gerardo 7 / 10 02/05/2006 23:51:57 » Rispondi Dal cielo sopra Parigi arriva un’altra ragazza sul ponte ad arricchire il ventaglio di figure femminili che compongono il variegato mondo cinematografico di Besson. Lontano (anche negli esiti) dal romanticismo e dal delicato e sensuale sentimentalismo del film di Leconte, ma con un bianco-nero altrettanto pregnante, che conferisce alle immagini quell’atmosfera leggera e bohémienne, molto Rolleiflex, di tante illustrazioni e cataloghi fotografici su Parigi con opere di Cartier-Bresson e Doisneau, Angel-A è un piccolo divertissement che rivisita in chiave ironica e dissacrante il tema degli angeli cinematografici e della donna salvifica, invero poco angelicata in questo film, insolitamente scarno, povero per gli standard di Besson che ci aveva abituati a scenari e regie ben più sontuosi. Dopo aver fatto il caratterista interpretando un tonto ma dolce garzone di fruttivendolo nella Parigi da cartolina di Amélie, dell’altro più “hollywoodiano” regista francese Jeunet, Jamel Debbouze viene promosso a protagonista da Besson, ma in un film che non ha le stesse pretese registiche e commerciali di quell’altro, con un personaggio che si basa proprio sulle sue caratteristiche fisiche e psicologiche: André (il suo personaggio) è un giovane uomo d’origine algerina, bassino, bruttino, sfi.gatissimo, con grossi problemi di autostima e, soprattutto, finanziario-esistenziali (deve parecchi soldi ad alcuni boss malavitosi parigini smaniosi di farlo fuori). Perfetto per lo scopo di Besson: riassumere, concentrare in una figura tanto reale quanto emblematica tutte le sventure piccolo-borghesi che inquietano l’uomo moderno racchiuse in un unico, significativo concetto: il non essere all’altezza della situazione. E in effetti l’olivastro piccolo immigrato nordafricano André/Jamel Debbouze non è decisamente all’altezza dell’angel-A Rie Rasmussen, fotomodella nordica stangona bionda che Besson gli affianca come paradossale contraltare salvifico, così diametralmente opposto nelle caratteristiche fisiche da creare un'esilarante quanto improbabile coppia d’azione. Un incontro, questo, così assortito che parrebbe piuttosto mettere in scena la materializzazione di un sogno maschile… Il nome dell’angelo, che dà il titolo al film, è piuttosto eloquente, anche se lo è meno nelle modalità con le quali il suddetto angelo si mostra nelle sue eminenti prerogative salvifiche. Besson immagina (e ripropone) un angelo alternativo, anticonformista rispetto all’icona classica che lo vuole serafico e sacrale. Piuttosto, si diverte a creare un personaggio femminile molto terreno e poco angelicato sul quale basare le gag e il tono ironico (e leggero) del film. Angel-A è, esteticamente, la donna ideale a cui il regista toglie ogni vestigia di innocenza: senza mezzi termini, Angel-A si autodefinisce una baldracca. Come spesso accade nel cinema bessoniano, la donna riveste un ruolo centrale, attivo e determinante. Anche questa volta il destino dell’uomo (questa volta l’umanità è personificata nel maldestro ma simpatico Jamel Debbouze/André) sarà nelle mani di una donna… In fondo, Angel-A è Nikita, è la Matilda di Léon, è Giovanna d’Arco, è il quinto elemento. Ed è interessante l’idea di Besson di sottrarre la figura angelica/femminile al consueto immaginario iconografico attraverso una rappresentazione che ne mette in risalto l’autodeterminazione e il carattere “non passivo” e subordinato di angelo, in missione per volontà divina: Angel-A sceglie da sola il modo in cui intervenire: lo farà interpretando il ruolo di “baldracca”, appunto. Poco edificante, si direbbe, ma molto efficace: concepire una figura femminile “realistica” permette tra l’altro di ricondurre il concetto di miracolo ad una sfera del reale il più possibile vicina e credibile, ma anche – come si è detto già – di creare una generale situazione comico-grottesca di rottura e irrisione alla tradizione. Certo, esaurita la carica “eversiva” di questa nuova e iconoclastica raffigurazione degli angeli, il film si perde un po’ in sentimentalismi e inutili ricalchi estetici che si concludono nell’ennesima, poco necessaria citazione dell’Atalante di Vigo…
Tanti saluti a MareMare e baci a Martina. :)
maremare 03/05/2006 00:50:29 » Rispondi seee.. della serie 'tira più un pelo di f...'
gerardo 03/05/2006 12:35:50 » Rispondi Che ci vuoi fare? C'est la vie...
martina74 03/05/2006 16:46:15 » Rispondi ma come "cmq"? Sviolinate a parte, il tuo commento mi piace davvero. Non lo dire a mare, ma se rivotassi darei anche io sette... lo sapevi già, vero? ;)
gerardo 04/05/2006 12:51:20 » Rispondi "cmq"... era per sottilineare che mai niente mi è dovuto e ogni apprezzamento va ringraziato. :) Beh, sapevo che ti era lasciata prendere la mano dall'emozione del momento, ma per mezzo voto non cambia la storia. E poi, crepi l'avarizia! ;)
gerardo 05/05/2006 10:46:41 » Rispondi Non ci posso far niente. Martina mi attizza più di te. E' sempre una questione di peli: tu ne hai troppi, lei solo dove servono. :P
gerardo 04/05/2006 13:15:46 » Rispondi E beh... pensa che anche Besson ha girato la sua Giovanna d'Arco... :))
frine 11/05/2006 00:31:13 » Rispondi Dopo avere letto un commento così, dovrò per forza vedere il film. Bravo bravo bravo:-)
maremare 11/05/2006 00:56:03 » Rispondi cara frine, non farmi come tutti quelli che hanno comprato cascella dopo avere ascoltato la presentazione di sgarbi!