martina74 7 / 10 02/11/2005 11:32:44 » Rispondi "Mare dentro" è la storia vera e struggente di Ramon Sampedro, tetraplegico, che intraprese una battaglia contro la legge spagnola che gli impediva di decidere sulla propria morte. La paralisi totale degli arti impedisce di realizzare un vero suicidio ed è necessario che chi desidera morire sia aiutato da altri i quali, però, rischiano l’accusa di omicidio. Ramon visse ventotto anni di immobile lucidità e rivendicò il libero arbitrio sulla sua vita: chi ha vissuto anche indirettamente una situazione simile conosce perfettamente le difficoltà del malato e di chi lo circonda. Ovviamente il tema è toccante e trovo giusto che si siano girati film come questo e come "Le invasioni barbariche": è inutile chiudere gli occhi davanti alla disperazione di chi non vuole più vivere, ma non è in grado di porre fine alle sue sofferenze con le sole proprie forze. Nella fattispecie, questo lavoro di Amenabar, accanto a una giusta trattazione del dolore e a una bellissima caratterizzazione di Ramon (interpretato da Javier Bardem), rivela alcuni difetti come una regia talvolta troppo compiaciuta e stucchevole (i "voli" di Ramon, il rapporto con l’avvocato, anch’ella malata) e una presa di posizione troppo forte a favore del protagonista: chi osteggia le sue scelte è il "cattivo", rappresentato in maniera semplicistica e negativa (il prete, il fratello maggiore).
In sintesi, un giudizio comunque più che positivo per un film che affronta un tema di primo piano e riesce a emozionare e, a tratti, a commuovere.
maremare 16/11/2005 01:05:44 » Rispondi maddai 'le invasioni' è un film nettamente superiore
martina74 16/11/2005 12:08:37 » Rispondi Le invasioni l'ho visto una sera in cui avevo molto sonno... dovrei rivederlo per giudicarlo per bene. Però riconosco che sia su un livello più alto.
Non sono d'accordo sul fatto che il fratello maggiore sia presentato esclusivamente in maniera negativa; ciò emerge dall'ultima discussione tra Ramòn e il fratello, dove quest'ultimo lo zittisce dopo avergli ricordato di aver in un certo modo sacrificato l'intera sua vita, e non solo, anche quella della moglie e del figlio, per potersi dedicare al meglio a lui. Cioè, Josè viene mostrato in tutta la sua ignoranza e rozzezza, ma alla fine il regista fa capire di rispettare il suo punto di vista, il suo modo di amare il fratello.
Diciamo che il realismo sfocia nel manicheismo: ho voluto sottolineare la contrapposizione quasi totale tra il protagonista e i detrattori della sua decisione, scelta voluta da Amenabar, ma forse troppo netta. Tuttavia vorrei sottolineare che ho pianto come un vitello alla fine (e anche durante)... ;)