anthony 8½ / 10 10/09/2025 15:55:18 » Rispondi Mentre "Talk to Me" aveva un lato leggero e divertente, dovuto soprattutto al fatto che i protagonisti fossero degli adolescenti e che l'elemento soprannaturale venisse da loro gestito come una sorta di burla: la seduta spiritica e la momentanea possessione come un gioco da fare in gruppo. Non che "Talk to Me" non fosse un horror tragico e con il dolore a fungere da perno, ma la cappa plumbea e funesta veniva stemperata da tanti momenti quasi da teen comedy, e lo stesso stile dei Philippou era più sbarazzino, con quei movimenti di macchina da vertigini, le panoramiche a schiaffo, lo sguardo funambolico su questi party a base di evocazioni dritte dall'inferno. Con Bring Her Back cambia tutto, tanto che si stenta a credere che alla regia e alla sceneggiatura ci siano due giovanotti poco più che trentenni, data l'enorme maturità e la gravitas con cui si affronta lo strazio per la perdita di una persona amata e il concetto stesso di mortalità; c'è una comprensione, intima e profonda, della sofferenza e di come questa può non solo spezzarti, ma anche trasformarti in una persona feroce e priva di umana pietà. Laura non è un mostro, e anche la scelta di farla interpretare a un'attrice come Sally Hawkins dice tanto delle intenzioni dei Philippou, che hanno evidentemente letto House of Psychotic Women e lo hanno imparato a memoria: la personalità del personaggio resta tutto sommato invariata, siamo in grado di vedere e riconoscere questa donna brillante, capace, preparata nel suo campo, ci rendiamo conto del motivo per cui le vengano dati in affido bambini e adolescenti; non è una facciata messa su per ingannare il prossimo, è la sua natura, ma questa natura è stata corrotta ed erosa da una forza molto più potente, un dolore così grande da spazzare via tutto il resto. Anche la determinazione di Laura nel portare a termine il suo piano è agghiacciante, perché assolutamente inflessibile. È spaventosa, è detestabile, però non va mai un solo istante sopra le righe ed è sempre comprensibile.
Per questo Bring Her Back non è mai divertente e non possiede alcun lato giocoso; persino nelle poche sequenze che parrebbero fungere da alleggerimento comico, i Philippou inseriscono tutta una serie di dettagli sbagliati, una nota stonata che ci tiene all'erta e ci rende impossibile rilassarci. Vedasi, per esempio, la scena dopo il funerale del padre di Piper e Andy, che arriva abbastanza presto nel minutaggio, quando ancora le intenzioni di Laura e il vero scopo della presenza di Oliver non ci sono chiari, e possiamo cullarci nell'illusione che Laura voglia davvero rendere la giornata dei due fratelli meno complicata facendo passare loro una bella serata. Non vi dico, per ovvi motivi, ciò che accade, ma è il momento in cui la scrittura dei personaggi viene fuori al meglio e in cui si ha l'esatta percezione di dove si stanno dirigendo i registi. Il loro approccio è infatti quello di non dare spiegazioni, né dell'impianto soprannaturale della vicenda né della psicologia dei personaggi e del loro agire all'interno del film. Anche se ciò a cui assistiamo ha le radici piantate in un passato recente, non è interesse dei Philippou raccontarcelo; ci viene fornito il minimo indispensabile giusto per non sentirci troppo smarriti e poi ci tocca passare un centinaio di minuti in una bolla, anzi, in un cerchio, dove viene dato tutto per scontato e sono soltanto le immagini a parlare, dove è nostro compito decifrare una lingua per la quale non esiste un dizionario. Come soltanto i grandi registi sanno fare, i Philippou fanno parlare poco gli attori e tantissimo i personaggi, e qui risiede la vera forza del loro secondo film. I due fratelli australiani scelgono uno stile quasi opposto rispetto a quello di Talk to Me: Bring Her Back è un film molto più statico, con la macchina da presa che si muove poco e preferisce stare fissa sui personaggi, creando una serie di quadri fissi atti a darci un'idea molto precisa dell'ambiente (passiamo in quella casa quasi la totalità del film) e della disposizione degli oggetti e delle persone in campo. Dà molto respiro alla recitazione, fa comunicare i volti perché vi si sofferma a lungo e non distoglie lo sguardo, ti tira dentro a questa storia con tanti piccoli trucchi di prospettiva, di fuoco, di false soggettive e punti di vista impossibili. A volte guardiamo lo svolgersi degli eventi con gli occhi di Laura, a volte con la visione offuscata di Piper, spesso con la mente provata e incandescente di Andy. Ma ci sono dei momenti in cui è chiara la presenza di un osservatore esterno, malevolo, che si affaccia su questa casa dall'alto e si mette in attesa che la tragedia si consumi. Capisco chi preferisce Talk to Me a Bring Her Back, perché sono la prima a dare importanza al lato ludico del cinema dell'orrore, ma un film così intenso ti esce una volta nella vita, se sei fortunato e, per quanto mi riguarda, non ho dubbi: è un passo avanti gigantesco.
Cesc86 11/09/2025 03:17:22 » Rispondi Magari veditelo e dai un tuo giudizio, invece di copiare quello di Lucia del sito "il mondo degli zombie", che ho prontamente informato di ciò. Anche perché ti chiami Anthony, se scrivi "sono io la prima", fai ridere 😜😜