Famiglia di origine irlandese vive in Australia negli anni '20 portando in giro greggi di pecore. Si prospetta la possibilità di una fattoria stabile, ma forse non lo desiderano molto.
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Western crepuscolare, mite oserei dire per l'autore dell'ansiogeno 'Mezzogiorno di Fuoco', accusato ingiustamente di mettere poca carne al fuoco è uno Zinnemann in versione naturalista ed umanista, dal tono leggero e per questo le 2 ore abbondanti possono pesare ma il sacrificio è riscattato dallo sguardo commosso che ci regala sulla condizione umana della vita nomade, tra un lavoro occasionale e l'altro, la fortuna di una mano vinta al gioco puntualmente vanificata dall'azzardo di vincere ancora, è destinata a restare una vita senza fissa dimora. E in più c'è Deborah Kerr, già avuta dal regista in 'Da qui all'eternità', riesce a salire in cattedra anche attraverso un ruolo 'standard' in linea con i cliché della moglie del patriarca (Mitchum), non offre grandi sfumature per farsi notare eppure la consistenza che palesa è frutto meramente della sua recitazione abrasiva, insomma una che se avesse incrociato prima le strade con Zinnemann, ora magari staremo parlando di un Amy Fowler Kane meno anonima di quanto è stata condannata ad essere.
Zinnemann si diverte a fare il Ford in questo film un pò mieloso ma dal grande respiro paesaggistico, con una riuscita ricostruzione ambientale e ben recitato, non solo dagli attori principali. Offre un interessante sguardo sulla provincia australiana, sul mondo dei mandriani e dei tosatori di pecore, sui loro costumi. Sicuramente migliore del recente “Australia”.