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FOXCATCHER - UNA STORIA AMERICANA regia di Bennett Miller

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Invia una mail all'autore del commento NotoriousNiki     8 / 10  01/01/2016 18:43:47 » Rispondi
Reduce da 'Moneyball', un soggetto ancora legato allo sport passa in mano a Bennet Miller, ma analogamente al film sull'arte di vincere lo sport è sfondo, pura casualità nei soggetti del regista, nessun fil rouge, tanto che lo relega in un angolino all'interno della sua opera.
A Miller interessa frapporre 2 vite antitetiche, una sommamente borghese, viziata e piena di aspirazioni nel consolidare il proprio io all'interno di una generazione d'elite, l'altra proletaria abituata a lavorare per vivere, questo lavoro è la disciplina della lotta libera.
Puri fini economici legano l'uno all'altro, a DuPont serve Mark Schultz per consacrare il team Foxcatcher da lui istituito con una medaglia olimpica, a Mark serve DuPont per fruire delle migliori attrezzature, il miglior ambiente, della libertà economica che solo il magnate può fargli ottenere.
La prima parte si focalizza sul capovolgere il loro rapporto, scaturirà una complicità inaspettatamente duratura e crescente, reciproca stima ricambiata apertamente, fino ad un episodio causato dalla inadempienza del lottatore che porterà DuPont a destituirlo dal compito di allenare la squadra in favore del fratello, Bennett da qui in poi lavorerà in filigrana, la parola è sostituita dallo sguardo, dalle espressioni, da una serie di ellissi che elevano l'opera tanto quanto le 3 interpretazioni, nella 2° parte c'è l'avvento di Ruffalo, una sorta di propulsore per Mark e di intermediario tra lui e il magnate, contemporaneamente Miller sviluppa quello che è il personaggio più interessante dei 3, DuPont, dal fabbisogno famelico di ricevere gratifiche dalla madre, dal pianificare a tavolino il suo profilo immettendo in bocca ai suoi allievi cìò che lui vuol sentirsi dire nel documentario che sta producendo su se stesso, un uomo che ha bisogno di essere al centro dell'attenzione.
Data la regia molto distaccata, fredda, mi aspettavo non includesse l'ultimo atto, invece non lesina quella che è la caduta di DuPont.
Più che Carell a dimostrare la sua versatilità stupisce il lavoro che fa Tatum del suo personaggio, Ruffalo da quando entra in scena nella 2°parte tende ad eclissare ogni cosa.