Recensione superman ii regia di Richard Lester USA 1980
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Recensione superman ii (1980)

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locandina del film SUPERMAN II

Immagine tratta dal film SUPERMAN II

Immagine tratta dal film SUPERMAN II

Immagine tratta dal film SUPERMAN II

Immagine tratta dal film SUPERMAN II

Immagine tratta dal film SUPERMAN II
 

"Superman II" costituisce un tutto unitario con il "Superman – the movie" diretto da Richard Donner, il quale aveva dato una precisa impronta alla storia iniziata con i fumetti delle avventure di Nembo Kid.
E' attraverso la visione di Donner, infatti, che la storia cinematografica iniziata con un canuto ma sempre affascinante Marlon Brando (Jor-El) che propone le accuse contro il ribelle Terence Stamp (Generale Zod) e che termina con la loro cacciata dalla Terra, può avere ampiamente seguito.

Superman è la quintessenza del sogno americano, rappresenta in carne ed ossa il concetto che ogni cosa sia possibile, perfino che un uomo possa volare. Non a caso, il costume dell'uomo di acciaio è blu e rosso come i colori della Stars and Stripes, l'amata bandiera degli States, e il robusto giovanotto che lo indossa rappresenta il prototipo di figlio che ogni famiglia desidera.
Con Superman l'America si fabbrica il mito che millenni di storia inesistente non le hanno permesso di creare: in una terra priva dei Cavalieri della Tavola Rotonda occorreva quantomeno superare il gap in termini di stupore, unicità e meraviglia.
Come ogni cavaliere senza macchia e senza paura, l'uomo di Krypton nutre e dà vita a ideali di purezza, onestà, saggezza, lealtà, sacrificio, altruismo: doti che non hanno alcunché di umano e che al crepuscolo del millennio possono riunirsi solo in un essere proveniente da un altro mondo.

Il messaggio quasi messianico è chiaro. Jor-El trasfonde tutto il suo potere nel suo unico figlio: "Tutto ciò che sono, tutto ciò che ho imparato, tutto ciò che ho, appartiene a te (...); vedrai la vita attraverso i miei occhi (...); il figlio diventa il padre e il padre è il figlio."
Sebbene sia ormai un'entità eterea, il padre è presente in tutto il suo vigore e guida il suo prediletto figliolo quale "luce che indichi loro la strada", poiché i terrestri "possono essere un grande popolo, desiderano esserlo [...] e per questa ragione, per la loro capacità di bene, ho mandato te, Kal-El, mio unico figlio".
Kal-El, nel secondo episodio firmato da Richard Lester prova le croci e delizie dell'essere umano: si innamora perdutamente fino a decidere di rinunciare ai suoi poteri per accoppiarsi ma poi deve fare i conti con la fragile struttura umana, e così i dolori e le sofferenze diventano atroci come la sensazione di essere stato completamente abbandonato dal padre, soprattutto quando la minaccia del male, impersonato dal Generale Zod (la mente), dalla donna Ursa (la malizia) e dal gigante Non (la forza brutale) rischia di mettere l'umanità sotto schiavitù.
E proprio quando tutto sembra concluso, con la Fortezza della Solitudine privata da ogni traccia di Krypton, l'ala di Jor-El torna a coprire il proprio figlio per restituirgli il potere al quale aveva rinunciato.

I numeri adottati (uno e tre), la Fortezza della Solitudine (come il deserto?), luogo da cui trarre l'energia e il vigore della stirpe d'origine e l'intimo legame col padre invocato e presente forniscono prove inequivocabili che la storia pur fiabesca, commerciale, da bambini e bambinoni o popcorn movie che dir si voglia, sia stata concepita con una struttura quasi evangelica.
Così era lo script originale di Donner, ridotto purtroppo per questioni di budget dai fratelli Salkind alla versione conosciuta al cinema di Richard Lester.
Saltò Marlon Brando, la cui assenza fu motivata da inesistenti insanabili incomprensioni con Christopher Reeve. Senza di lui, il tentativo di proseguire con il disegno iniziale fu quasi smarrito del tutto.
Lester assunse la guida di un treno già in corsa, che aveva fatto il "botto" nel 1978. il successo fu tale che non sembrò un grave danno cambiare alcuni elementi di un meccanismo perfettamente funzionante. Ma la squadra che si era formata nel 1977, tecnici compresi, si era saldata con affetto, con stima reciproca e con un feeling legato proprio a Donner che emerge dalla prima pellicola (dedicata alla memoria di Geoffrey Unsworth, il direttore della fotografia che morì giusto dopo aver terminato le riprese), e dal "Donner Cut" edito dal 2006.

Ciò che è giunto sullo schermo nel 1980 è un buon prodotto commerciale, spettacolare e divertente, senza paragoni con il soggetto iniziale, che addirittura fa a meno della scena della Tour Eiffel e della patriottico ripristino della bandiera sulla Casa Bianca.
Il legame con la visione originale di Richard Donner, tuttavia, continua con "Superman Returns": "Tu dici che l'umanità non ha bisogno di un salvatore, eppure io non faccio che udire pianti e preghiere".
In altre parole, Superman è davvero soltanto un fumetto?

Come sempre, due curiosità:
- La versione "Donner Cut" è reperibile nel cofanetto doppio di "Superman II"
- Christopher Reeve, astro nascente del teatro di Broadway nel '77, si rivelò il miglior elemento della troupe per la sua precisione, puntualità e pazienza con il costume che lo faceva sudare terribilmente, con la famosa imbragatura grazie alla quale un uomo ha potuto volare sullo schermo.

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Recensione a cura di antoniuccio - aggiornata al 10/11/2009

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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