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VOLVER regia di Pedro Almodovar

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cristina64     9½ / 10  02/06/2006 20:57:48Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Volver, ovvero la Bellezza del Ritorno!

Un film di prodigi. Un film dove la grazia danza insieme alla morte per riconciliare i vivi. Un film dove la paura non riesce a sostenere lo sguardo di una realtà fatta di sudore, di canto e di ritorni. Un film dove “i fantasmi non piangono” e neppure i vivi, perché le lacrime più vere sono quelle nascoste nelle pieghe di una vita che deve (e vuole) trovare il modo di andare avanti ogni giorno. Volver è tutto questo. Eppure la materia trattata è incandescente. Ma Almodovar, abbandonando gli eccessi e le stravaganze, riesce a fare di questo magma incandescente, un sogno. E’ un film di resurrezioni e di resurrezione. Una resurrezione mostrata in punta di piedi ma di una forza travolgente e disarmante di cui sono incapaci le tante resurrezioni che un certo cinema, soprattutto negli ultimi tempi, ci ha mostrato. E’ un film dove il perdono e la speranza pronunciano sempre l’ultima parola ( divenendo parola ultima) sulla concretezza quotidiana delle vite narrate che, forse non alzano mai gli occhi al cielo, ma chiamano sempre la terra ( la realtà) col proprio nome. Le grandi domande dell’esistenza non sono mai apertamente poste, ma incarnate, vissute nella semplicità delle cose di tutti i giorni, e trovano risposte, probabilmente inaspettate, nell’abbraccio sincero che si dilata ad accogliere gli altri, l’ “altro”; anche quando si tratta dell’ “ospite inatteso”. In questo sta la forza straordinariamente rappacificante del film che mostra incesti, omicidi, tombe, legami spezzati, amori traditi, malattie incurabili, mentre in realtà non è di morte che parla ma di ritorno.
Non a caso “Volver” significa “Tornare”. E per tornare bisogna essere persone vive. I morti non solo non piangono, neppure ritornano. Il ritorno si coniuga con la vita, e là dove la vita ha fatto esperienze di morte si coniuga col “ritornare” alla vita. Tornare è riannodare legami, è riandare là dove si era partiti. E il punto di partenza è sempre una madre che ci ha tenuto in grembo, un padre anche se non ci ha saputo amare,una sorella, una figlia, una casa, una strada, un’ amica, un amore, un senso…Tornare è essere restituiti all’accoglienza del nostro inizio, è risorgere da quelle tombe che aprono il film e che non spaventano, non generano orrore, perché abbracciate da persone “vive” e da una pietas senza misura. Una pietà vera che riesce a vincere la paura perchè abita e riconcilia, senza sosta, la vita e la morte quotidiana dei protagonisti che si spendono e si offrono, ma senza mai tradire la realtà con rimozioni, censure, acrobatici meccanismi di difesa. Riuscendo così ad essere se stessi, fino in fondo. E’ bellissima ed emblematica la scena in cui, con l’aiuto dell’amica, Raimunda trasporta il cadavere del marito sulle rive di quel fiume che aveva amato più di ogni altro luogo, non per occultarlo, nasconderlo, ma per offrirgli una sepoltura degna e una lapide scolpita non “sul” marmo ma “nel” legno “vivo” di un albero, per non dimenticare. Ritorna solo chi non ha bisogno di dimenticare, il viandante e il mendicante, chi conserva la memoria di un inizio. Perché non è il ricordo che ha bisogno di accoglienza e di perdono ma la memoria e la ferita dell’assenza, il dolore bruciante di chi vuol ritrovare l’amore tradito, la bellezza smarrita dell’origine. Non è un melò Volver, ma un film solare dove tutto è sempre possibile, dove nessuno è solo, dove niente è irrimediabilmente perduto. Un film corale fatto di relazioni. Un film che esibisce un garbo e una naturalezza che sa di miracolo, che fonde sapori e odori antichi, che fa danzare il colore e il calore insieme al vento della Mancha. Il racconto è scandito da un equilibrio stilistico e da una perfetta armonia narrativa. Le inquadrature, straordinarie per naturalezza, contribuiscono a rendere credibile ciò che è paradossale ma possibile, e traducono in folgorante semplicità, una complessità sconcertante a pensarsi. E’ questo realismo magico dimentico del desiderio di immortalità dell’uomo moderno, quest’alchimia da favola, il segreto di un film che riconcilia fine e inizio, passato e presente, dolore e gioia, impossibilità e possibilità, assenza e astanza, con una leggerezza che desta stupore e trova corrispondenza e senso, in una realtà altra di cui forse solo l’arte sembra conservare memoria. Un film carnale e pertanto dal sapore sacro. Un film fecondo, perché, tanto per citare De Andre, “ dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori”. Un film incredibilmente lieve e incredibilmente bello. Vero. Perfetto come un capolavoro.

M. Cristina lucchetta
Raff.x  30/06/2006 14:30:07Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
La tua recensione, davvero molto bella e molto ben scritta, mi offre una diversa chiave di lettura sulla sepoltura e la scelta del luogo "amato più di ogni altro", che non avevo colto appieno durante il film.
Un saluto

Raffaele
cristina64  03/09/2006 02:10:57Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Grazie per quanto mi scrivi.
Un saluto! Cristina