Un pregio notevole del film è relativo ai rimandi interni, per nulla banali, ma tali da disorientare lo spettatore rispetto allo sviluppo dell’intreccio.
In particolare:
1. La palla che colpisce il nastro all’inizio rimanda ad un’immagine negativa, di sconfitta, nel caso dovesse tornare indietro, perché rimbalzando nel campo di chi l’ha tirata assicurerebbe il punto (finale: match point) all’avversario. Tutto questo lascerebbe pensare che il fatto che in seguito, quando l’anello lanciato dal protagonista non raggiunge il fiume, questo debba essere interpretato negativamente, come un segnale di cattivo auspicio e di imminente rovina. Invece sarà perfettamente il contrario e sfido chiunque a sostenere di averlo immaginato…
2. Ad un certo punto, quando l’ex collega tennista incontra Chris per caso (ma secondo me non a caso, come noterò nel prossimo punto), descrive il suo gioco come freddo, tale da non subire timori reverenziali nei confronti di chicchessia. La freddezza sarà proprio la prerogativa “vincente” del protagonista.
3. Sono molto frequenti gli incontri casuali, che spessono determinano la stessa rivitalizzazione di una trama altrimenti precocemente esaurita. Per esempio, quando Chris rivede casualmente la sua amante mentre sta per raggiungere sua moglie alla mostra d’arte contemporanea, può solo allora attivare realmente il loro rapporto, trovandosi ormai in una posizione di forza rispetto alle sue scarse possibilità del loro primo incontro. Gli incontri casuali apparentemente rivelerebbero un’aporia narrativa, l’incapacità di far quadrare più organicamente il plot: in questo caso, invece, sono più che pertinenti, assecondando l’apoteosi della casualità (e quindi della fortuna) che è alla base del film, come ossessivamente ricordto in più punti dalla voce narrante esterna (“fa paura pensare al ruolo della fortuna nella nostra vita… per questo tra talento e fortuna è più indispensabile la seconda”).
4. Tra i numerosi paradossi e coincidenze che contribuiscono ad elevare il livello qualitativo del film mi piace ricordarne qui solo un paio: per esempio il fatto che – ironia della sorte – mentre la moglie di Chris non desidera altro che avere un figlio, con scientificità rigorosa ma mai disperata (bello e triste il suo personaggio: lo stesso marito non può che riconoscerne la “dolcezza”, quando si trova a parlarne), la sua amante rimane incinta – e per giunta inopinatamente – alla prima occasione propizia; il fucile, che per la ricca famiglia londinese in cui si è impiantato il protagonista è solo motivo di svago e divertimento, per Chris rivestirà un’importanza determinante e risolutiva, quando egli lo impugnerà con ineludibile serietà (attenzione, però, perché anche in questo caso il regista – e sceneggiatore – inserisce un delizioso rimando interno: se il protagonista, infatti, nel tiro al piattello in campagna era stato ampiamente deficitario, e per questo era stato bonariamente beffeggiato dal cognato, non mancherà un colpo nei momenti decisivi).
5. Infine un tocco di classe, impossibile da ignorare: non è facile sentirsi citare così Sofocle (non ho verificato gli estremi, ma a memoria credo debba trattarsi dell’Edipo a Colono). In realtà da Woody Allen non stupisce, ma è un risalto che fa sempre un immenso piacere.