jack_torrence 9 / 10 30/01/2014 12:25:39 » Rispondi Scrive più sotto ferro84: "Gli italiani uno così lo farebbero presidente del consiglio per acclamazione". Al di là della provocazione politica - che potrebbe ancora far storcere il naso a qualcuno (!) - è evidente che, pur essendo probabilmente importanti le differenze fra i sistemi immunitari delle "democrazie" italiana e statunitense, i miti che abbiamo fatto nostri in questi ultimi decenni sono gli stessi. Inutile trincerarsi dietro l'idea che il lupo di Wall Street Jordan Belfort sia un degenerato immorale, o dietro la ripugnanza per i suoi eccessi. I suoi eccessi divertono. Eccitano. Sono lo specchio grottesco e iperbolico di una civiltà incentrata sull'individualismo sfrenato, sulla prevaricazione violenta, sulla RIVINCITA DELL'IO SULLA SOCIETA'. Temi che poi costituiscono il fulcro della poetica di Scorsese ("The wolf of wall street" giunge ben ultimo lungo la strada, tracciata già con "Boxcar Bertha" ["America 1929. Sterminateli senza pietà"], proseguita - con registri diversi - da "New York New York", "Toro scatenato", "Re per una notte", "Goodfellas", "Casinò", "Gangs of New York").
E, da sempre, anche se mai come qui, Scorsese ha inteso renderci partecipi e complici dei suoi individualisti protagonisti volti alla rovina. Soggetti eccessivi, predestinati al disastro, che quasi perseguono sin dall'origine la catastrofe, accarezzando l'ebbrezza del crollo in un nichilista "cupio dissolvi".
Le novità che fanno grande "The wolf of Wall street" mi paiono 3. 1) Scorsese descrive il mondo della finanza (che manovra le sorti del pianeta) come fosse esattamente lo stesso mondo della criminalità organizzata, governato dalle stesse leggi interne dell'homo homini LUPUS. Diventa così più chiaro che quelli sullo schermo potremmo veramente essere noi, anche se, noi, non abbiamo mai ammazzato e probabilmente non abbiamo mai rubato (?). Scorsese si de-ghettizza, esce dal microcosmo criminale, parlando di un mondo in cui l'illegalità è meno esibita ed evidente, e perciò meno che mai rilevante. 2) Di Caprio è voce narrante, come in Goodfellas (se non ricordo male): più e più volte guarda in macchina, parla a noi, ci coinvolge, ci rende complici, ci fa una lezione. Come Alex in "Arancia meccanica". Ed esattamente allo stesso modo di Kubrick in "Arancia meccanica", Scorsese ci invita esplicitamente a condividere il fascino liberatorio dell'ego senza freni. Farci rendere conto che anche se il nostro super-io lo rifiuta, il nostro istinto lo riconosce bene. 3) Nell'iperbole, il registro è grottesco, il film è una commedia; a volte si ride di gusto. Scorsese sembra qui l'epigono postmoderno e tarantolato delle commedie più amare di Risi e Monicelli, di cui in Italia non siamo più capaci. Ciò che rende "The wolf of wall street" originale nella filmografia di Scorsese (e diverso da film come "Goodfellas" e "Casinò"), è che viene costantemente negato al protagonista uno statuto tragico. Jordan Belfort non merita spessore shakespeariano. E' uomo ridicolo e basta, senza tragedia.
Si esce dal cinema come drogati. La contiguità fra stile e materia narrata è raramente stata più stretta e avvincente - in ciò sta il genio di Scorsese (e non si contano le scene in cui è strepitoso il montaggio, visivo e sonoro - vogliamo parlare della colonna sonora? Di quei pezzi in acido come "Mrs. Robinson" di Simon & Garfunkel?!?). Poi, smaltita la sbornia, si torna con la mente al film e capita di pensare che la consistenza della parabola di Jordan sia equivalente a quella di una meteora che si dissolve. Alla traccia fugace di quell'aereo, chiamato per i soccors,i che esplode e svanisce, nel buio della notte. E capita allora di pensare che, questo effetto di sgonfiamento post-sbornia, il vuoto cui lascia lo spazio, fosse esattamente ciò che Scorsese aveva previsto ci rimanesse.
pier91 02/02/2014 00:24:50 » Rispondi Ciao jack, condivido in particolare il secondo punto-novità che hai rilevato, la voce narrante in certo cinema di Scorsese produce davvero effetti insoliti.
Trovo che in questo film le parole del personaggio siano paradossalmente sovrabbondanti, quasi superflue da un punto di vista strettamente narrativo, sia quando sono diegetiche sia quando non lo sono (o meglio quando lo sono a metà). Non servono tanto ad integrare la storia quanto ad interpretarla, a profanarla persino, a connetterla prepotentemente col l' ego di Belfort (per le ragioni che tu hai spiegato). Insomma secondo me questo è straordinario.
jack_torrence 05/02/2014 11:29:47 » Rispondi sì e non sarebbe una novità infatti, se non fosse che in questo caso Di Caprio sembra davvero trattarci come Alex.
VincentVega1 02/02/2014 14:53:09 » Rispondi visto ieri, piaciuto con qualche riserva: ste', cosa ne pensi del ruolo della donna nei film di scorsese (in particolare in questo film)?
jack_torrence 05/02/2014 11:34:37 » Rispondi Grazie per lo spunto Gianluca, è da 2 gg che ci penso. In effetti il ruolo della donna è a rischio di accusa di misoginia; al contrario di molti registi che nella storia del cinema hanno posto la donna al centro delle loro attenzioni, stimandola meglio dell'uomo, ci sono registi innegabilmente e più o meno inconsapevolmente misogini. Il caso più noto è Von Trier (peraltro non ho mai capito l'accusa). Forse Scorsese lo è un po'? Non ci avevo, mai, mai, pensato. (Grave per me, perché ho pure affrontato il tema nella mia raccolta di recensioni!!!). In effetti il ruolo della donna sembra quasi ridotto a quello di un accessorio di arredamento, ma questo è relativo alla focalizzazione molto "interna" ai personaggi principali, come Di Caprio in questo caso. Il punto è che in questi personaggi (prima interpretati da De Niro: penso a Toro Scatenato ma anche a New York New York) c'è qualcosa se non di autobiografico, comunque della personalità di Scorsese. E' qui che il discorso si fa complesso.
VincentVega1 05/02/2014 13:41:11 » Rispondi ci ho pensato pure io, però vorrei escludere von trier perché la sua visione della donna è altalenante (basta vedere melancholia e come viene sbeffeggiato il ruolo dei personaggi maschili). credo che per von trier sia tutta una questione di un suo status psicofisico durante le riprese dei film (è uno dei pochi registi che ci mette sè stesso in ogni sua opera).
per scorsese invece ho anche io pensato al rischio misoginia, però ho anche pensato a come ogni donna nei suoi film tiene per le palle l'uomo. forse anche qui si tratta di uno sbeffeggiamento dei personaggi maschili, visto che, nel caso di wall street, di caprio è assolutamente soggiogato dalla moglie sotto un punto di vista fisico e mentale. scorsese lascia da parte l'amore e inserisce le debolezze dell'uomo. boh, forse i suoi film parlano semplicemente di maschi, è per questo che si rischia di fraintenderlo.
però è un casino, bisognerebbe chiederlo a lui. magari in qualche intervista ne ha parlato.
jack_torrence 05/02/2014 16:08:02 » Rispondi effettivamente un casino, in parte pure un Casinò.