociale, o forse entrambe le cose. Solo gradualmente emerge la realtà di un nucleo familiare autentico, chiuso in un microcosmo di regole ferree e distorte, costruite come forma di protezione assoluta dal mondo esterno.
Il padre è l'unico punto di contatto con la società, l'unico satellite autorizzato a uscire e rientrare, mentre la madre aderisce in modo cieco e totale a questo sistema protettivo-repressivo. L'idea di fondo viene portata a un'estremizzazione tale da trasformarsi in controllo, manipolazione del linguaggio, della sessualità, dell'identità stessa. Le situazioni che ne derivano sono spesso paradossali, talvolta quasi inverosimili, ma è proprio lì che il film rivela la sua natura: una difficile analisi psicologica e sociale dello sviluppo umano sotto un modello imposto. Un modello diverso nella destinazione ma comunque parallelo a quello che attua la società moderna non solo con il sistema scolastico, lavorativo e sociale ma anche, purtroppo, attraverso media di ogni natura, con il risultato finale della limitazione dell'individuo, del suo spirito critico e creativo.
La visione non è facile. Si fatica a entrare in sintonia perché la logica interna di questo mondo è lontanissima dalla nostra e Lanthimos non fa nulla per accompagnare lo spettatore. Eppure è proprio questa distanza a costringeri a guardare oltre ciò che siamo abituati ad accettare, a interrogarsi su educazione, potere, linguaggio e normalità. E' qui che il film trova il suo senso più profondo: ciò che vediamo non è ne utopia ne distopia, ma una visione parallela e alternativa che esula dalle regole condivise inventando nuove domande, nuove risposte e nuove forme di critica.
Un film disturbante, significativo, non sempre coinvolgente ma comunque stimolante, che si merita un faticato 7 e mezzo.
PS: ho letto tra i commenti dei richiami al cinema di Haneke - autore austriaco che devo ancora esplorare - soprattutto sul piano visivo e registico: un discorso che mi ritrovo a costruire a posteriori partendo da Lanthimos ma che ho già intenzione di approfondire risalendo alle origini, come sono solito fare.