Recensione l'ultima legione regia di Doug Lefler USA, Gran Bretagna, Francia, Italia, Slovacchia 2007
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Recensione l'ultima legione (2007)

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locandina del film L'ULTIMA LEGIONE

Immagine tratta dal film L'ULTIMA LEGIONE

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Immagine tratta dal film L'ULTIMA LEGIONE
 

La mancata realizzazione dell'attesissimo kolossal "Aléxandros" -per il quale la De Laurentiis Productions aveva a suo tempo contattato nientemeno che Baz Luhrmann come regista, nonché Leonardo DiCaprio e Nicole Kidman come attori protagonisti- ha costituito una grave delusione per i cinefili appassionati di storia antica e in particolare per gli estimatori di Valerio Massimo Manfredi, autore del fortunatissimo bestseller su cui il film si sarebbe dovuto basare. Oggi, la casa di produzione tenta di farsi perdonare lanciando la trasposizione cinematografica di un altro apprezzato romanzo storico dello scrittore e archeologo modenese, "L'ultima legione" (Mondadori 2002).
Diciamo subito che, rispetto al respiro epico e alla profondità di analisi storico-antiquaria del libro, il film si presenta come un prodotto realizzato in tono minore, per la regia piuttosto anonima di Doug Lefler ("Hercules e il cerchio di fuoco" [1994], "Dragonheart 2: il destino di un cavaliere" [2000]) e con un cast nel complesso poco convincente, incluso il protagonista Colin Firth (Aurelio Ambrosio); perfino il 'mostro sacro' Ben Kingsley (qui nella parte di Meridio Ambrosino) dà l'impressione di non prendersi troppo sul serio, limitandosi a caratterizzare il proprio personaggio con simpatica (e inopinatamente acrobatica) disinvoltura.

La vicenda è ambientata all'epoca della caduta dell'impero romano di Occidente (476 d. C.). A Ravenna, il nobile Oreste ha collocato sul soglio imperiale il proprio protegé (e figlio naturale) Romolo Augusto, appena tredicenne. Ma le orde dei Goti, guidate dal feroce e ambizioso Odoacre, irrompono nella pianura padana e occupano la capitale, dove, nonostante i prodigi di valore del legionario Aurelio Ambrosio, i genitori di Romolo Augusto vengono barbaramente assassinati e il fanciullo fatto prigioniero assieme al proprio precettore, il carismatico e misterioso Meridio Ambrosino.
In attesa di ottenere l'appoggio di Zenone, imperatore d'Oriente, Odoacre fa relegare Romolo Augusto e Meridio Ambrosino nel palazzo di Tiberio a Capri. Ma Aurelio e alcuni suoi compagni d'armi si recano sull'isola per liberare l'imperatore, che nel frattempo è entrato in possesso dell'antica spada di Cesare, denominata "Ensis Caliburnus" e destinata ad avere un ruolo determinante nel finale. La rocambolesca impresa ha successo, grazie anche all'aiuto della bella Mira, una guerriera al servizio di Zenone, il quale nel frattempo ha tradito la causa ratificando le pretese di Odoacre.
Spinta dal proprio innato senso di giustizia, ma anche dall'amore per Aurelio, Mira (che nel film prende il posto della nobile romana Livia Prisca, conosciuta da Aurelio a Ravenna) si aggrega ai fuggiaschi in un avventuroso viaggio che, attraverso le Alpi e la Gallia, si concluderà con lo sbarco sul suolo della Britannia. Qui apprendiamo che proprio la Britannia è la patria di Meridio Ambrosino, la cui vera identità a poco a poco si delinea più chiaramente. Dopo altre peripezie, dovute soprattutto alla presenza degli Angli e dei Sassoni che minacciano la popolazione romano-britannica, ha luogo la battaglia decisiva che vede l'"ultima legione" romana, la legione del drago, impegnata in un sanguinoso combattimento con i barbari invasori, sino allo spettacolare (e per molti sorprendente) finale.

La battaglia conclusiva è quella di Mons Badonicus (Mount Badon), variamente datata dagli storici negli ultimi decenni del V secolo, in cui, secondo alcune fonti medioevali, le truppe romano-britanniche sarebbero state guidate da un certo Artorius Castus, identificato con re Artù. Naturalmente, l'"Ensis Caliburnus" o spada d'acciaio non è altro che la mitica Excalibur, cui nel finale del libro e del film viene fatto esplicito riferimento. Analogamente, Meridio Ambrosino non è altro che il calco romano di Myrdin Emreis, nome celtico di Merlino.

Rispetto al libro, che presuppone un'accurata analisi delle fonti storiche e contiene, fra l'altro, interessanti e dettagliate descrizioni topografiche, il film, fin dalle prime sequenze, si rivela una facile scorciatoia, destinata ad accontentare le aspettative di un vasto pubblico di famiglie e di giovanissimi (come dimostra anche l'esclusione di scene erotiche o troppo cruente). Nella prima parte prevalgono le tradizionali imprese di 'cappa e spada', con molti duelli ben coreografati ma non essenziali ai fini dello sviluppo della narrazione, mentre nella seconda la pellicola sconfina fatalmente nel fantasy, con anacronistiche fortezze di aspetto medieval-disneyano ed effetti speciali realizzati nell'ormai collaudato stile del "Signore degli Anelli".
Ma al genere fantasy appartengono, oltre alle canoniche ambientazioni, anche i prevedibili sortilegi di Meridius e la stessa inserzione della guerriera esotica, la cui bellezza impeccabile e sempre intatta, così nell'abbigliamento come nel trucco, appare piuttosto old fashioned e fa pensare ai film di intrattenimento degli anni '50 -'60, le cui protagoniste, pur tra mille vicissitudini, non avevano mai un capello fuori posto.

Il cast, come già si è accennato, è piuttosto incolore, nonostante la presenza di Colin Firth (il Valmont di Milos Forman [1989]), che non sembra del tutto a proprio agio nel ruolo di Aurelio, e addirittura di Ben Kingsley. Il solo interprete notevole, a giudizio di chi scrive, è Thomas Sangster nella parte di Romolo Augusto, il piccolo imperatore che, secondo la tradizione, avrebbe finito tristemente i suoi giorni nell'isola di Capri e che invece, ne "L'ultima legione", appare destinato ad un avvenire esaltante e glorioso.
Sebbene nel film il carattere del personaggio sia meno sfumato rispetto al libro (in cui Romolo Augusto è preso spesso da crisi di sconforto), tuttavia l'espressione gentile, ma anche fiera e dignitosa, dell'ultimo imperatore di Roma rappresenta efficacemente il 'cruciale' momento in cui la più grande potenza dell'antichità, giunta ormai al termine della sua storia, cede il testimone ad una nuova grande potenza ancora agli albori.

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Recensione a cura di frine - aggiornata al 18/09/2007

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