Recensione into the wild regia di Sean Penn USA 2007
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Recensione into the wild (2007)

Voto Visitatori:   8,02 / 10 (513 voti)8,02Grafico
Miglior canzone originale (Guaranteed - Eddie Vedder)
VINCITORE DI 1 PREMIO GOLDEN GLOBE:
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locandina del film INTO THE WILD

Immagine tratta dal film INTO THE WILD

Immagine tratta dal film INTO THE WILD

Immagine tratta dal film INTO THE WILD

Immagine tratta dal film INTO THE WILD

Immagine tratta dal film INTO THE WILD
 

"Non conta essere forti, ma sentirsi tali", scelta di vita e credo di saggezza; è questo ciò che anima le decisioni coraggiose e lo spirito libero di un ragazzo di ventidue anni, alla incessante ricerca dell'essenza di se stesso, dei suoi ideali, della sua identità e della sua libertà.

Quarta prova come regista di Sean Penn, dopo "Tre giorni per la verità", "Lupo solitario" e "La promessa", "Into the wild", come i primi due, parla di uomini in fuga dal loro passato, alla ricerca della comprensione di se stessi e del posto che vorrebbero (o dovrebbero) occupare nel mondo.
Da sempre alieno ai compromessi sia nella sua vita privata che in quella pubblica, in prima linea nelle battaglie civili e politiche, Sean Penn ha impiegato 10 anni per ottenere i diritti del libro ed il consenso della famiglia McCandless per portare sullo schermo la figura e la storia di Christopher McCandless, un ragazzo di famiglia bene (padre ingegnere aerospaziale, madre scienziata), cresciuto in un ricco sobborgo di Washington D.C. che, appena terminati gli studi, scelse di abbandonare la vita agiata per ritrovare se stesso, lontano dal suo mondo e dalla sua famiglia, "nelle terre selvagge" che si riveleranno fatali.
Girato in circa otto mesi, durante i quali Emile Hirsch, il giovane attore protagonista, ha perso 20 kg di peso per seguire l'evoluzione del suo personaggio, "Into the Wild" è tratto dal best seller omonimo ("Nelle terre selvagge", in italiano) di Jon Krakauer, che Sean Penn ha "scoperto" per caso in una libreria di Brentwood, attratto dalla foto di copertina che ritraeva un vecchio autobus abbandonato nella neve.

Diviso in quattro capitoli - la nascita, l'adolescenza, l'età adulta, la conquista della saggezza - il film, tratto da una storia realmente accaduta (ricostruita da Krakauer grazie al diario ritrovato accanto al corpo di Christopher all'interno dell'autobus), è un'opera intimistica, epica e lirica allo stesso tempo, che ha come tematica principale l'utopia, che attraversa tutte le giovinezze idealiste, di perseguire quei valori autentici che caratterizzano e danno un senso alle esistenze degli uomini.
Un film sull'illusione e sul nobile ideale di ricerca della verità, per capire cosa realmente serva nella vita.
Un film di formazione e liberatorio insieme, una fuga dal futile e dal superfluo, dalla banalità e dall'assuefazione alle comodità, per affrancarsi dai condizionamenti e dalle convenzioni sociali.
Un film su Christopher McCandless, un ragazzo imperfetto, forse, ma molto profondo, idealista, utopico, altruista, vulnerabile, solitario e ribelle che nel 1990, appena conseguita la laurea con lode all'Emory University, dove si era distinto sia per gli ottimi risultati accademici che per quelli sportivi, scelse di privarsi delle sue sicurezze e di abbandonare la vita agiata per immergersi nella natura ostile delle "terre estreme", in cerca di nuovi ideali e di un mondo migliore, un mondo lontano, radicalmente diverso dal mondo vissuto e quindi poco traducibile e molto travisabile, e per questo, entusiasmante, spazioso, libero, folle. Un mondo mitico.
"Non cercatemi per un po', penso che per qualche tempo sparirò dalla circolazione", disse alla sua famiglia prima di far perdere le sue tracce.
Sembra una storia come un'altra, il bisogno di "staccare" un attimo, prima di iniziare un promettente futuro lavorativo, e invece è il bisogno di uscire dagli schemi, dagli agglomerati sociali, dalla folla; il bisogno di allontanarsi dall'effimero, dalla famiglia, dalla casa, dalle donne, dalle responsabilità di una vita strutturata e programmata, per sentirsi libero, non vincolato, regredendo pure nel tempo verso l'innocenza infantile.

E così Chris McCandless si crea una nuova identità, si ribattezza Alexander Supertramp e parte per un viaggio che lo porterà prima a girovagare per due anni nella bellezza selvaggia della natura americana e poi a vivere gli ultimi quattro mesi, in perfetta solitudine, in un autobus abbandonato ai confini del mondo, andando incontro ad un tragico destino.
Dopo aver donato in beneficienza tutti i suoi risparmi (circa 24.000 dollari), bruciato i documenti e i pochi spiccioli contenuti nel portafoglio, abbadonata l'auto e tutti gli orpelli del consumismo, con solo lo zaino sulle spalle e i propri libri culto che portava sempre con sè, si mette in cammino verso l'ignoto, all'inseguimento di un sogno, in un esaltante viaggio lungo le strade americane, facendo perdere completamente le sue tracce, facendo il vuoto attorno a sè, non solo dalla famiglia, svuotata nella sua essenza dal consumismo, ma anche dai tanti e più concreti rapporti che, in varie occasioni, gli vengono proposti. Un lungo viaggio on-the-road, illuminato dalla profonda filosofia di vita che le letture di Tolstoj, London, Byron, ma anche degli americani Thoreau, Emerson, Kerouak, gli hanno suggerito. Un lungo viaggio vissuto pericolosamente, avventuroso, malinconico, struggente, ma anche esaltante, che lo porterà ad incontrare tanti personaggi, uomini e donne, che farà inspiegabilmente innamorare di sè, che vivono ai margini della società americana e che influenzeranno molte scelte della sua vita e ai quali regalerà molto della sua, ma mai ciò che vogliono veramente.
Dai campi di grano del South Dakota, dove si improvvisa contadino per il proprietario di un silos per racimolare qualche soldo per proseguire il viaggio, alle rapide del fiume Colorado risalito in canoa, attraverso i deserti dell'Arizona e del Nevada, verso la California della comune alternativa di Slab City, dove troverà ospitalità presso una coppia di non più giovani hippy in crisi, fino alla meta agognata: l'Alaska.
L'incontaminata, selvaggia, ghiacciata, desolata Alaska.

Tra le persone incontrate durante il viaggio, che maggiormente hanno segnato la sua crescita interiore e la sua formazione umana, ci sono l'anziano vedovo Ron Franz, che in Chris vede proiettato un po' di se stesso e in cui ritrova un po' del figlio morto tragicamente, e Tracy, la ragazza che si innamora di lui durante il viaggio.
Due anni, quelli vissuti da Chris McCandless, passati a peregrinare lungo le strade infinite dell'America del Nord, in mezzo ad una natura straordinaria, come poche altre volte il cinema ci ha dato di vedere, in cerca della pace interiore ed esteriore per dare un senso alla sua vita, col fervore trascendentale della giovinezza, ispirato dalle sue letture preferite, e affascinato nelle sue azioni di vita dalle opere di Tolstoj e dalla scelta operata da quest'ultimo di abbandonare una vita di privilegi per dedicarsi agli indigenti; fino ai quattro mesi trascorsi a nord del monte Mc Kinley, raggiunto in autostop, privo del necessario equipaggiamento e senza alcuna preparazione per poter sopportare e superare le condizioni estreme e le innumerevoli difficoltà che avrebbe incontrato, fino al drammatico epilogo all'interno dell'autobus abbandonato sulle nevi della taiga dell'Alaska.

Due anni che valgono una vita intera, passati in un viaggio verso il nulla, un viaggio in cui l'importante non è arrivare, ma andare, muoversi, fare il vuoto attorno a sè, specie quando nel posto in cui ci si trova si comincia a star bene, nella speranza, che si sa vana, di esorcizzare il crescente male di vivere e una ineluttabile voglia di ribellarsi; alla ricerca dell'autenticità, del valore dell'amicizia, della natura incontaminata, degli spazi selvaggi, del bisogno insopprimibile di mettersi in discussione e provare a se stesso di essere in grado di fare da sè.

Sean Penn con questo film, che ha innumerevoli precedenti culturali, sia letterari, come quel fondamentale proclama della beat generation che è "Sulla strada" di Jack Kerouac, che cinematografici, come "Easy Rider" e, perchè no, "Thelma e Louise", ma anche i moltissimi vecchi western del "mito della frontiera", è riuscito a trovare la chiave giusta per realizzare un'opera di alta qualità tecnica e artistica, un'opera drammatica e carica di emotività, ma anche con alcuni momenti di piacevole serenità; probabilmente il suo film migliore, capace di trasmettere emozioni e a far riconsiderare la visione del mondo, un film che coinvolge, ipnotizza, fa viaggiare col pensiero, appassiona e tiene lo spettatore incollato alla poltrona per tutti i 150 minuti della proiezione.
Un film sospeso tra realtà e desiderio, in un giusto equilibrio tra tradizione e sperimentazione; impreziosito da una colonna sonora curata da Eddie Vedder (voce solista dei Pearl Jam) che scuote le corde emozionali più intime degli spettatori e sottolinea con la sua voce profonda e calda, i momenti più coinvolgenti della storia, diventando la voce dell'anima di Chris e la vera e propria parte narrativa del film.

Molto del merito della riuscita del film va allo straordinario e bravissimo Emilie Hirsch (incredibile come riesca a mostrare un volto disteso e fiducioso e a far trasparire la serenità del suo intimo anche nei momenti più terribili e drammatici), che realizza la sua performance più grande, riuscendo, a soli ventiquattro anni, nella non facile impresa di interpretare, con sorprendente trasporto e con moltissimi sacrifici personali, la figura di Christopher McCandless .
I premi Oscar William Hurt e Marcia Gay Harden, nei panni rispettivamente di Walt e Billie McCandless, i genitori di Chris, riescono ad infondere ai loro personaggi una mistura di rabbia e dolore repressi, di sensi di colpa e amore incondizionato, che contribuiscono ad aggiungere pathos ad una storia di per sè struggente e angosciosa che ha commosso gli States. Molto brava anche Jena Malone che interpreta Carine, la sorella di Cristopher che è anche la voce narrante del film.
Ad interpretare le varie persone incontrate durante il viaggio da Chris, non si può non segnalare il grande Hal Holbrook nei panni di Ron Franz, semplicemente perfetto nel riuscire a dar vita al personaggio del vecchio sognatore solitario, segnato dalla vita e dagli anni. Nel film compare anche in un breve ma significativo ruolo (é Wayne Westerberg, l'uomo con cui Chris aveva fatto amicizia nel Sud Dakota) un irriconoscibile Vince Vaughn.

Un film talmente congeniale a Sean Penn che solo il turbolento, inquieto, impegnato, pacifista, ecologista poteva dirigere, e che ne conferma la sensibilità d'autore; un film dallo sviluppo narrativo talmente convincente e talmente autentico che anche noi come Chris alla fine non possimo non prendere coscienza che "la felicità è reale solo se condivisa". Una consapevolezza arrivata troppo tardi per Chris ma che, come dice Sean Penn, "può essere d'aiuto ai tanti ragazzi che, come lui, pensano di mettersi in gioco rischiando molto".

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Recensione a cura di Mimmot - aggiornata al 29/01/2008

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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