Recensione la battaglia dei tre regni regia di John Woo Cina 2008
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Recensione la battaglia dei tre regni (2008)

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locandina del film LA BATTAGLIA DEI TRE REGNI

Immagine tratta dal film LA BATTAGLIA DEI TRE REGNI

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Per il suo ritorno in Asia John Woo sceglie di realizzare "La battaglia dei tre regni" ("Red Cliff", 2008), un film epico e appassionante.
La patria cinematografica, e non solo, di Woo è stata l'America per molti anni: il suo primo film statunitense è "Hard Target" ("Senza tregua", risalente al 1993. Il regista decide di accogliere l'invito in terra statunitense perché a Hong Kong non c'è più spazio per la sperimentazione di nuove forme visive, nelle quali Woo vuole addentrarsi, creando qualcosa di innovativo che vada oltre il "già visto" dell'industria hongkonghese di quel periodo.

"La battaglia dei tre regni" è tratto liberamente dal classico della letteratura cinese "The Records of Three Kingdoms" di Chen Shou (III sec. d.C.), presa come fonte primaria, e non da quella romanzata "Romance of Three Kingdoms" di Luo Guanzhong (XIV sec. d.C.).
Il film sviluppa gli eventi accaduti durante la fine della dinastia Han. Nell'estate del 208 a.C., durante la dinastia Han, il primo ministro Cao Cao si imbarca in una campagna per eliminare i capi militari del Sud, Sun Quan e Liu Bei, con il pretesto di soffocare la ribellione in atto, tutto ciò con la riluttante approvazione dell'imperatore. Il potente esercito di Cao Cao sferra un primo attacco. Il guerriero Zhou Yun combatte coraggiosamente per salvare la famiglia del suo signore Liu Bei, ma riesce a mettere in salvo solo l'infante. Zhege Liang, il miglior consigliere di Liu Bei e grande stratega, spinge per una missione diplomatica con Sun Quan affinché si formi un'alleanza e insieme sconfiggere il nemico comune. Sun Quan accetta. A Zhou Yu, guerriero e stratega di Sun Quan, e Zhege Liang viene affidata la strategia da mettere in atto per lo scontro successivo.
Gli alleati riescono a intrappolare l'esercito di Cao Cao grazie alla realizzazione sul campo di battaglia di un disegno geometrico simile alle linee del guscio di una tartaruga. La battaglia, però, non è ancora vinta. Cao Cao, nonostante le perdite aumenta la sua avanzata verso le "Scogliere Rosse" (del titolo originale) per annientare definitivamente i ribelli. Zhege Liang convince la sorella di Sun Quan a fare la spia infiltrandosi nel campo di Cao Cao, dove, nel frattempo, si abbatte la pestilenza e migliaia di soldati muoiono. Il primo ministro ha la prontezza di ordinare che i cadaveri vengano messi sulle barche e lasciati andare sulle acque. Le correnti fanno in modo che giungano ai suoi avversari. Ciò mina il morale degli uomini e Liu Bei rompe l'alleanza. Sun Quan è in netto svantaggio senza gli uomini e le armi di quest'ultimo. Il vento gira a loro favore grazie alla grande astuzia e inventiva di Zhou Yu e Zhege Liang. La battaglia finale si avvicina ed entrambi gli schieramenti contano sul proprio ingegno.

"La battaglia dei tre regni" è il più costoso film asiatico di sempre, ed in Cina ha già superato il record ottenuto al box office da "Titanic" (1997) di James Cameron. Nella sua estensione originale il film è diviso in due parti di due ore ciascuna, mentre per il mercato occidentale si è deciso di confezionare un unico film di due ore e mezzo.

Il regista mette maggiormente cura nel delineare i personaggi di Cao Cao e Zhou Yu, personaggi sviliti dalla letteratura.
Woo inizia con una fugace panoramica del palazzo imperiale, alle spalle del quale si vede sorgere un nuovo giorno, metafora di ciò che di nuovo sta per accadere. L'avvicinarsi di un uomo inquadrato dal bacino in giù e il tintinnio degli orpelli legati al suo abito danno modo allo spettatore di prepararsi a un evento imminente e di una certa importanza. Fronte corrucciata, voce ferma e perentoria: è Cao Cao. Woo presenta così uno dei tre personaggi chiave del racconto.
Come Cao Cao, gli altri due personaggi di rilievo che reggono gli eventi, Zhege Liang e Zhou Yu, sono presentati in modo diverso e accentuato. Zhege Liang è introdotto allo spettatore con un primissimo piano del viso riverso sul terreno tra le spighe che gli sollazzano davanti. Per Zhou Yu il regista sceglie un primissimo piano degli occhi, per dare importanza al suo sguardo, l'astuzia è la sua arma migliore.
Woo utilizza molto i primi piani, adopera il linguaggio cinematografico in tutta la sua estensione, intavolando una differenziazione delle inquadrature in modo tale da solleticare lo sguardo.
Si susseguono totali del vasto esercito raggruppato a formare delle figure geometriche, ciò per sottolineare la grande portata delle masse umane, che non sono frutto di effetti speciali.

Del linguaggio cinematografico, inoltre, ciò che risalta è l'uso enfatico del ralenti, presente in ogni suo film. In questo film, Woo lo sfrutta per esigenze di mitizzazione dei personaggi, serve a costruire l'aura dell'eroe a immergerlo in un universo mitico. L'utilizzo del ralenti e i movimenti di macchina sono posti per enfatizzare non solo i personaggi, ma anche per sottolineare la gravità e la solennità di una particolare azione e conferire epicità alla storia che si sta raccontando. Questi sono alcuni tra gli elementi che connotano la sua poetica.
La musica di Taro Iwashiro contribuisce a creare un'atmosfera epica e melodiosa, che innalza. La musica diegetica si trasforma in extra diegetica e viceversa. In una sequenza in particolare, la musica sprigionata dal flauto di un bambino inquadrato, da diegetica si trasforma in extra diegetica, come se fosse portata dal vento, tutti i personaggi rivolgono il volto e il pensiero alle montagne, così come la macchina da presa, come fosse una melodia diffusa ovunque. Poi torna diegetica e si sente il suono del flauto col bambino nuovamente inquadrato.

Woo mette in scena l'abilità dei guerrieri con la spada, con le lance, con l'arco e frecce e i combattimenti a cavallo. Mette in rilievo l'arte di suonare il koto, strumento a corda della famiglia della cetra, che Zhege Liang e Zhou Yu conoscono bene. Il koto è uno dei più popolari strumenti musicali tradizionali cinesi e giapponesi; all'inizio del periodo Han (200 a.C.) era comune una cetra a dodici corde.
Il cineasta ha saputo coniugare la tradizione, compresi i valori tradizionali, come quelli della famiglia, dell'amicizia e la tradizione della cultura cinese, alla sua personale poetica fatta soprattutto dell' "heroic bloodshed" (eroico bagno di sangue).

L'heroic bloodshed è un genere cinematografico che nasce con "A better tomorrow" (1986) proprio di John Woo. Per Woo la violenza è un rito purificatorio, atto necessario di redenzione morale. L'eroe combatte e sconfigge i cinici giochi del destino. In questo film, come nell'heroic bloodshed, il male si palesa da subito. Le ragioni sono pretestuose, poiché si lotta e si uccide per ritrovare se stessi e una speranza che sembra perduta.
Che Sergio Leone sia uno dei registi più amati da Woo, lo dimostra anche il taglio che il cineasta dà a numerose inquadrature. In alcune sequenze i personaggi si avvicinano l'uno verso l'altro, e poi vengono posti di fronte con primi piani del profilo dei loro volti, che ricordano gli spaghetti-western.
John Woo dà sfoggio di tutta la sua maestria e della sua personale visione nel raccontare una storia e soprattutto nel delineare eroi che si battono per ciò in cui credono, per la salvezza altrui e, di conseguenza, per la loro.

La scelta degli attori contribuisce all'efficacia del film. Takeshi Kaneshiro (Zhege Liang) riesce a infondere al suo personaggio una solennità, un controllo, una sicurezza e padronanza di sé tali da riuscire a catalizzare l'attenzione dello spettatore su di sé naturalmente, senza sforzi eccessivi. E gli altri interpreti non sono da meno.

Una volta di più Woo riesce a incantare lo spettatore, rendendolo partecipe dell'azione. Riesce a bilanciare e creare armonia nell'alternanza tra i momenti di quiete e i momenti di foga combattiva.

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Recensione a cura di Francesca Caruso - aggiornata al 21/10/2009

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