frine 9 / 10 22/05/2006 01:59:25 » Rispondi Vabbè, gli dò 9 anche se l'ho terribilmente amato, ma mi rendo conto che 10 sarebbe troppo. Anne Rice, con i suoi fortunatissimi libri, ha rivoluzionato la concezione tradizionale del vampiro, per lo più legata alla rappresentazione 'canonica' offerta da Bram Stoker nel suo libro su Dracula. Nella tradizione mitologica, molto più antica della leggenda di Vlad di Valacchia, il vampiro è un fantasma insoddisfatto, di solito lo spirito di una fanciulla ingiustamente uccisa prima dell'età adulta, che rivuole la sua vita e la recupera bevendo il sangue di esseri viventi (volendo, si potrebbe risalire al "Canto dei morti" dell'Odissea, ma qui mi fermo). Le malvage quanto leggendarie azioni di Vlad, ovvero della nobildonna ungherese Erszebet Bathory, contribuiscono all'interpretazione popolare del nobile come simbolo del male, pronto a vessare e dissanguare i poveri sudditi per la propria sopravvivenza. La Croce, simbolo della religione condivisa dal popolo, e l'aglio, sgradito ai dispeptici aristocratici, sono validi antidoti contro le possibili incursioni del vampiro. Ma il vampiro è davvero simbolo del male e nemico di Cristo? Secondo Bram Stoker sì, e non c'è da meravigliarsi se la sua versione della storia ha riscosso i più vasti consensi. Ma già Polanski aveva qualcosa da ridire, e il suo vampiro ebreo Chagall, che succhia senza problemi la servotta armata di croce, è una delle invenzioni più geniali sull'argomento. E veniamo alla Rice: i suoi vampiri sono severamente, rigorosamente cristiani. Amano la Croce e si chiedono quale sia il loro ruolo nei disegni del Padreterno. La risposta, appena intuibile nel primo romanzo, arriverà nel secondo ("The vampire Lestat", 1984): i vampiri sono creature del Signore, e nell'ordine divino essi sono destinati a flagellare, con morte e distruzione, un'umanità accidiosa e corrotta. In pratica, il ruolo dell' "angelo sterminatore" delle sette ereticali, ovvero del "Satana redento" della religione sciita. Si spiega così la frase più dura e provocatoria pronunciata nel film (e nel libro) da Lestat: "D.io uccide quando vuole, e così faremo noi, perché nessuna creatura di D.io è vicina a lui quanto lo siamo noi". Ma le parole di Lestat non soddisfano l'impacciato e scrupoloso Louis, e il conflitto ideologico fra i due è senza dubbio la cosa più interessante del film, che presuppone un ripensamento della Rice sul suo primo romanzo (in cui Lestat è visto attraverso gli occhi di Louis, e quindi come molto più malvagio e spietato di quanto non sia in effetti). L'errore più grave di Lestat (tuttavia giustificato dal timore di perdere Louis) è la vampirizzazione di una bambina. I vampiri devono infatti essere forti, autonomi, e capaci di fronteggiare da soli ogni difficoltà. Esiste un'etica anche per i vampiri. Così Lestat sarà punito per il suo errore: sarà ferito, vilipeso, buttato in pasto alle belve. Ma la punizione più crudele resterà sempre l'incomprensione di Louis. Non mi soffermo su alcuni passaggi magnifici (ad es. Louis al cinema) né sulla scenografia accurata e convincente di Ferretti. Il vero valore del film sta nelle innumerevoli suggestioni che offre, e sulle varie chiavi di lettura che possono essere utilizzate per interpretarlo. Bravissimi gli attori, a partire da Cruise.