kowalsky 4½ / 10 24/05/2010 01:02:36 » Rispondi Sono generalmente bendisposto nei confronti del cinema italiano, ma non è possibile essere razionali quando le grandi pretese sfociano in un risultato che definire parodistico è poco. Ok, gente come Giorgio Diritti ce n'è poca, però finiamo spesso per plaudire codesti veicoli sociali dimenticando che la lezione di Francesco Rosi o Elio Petri è andata nel tempo progressivamente perduta. E allora è facile tirare in ballo il buonismo incoraggiante dell'ultimo Luchetti, capace di ravvisare i nervi scoperti della società italiana senza calcare la mano più del dovuto, a parte la recitazione di Elio Germano, fortemente provato dalle sue debolezze maschili (come se questa vitalità indicasse una nuova forza nella precarietà caratteriale degli italiani di oggi). "La nostra vita", unico (?) film italiano in concorso a Cannes, mette ancora più in evidenza tutti i pregi e i difetti del nostro cinema, diventando a modo suo "rassicurante" proprio nella superficialità con cui tratta certi temi: come a dire "non possiamo pretendere di più". Io, invece, pretendo di più e di meglio: la realtà è molto diversa da questo spaccato social-familiare dove, con la pretesa morale di un lutto da elaborare, abbondano i luoghi comuni sullo sfruttamento del lavoro e sugli extracomunitari. Non si può accettare una sequenza ridicola e ottusa come quella dei lavoratori in nero (o senza permesso di soggiorno, la stessa cosa nell'equazione qualunquista del pensiero comune) che scappano appena vedono un'auto della polizia guidata dal povero Raoul Bova, e si nascondono fino a quando il "dirigente" li avvisa che è tutto a posto. Accidenti, se la realtà fosse ben più amara di questa, avrei riso davvero di gusto. E "La nostra vita" racconta ogni minima meschinità di Claudio, personaggio che domina tutto il film fino allo sfinimento, ma in fondo è così garantista nei confronti di questo povero giovane vedovo che arranca come può, arrivando al suo culmine a tenere in braccio il figlio più piccolo per impietosire i dipendenti mentre confessa di non poterli pagare per un mese. Ma poi, perchè spaventarci? In fondo tutto passa, attraverso la famiglia, tutto ha il sapore lieve di un'incoscienza che va premiata, perchè tale deve essere, e del resto è così che vegeta lo squallore morale del nostro paese di oggi. Alcuni dicono che il film mantiene uno splendido equilibrio: naturale, visto che non rischia nulla, e Luchetti è incapace di approfondire anche un personaggio finalmente diverso come quello di Raoul Bova, per una volta più sopportabile del solìto. Poteva scavare in quelle amarezze celate e sfruttare abilmente le sue debolezze, invece preferisce oscurarlo per lasciare spazio a un Germano forse acuto ma avvilente nelle sue contraddizioni. Tra i comprimari, salverei il solo Zingaretti, nonostante la convenzionalità con cui costruisce il personaggio (e a dirci poi che un disabile non trova lavoro se non fa lo spacciatore, beh ce ne passa con tutto il rispetto per la demagogia a banda larga!). Insomma, "La nostra vita" mi è parsa l'ennesima occasione perduta, così stucchevole nella sua esposizione lasciva dei sentimenti (cfr. persino "scandalosa" quando i bambini sperano di rivedere inconsciamente la loro madre) e dannatamente falso quando cerca di calarsi in una realtà scomoda senza colpo ferire, abile solo a rovesciarci addosso un malessere che passa grazie alle risorse del destino (o della furbizia). Le lacrime di Germano sono sincere, ma questo nostro cinema non ha certo motivo di rallegrarsi
Rotkäppchen 19/06/2010 00:34:08 » Rispondi Ciao kowà. Detto in romanesco "nun c'hai capito n'cazz.o", e sai bene a cosa mi riferisco.
mkmonti 26/05/2010 00:57:21 » Rispondi questa volyta non mi sento di condividere le tue opinioni; la scena della fuga dei lavoratori in nero a mio modesto avviso non ha proprio nulla di farsesco, ma rappresenta proprio ciò che accade ogni giorno in centinaia di cantieri in tutta Italia; il pregio del film, perlomeno nella prima parte è proprio quello di ropsecchiare la tragedia della situazione italiana attuale, certo il film si perde nella parte successiva, cercando l'assoluzione a tutti i costi del protagonista, ma non mi sentirei proprio di bocciarlo.
arturo 24/05/2010 09:52:46 » Rispondi ti ho letto - come sempre - con grande rispetto ed attenzione, ma questa volta francamente non ci ho capito niente: detto in parole povere, qual è il difetto che imputi al film? cosa c'è che non va nella scena dei lavoratori che scappano? che vuol dire "se la realtà fosse ben più amara, avrei riso di gusto?" e Germano "fortemente provato dalle sue debolezze maschili"? Mah.
Rand 24/05/2010 11:04:25 » Rispondi Concordo in parte, il film non è perfetto, ma secondo me risulta comunque ottimo per il genere.
arturo 24/05/2010 11:53:03 » Rispondi io non ho espresso nessun parere. stavo solo cercando di capire quello espresso dal buon Kow
kowalsky 24/05/2010 21:09:02 » Rispondi Ma è una scena terribile... sembra una farsa, non si può raccontare il disagio dei clandestini in questo modo dovrebbe arrivare un messaggio amaro invece sembra la parodia della realtà
alex25 24/05/2010 15:38:16 » Rispondi "la realtà è molto diversa da questo spaccato social-familiare"... non sono d'accordo, se questo film ha un pregio è quello di rispecchiare fedelmente quello che sta succedendo nel nostro paese. Non so se sei di Roma, ma posso dire avendoci lavorato per un pò in alcuni cantieri della capitale che le cose stanno proprio così: operai quasi tutti extracomunitari, giri d'appalti e subappalti e magna magna generale, lavoro nero a volontà. Verissimo anche il fatto che l'unico aiuto che ha ricevuto il protagonista è stato dato dalla famiglia, vero motore di questo paese.
kowalsky 24/05/2010 21:10:51 » Rispondi Che la realtà sia questa non si discute, che il film la racconti in modo marginale e superficiale (secondo me) pure... sembra proprio che Luchetti non voglia saperne di amareggiare lo spettatore
jack_torrence 31/05/2010 01:37:00 » Rispondi Tanto di cappello Kow, per questo tuo commento davvero interessantissimo. Ho aspettato a commentarti, ho voluto vedere il film prima. Condivido quanto affermi, anzi la tua acredine critica à la Rivette vs. Kapò mi conforta: ci vuole, questa indignazione, per svelare il buonismo inaccettabile (tremenda la sequenza che tu mi ricordi, dei bambini che fanno quasi la seduta spiritica, per evocare la madre, verso il finale...). Tuttavia non mi sento di condividere il voto, troppo basso (anche se mi pare motivato moralmente) per un film che esteticamente è assai interessante, e ha molti pregi. Se fosse stato quello che noi vorremmo, sarebbe un capolavoro. Purtroppo, nel finale in maniera clamorosa, manda tutto a rotoli, senza tuttavia mai - a mio avviso - rovesciarsi da potenziale capolavoro a film inaccettabile. Siamo intorno al 6: 5,5 o 6,5, non ci si schioda, se si vuole essere razionali (come molto onestamente nel tuo incipit dichiari che è impossibile essere)