Recensione il gabinetto del dottor caligari regia di Robert Wiene Germania 1920
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Recensione il gabinetto del dottor caligari (1920)

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locandina del film IL GABINETTO DEL DOTTOR CALIGARI

Immagine tratta dal film IL GABINETTO DEL DOTTOR CALIGARI

Immagine tratta dal film IL GABINETTO DEL DOTTOR CALIGARI

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Immagine tratta dal film IL GABINETTO DEL DOTTOR CALIGARI
 

"Il gabinetto del dottor Caligari" è ambientato in Germania intorno al 1830 in un paese immaginario di nome Holstenwal. Il regista Wiene aveva il non facile compito di sostituire Fritz Lang, designato in un primo momento alla regia; Lang rilascerà tuttavia alcune sue inconfondibili tracce, avendo contribuito notevolmente al progetto filmico.
La pellicola è stata girata nel 1919, in un'atmosfera di forte rinascita dell'interesse artistico dei tedeschi. Siamo al primo sorgere della repubblica di Weimar.

Il genere di questo film non è di facile definizione; lo si può forse considerare un Horror-psichiatrico, perché paura e disagi di tipo psicotico sono fortemente presenti nel racconto e sono presi in un meccanismo di drammatizzazione che produce notevoli risultati di coinvolgimento.
Il film si svolge con uno stile inedito, a volte complesso nelle sue forme cinematografiche più strutturali, in cui spicca per potenza espressiva il gioco di ombre in movimento, che accompagnano, ingigantite sulle pareti dalla proiezione della luce sorgente, le azioni più delittuose.
Alcune tecniche, considerati i tempi in cui si svolge il film, risulteranno del tutto innovative.

L'opera di Wiene è molto visionaria, seppur a volte appaia supportata da un vero storico molto credibile, come le realtà manicomiali dell'epoca che risultano assai precise e narrate con un certo disincanto che ne potenzia il realismo.
Immaginario e simbolico si rincorrono accanitamente lungo un reale sempre ben steso, mossi da una tecnica narrativa sicura e coerentemente intrecciata, scorrevole.
La scenografia è prevalentemente di tipo teatrale anche se presenta qua e là alcune scene di esterni con piccole folle in movimento e grossi impianti che simulano la giostra della fiera annuale della città di Holstenwal.
In evidenza negli interni le luci ombreggianti e i giganteschi pannelli da palcoscenico tra cui si insinuano grossi blocchi di legno, ben disegnati, che riproducono tratti architettonici esterni. Le tele e i compensati degli oggetti arredo sono dipinti prevalentemente in stile espressionista. Spiccano qua e là raffigurazioni anche futuriste e cubiste. Primeggiano le atmosfere sinistre e i luoghi bui, terrorizzanti.

"Il gabinetto del dottor Caligari" è un film importante nella storia della teoria cinematografica perché perfeziona il linguaggio visivo e dimostra che il cinema può esprimersi con stili e tecniche molte diverse, avvicinandosi alla sintassi della forma letteraria.
La dissolvenza a binocolo, i primi piani dei personaggi con sguardi che suscitano terrore, le azioni di gruppo per prendere i malviventi e consegnarli alla giustizia, i racconti paralleli che si incrociano, l'accompagnamento del film con il pianoforte che segue con la sua mesta musica il sentimento della morte che permea il racconto: tutto ciò raggiunge un livello di credibilità e nello stesso tempo di suggestione poetica mai visti in precedenza.
Queste tecniche, impregnate di messaggi artistici provenienti dal sociale, saranno da altri registi riprese con ulteriori approfondimenti, riconoscendo quindi al film di Wiene una portata storica e di studio che risulteranno fondamentali per lo sviluppo dell'arte cinematografica.
La scenografia e la sceneggiatura riflettono nei loro aspetti più estetici i simboli di un'avanguardia artistica di forte rilievo storico, che ruotava intorno alla rivista "Sturm".
Il cinema precedentemente era inteso più come meraviglia tecnica che vera e propria arte, non si pensava ancora ad uno sviluppo delle sue potenzialità letterarie. Sul piano narrativo risultava ancora troppo sbrigativo e povero di situazioni.
Wiene riesce a rappresentare con un realismo atipico, ricco di suggestione e metafore, lo stato emotivo di un'epoca molto importante, fotografata in un momento storico burrascoso; il film è infatti una pregnante metafora di tutte le ferite, delusioni e paure di una società duramente provata dalla umiliante sconfitta nella prima guerra mondiale.

All'inizio degli anni '20 la popolazione tedesca vede svanire anche la sua tenue speranza in un futuro di rinascita civile. Gravissimi sono i fatti politici negativi che si presentano nel primo grande esperimento tedesco di democrazia liberale, in quello che era considerato un vero e proprio stato di diritto: la nota Repubblica di Weimar. Proclamata nella omonima città tedesca nel 1919 essa cadrà, indebolita dai numerosi travagli interni, nel 1933, sotto i pesanti colpi del movimento nazista, quasi all'apice della sua incredibile crescita.
Weimar risulterà essere una democrazia di impossibile funzionamento: fin dalle sue battute iniziali mostrò profonde divisioni politiche. Dopo breve tempo lo scontro tra destra e sinistra, militari e potere politico, non sarà più dialettico ma tendente a forme di spot e propaganda di tipo insurrezionale.
L'atmosfera post-bellica in Germania era caratterizzata da grandi incertezze e sfiducie. Le speranze più urgenti di lavoro, o di mantenimento dei diritti civili, culturali e artistici venivano spesso deluse. Queste questioni sociali e politiche rendevano la vita della popolazione estremamente difficile contribuendo ad aggravare nei cittadini tedeschi quelle nevrosi e ossessioni legate a traumi subiti durante il massacrante conflitto mondiale del 1915 - 1918.
In Germania negli anni '20 si prefiguravano, all'orizzonte dell'immaginario popolare, fantasmi dittatoriali, quasi come possibilità per le classi borghesi e aristocratiche di guidare, egemonizzando le masse, una guerra di rivincita verso chi li aveva umiliati.
A questo proposito i mass media si prodigheranno per condizionare la psicologia dei cittadini, attraverso la stampa e la radio, proponendo la riscossa della razza dominante e della grande Germania. Tutto ciò sottraeva gusto e sensibilità nelle masse rispetto alla loro necessità di una ricerca libera nei piaceri dell'arte e nel godimento della libera espressione democratica.

Quest' opera di Wiene, pur ambientata nel 1830, è impregnata di un contesto storico, culturale, politico che ben rispecchia metaforicamente quello dell'epoca in cui fu girato il film.
Il primo finale del film era stato proposto nella sceneggiatura da Carl Mayer e Hans Janowitz. Il produttore Erich Pommer, (e sembra secondo alcune enciclopedie di cinema anche Lang), scontento della fine del film presentata nella sceneggiatura iniziale - che prevedeva la cattura del colpevole degli omicidi - impone ai due sceneggiatori una diversa conclusione del racconto.
Il produttore Pommer fa compiere al loro testo un ribaltamento, stemperando gli aspetti più accusatori e rendendo problematiche, mai sicure, le responsabilità delle persone coinvolte nei diversi fatti criminosi presenti nel film. Il finale sfugge a ogni univocità diventando polisemico.
Con la modifica apportata da Pommer il racconto si schiuderà quindi a diverse interpretazioni. Le storie horror presenti nel film potranno essere interpretate anche come frutto fantasioso di una mente alterata: una sorta di delirio presente nel narratore Franz. Quest'ultimo per mescolare meglio nel racconto le cause dei delitti assumerà infatti le vesti di un paziente dell'istituto psichiatrico.
Queste modifiche conferiscono al film una struttura complessa che riflette in una formula più enigmatica la realtà sociale sottesa all'opera.

In un'atmosfera narrativa dominata da incubi e terrori indicibili, spesso in chiara polemica con le istituzioni tedesche, Pommer introduce un elemento di equivoco chiamando in causa una generica follia. Gli assassinii possono essere non veri, solo immaginati, narrati da una follia impersonale che è comunque la psicosi collettiva di un momento storico. Ciò rende il film più vicino allo spirito dell'epoca, lungo un'atmosfera che seppur alterata dai nuovi e gravi fatti storici, era ancora per certi aspetti carica di residui romantici e dei sogni della Belle Epoque francese.

Tutta la scenografia teatrale del film è in opposizione con i consueti stili impressionisti del cinema di allora, così ben sostenuta in alcuni punti da forme futuriste e cubiste che sembrano anticipare forti desideri di trasformazione della realtà. Autori dei disegni e delle strutture architettoniche del film sono i pittori Warm, Rohrig, l'architetto Reiman e, per gli esterni del paese, Kirchner.

Tra le numerose e diverse idee presenti nel progetto artistico del movimento espressionista tedesco, di cui era animatore Herwarth Walden, si imponeva per genialità di sintesi quella legata alla formula psicanalitica freudiana: "rendere visibile l'invisibile interiore". Tuttavia, a differenza della psicanalisi, questa formula, nella sua applicazione, si proponeva di comunicare i numerosi concetti espressionistici con linguaggi visivi, poetici, pittorici e fotografici. Per far ciò si dovevano abbattere vecchi pudori e prendere in considerazione le più brutali e contraddittorie pulsioni che si presentavano alla coscienza: per quanto potessero essere strane e a volte un po' schizoidi. Si annullava per un attimo lo spirito critico verso di esse, attenuandone il controllo, accogliendole per meglio studiarle. Da qui i famosi disegni degli artisti espressionisti, ricchi di figure sbilenche, di cupi fondali marini simboli dell'inconscio, di immagini in bianco e nero fortemente contrastate e simboleggianti da una parte la luce bianca che rende possibili i colori emettendo un campo di bagliori cromatici e dall'altra il nero che tutto assorbe alimentando suggestioni buie, per finire con immagini di sguardi deformati sotto la pulsione onirica del sogno.
Già Freud ad inizio secolo evidenziava come l'anamorfosi onirica delle figure (intesa come loro trasfigurazione che suggeriva significati reconditi) del sogno altro non erano che espressioni sintomatiche di un travaglio pulsionale tendente al compromesso e legato a desideri compressi o a inibizioni fortemente radicate: il cui oggetto risiedeva sovente all'esterno dell'individuo.

Da sottolineare grazie a questo film un aspetto teorico importante. Nel cinema, lo stile preso in prestito dal teatro non rispecchia, sul piano degli effetti visivi, qualcosa che appartiene direttamente al teatro; l'imitazione del teatro nel cinema non riesce bene, non funziona fisicamente: l'immagine nel teatro è tridimensionale e vera, mentre nel cinema è bidimensionale e fotografata. Il cinema è legato a un racconto visivo ad illusione ottica, proiettato su uno schermo luminoso simile a una finestra situata in una sala buia. La caratteristica del cinema risiede nella originalità del suo dispositivo, nella sua capacità di suscitare effetti ipnotici.
L'impressione di realtà nel film a ispirazione teatrale è molto diversa dal teatro. Nel cinema i primi piani degli sguardi e il montaggio consentono rapporti emotivi con i personaggi del tutto diversi. I personaggi si allontano e si avvicinano allo schermo a seconda delle circostanze del racconto dando la sensazione allo spettatore di partecipare alle scene da vicino. Il teatro invece è dominato dalla parola e da una prospettiva angolare fissa, unica. I personaggi sono sempre alla stessa distanza.

Il racconto del film inizia con una inquadratura in un giardino che mostra lo studente Franz seduto in una panchina. Accanto a lui c'è un anziano un po' angosciato appena separatosi dalla famiglia. Al passaggio di una donna vestita di bianco e dall'atteggiamento sognante di nome Jeanne, Franz ha un forte sussulto perché la donna è l'amata di un tempo. Inizia allora a narrare la sua storia.
Nell'immaginaria cittadina tedesca di Holstenwall nel 1830 il dottor Caligari è protagonista in una fiera di uno strano spettacolo: porta con sé in una specie di bara un sonnambulo di nome Cesare, che predice sotto suo comando sventure ai clienti.
Nel palcoscenico il dottore si avvale di questo infermo di mente per soddisfare i suoi propositi omicidi; Cesare è infatti affetto fin dalla nascita da una grave forma di psicosi. Il malato psichico dipende in toto dal dottore nevrotico Caligari, fino al punto da eseguire senza discutere i suoi ordini, anche quello di uccidere determinate persone.
Cesare è vestito in calzamaglia nera e dorme moltissimo.
Rimane immobile, in uno stato vegetativo, dentro una bara con apertura a finestra, costruita su misura dal dottor Caligari, e viene svegliato solo per essere nutrito e lavorare alla fiera annuale del paese. La sua strana e sinistra sembianza è un'attrazione di successo. Oltre a predire il futuro tragico dei curiosi, questi indovina di ciascuno il passato burrascoso.

Cesare inizia a uccidere eliminando con un coltello il segretario comunale del paese, che era stato sgarbato con Caligari durante l'incontro avvenuto in comune per il rilascio della licenza, necessaria per presentare il suo spettacolo alla fiera. In un secondo tempo uccide lo studente Alan, amico di Franz, che aveva chiesto a Cesare sul palcoscenico quanto sarebbe ancora vissuto, ricevendo la risposta: "fino all'alba".
Franz comincia a sospettare che Caligari sia responsabile degli omicidi, e con l'aiuto del padre di Jeanne cerca quindi di incastrare il dottore.
Nel frattempo Cesare rapisce la bella Jeanne dal suo letto e fugge con lei per i tetti della città finché, sfinito, si accascia e muore.
Scoperto da Franz che, durante le sortite di Cesare per uccidere, Caligari metteva nella bara un manichino, il dottore spaventato si rifugia nel manicomio, nel cui archivio scopre che nel 1703 era esistito un certo dottor Caligari che uccideva delle persone usando un sonnambulo ipnotizzato di nome Cesare. Attraverso il diario del direttore del manicomio Franz scopre anche che il responsabile dell'istituto voleva fare la stessa cosa.

Caligari, dopo la scoperta del cadavere di Cesare, viene messo alle strette e fermato dalla polizia.
Si passa poi a una scena in cui, sempre nel manicomio, nell'atrio d'ingresso, all'aperto si vede Cesare vivo e Franz meravigliato che lo osserva. All'improvviso si vede uscire dalla porta principale il direttore del manicomio che altro non è che il dottor Caligari. Franz ha un sobbalzo e urla tutta la sua indignazione e meraviglia. Il giovane verrà dagli infermieri immobilizzato in un letto e ricoverato.
Il direttore dell'istituto chiude il film con una frase dal sapore psicanalitico: "crede che io sia il dottor Caligari, adesso potrò curarlo". Attraverso il transfert del paziente verso il medico che favorisce una riedizione di situazioni psichiche del passato, Caligari potrà compiere un lavoro esplorativo su una parte dell'inconscio di Franz cercando di svelare il segreto del suo presunto delirio.

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Recensione a cura di Giordano Biagio - aggiornata al 15/04/2009

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