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Uno sguardo di grande delicatezza dentro l'universo di due giovani innamorati destinati ad un amore senza gioia duratura. Straordinaria la prorompente espressività della Andersson e tutta la parte estiva della fuga d'amore ambientata sull'isola. Sebbene non manchino passaggi dolorosi è un esempio di cinema poetico e sognante che mette in pace con il Mondo.
La natura umana in tutta la sua fragilità, un susseguirsi di azioni e stati d'animo a volte coerenti, altre no. Ingmar Bergman guarda dentro a una giovane coppia, niente risulta scontato.
Racconti di amore difficili e portati avanti nonostante gli ostacoli (sociali ed economici) della vita erano forse all'ordine del giorno o quasi, ma solo Ingmar Bergman riusciva a demoralizzare quel sentimento riuscendone forse a toccare i nervi più veri e a vederne il lato più realistico, scoprendo che amore e odio sono sentimenti stranamente intrecciati tra loro. SOMMAREN MED MONIKA (Monica e il Desiderio) è quindi un'incursione, l'ennesima, del cinema del melodramma nel cinema del neorealismo, che parte da storie universali per sviluppare animi forti e personaggi che vivono la felicità e l'infelicità in modo affascinante e lungo un percorso di cambiamenti.
Innanzitutto ringrazio Godard che, oltre ad essere uno dei miei registi preferiti, ha fatto riscoprire questo film snobbato inspiegabilmente all'uscita nei cinema nel 1953. In Italia, siamo sempre stati precoci noi, é arrivato solo nel 1961. Detto questo, passo al film. Mi ha stupito molto vedere Bergman cimentarsi in qualcosa che non fosse onirico, anche se in questo caso i protagonisti sono interpreti del loro stesso sogno fatto di ribellione, di fuga e di divertimento. Ho amato questo film proprio perché fa capire allo spettatore che per il giovane é tutto rose fiore fin quando non ci si scontra con la dura realtá. E la realtá é fatta di lavoro, sacrifici ed impegno nelle cose in cui si crede. Mi sono bloccato quando ho visto gli occhi di Monica fissarmi, in quello che é stato definito da Godard come "il primo piano piú triste della storia del cinema". Ottima la prova di Harriet Andersson, al suo primo lavoro con Bergman. Davvero caratterizzato bene il suo personaggio e lei ci ripaga con una performance da urlo. Da non dimenticare nemmeno Lars Ekborg, mi ha fatto rabbrividire nelle scene finali. Solita nota di merito al regista, per me impeccabile in tutte le sue scelte. Lo consiglio a tutti i giovani sognatori, come me, a cui forse servirebbe mettere i piedi ben saldi per terra.
Un Bergman del primo periodo, minore e ancor lontano delle sue opere più imporanti.
I sogni della giovane coppia si infrangono sulla realtà, e lo struggente ricordo dell'illusione cela l'amarezza della consapevolezza del presente. La regia è attenta, ai particolari della natura, usando il fiume come metafora, ma molti sono i momenti francamente datati.
Da vedere in lingua originale, il doppiaggio italiano è quasi inascoltabile.
Da un semplice canovaccio, Ingmar Bergman, con grande maestria, ne ricava un distillato puro fatto di passione e sentimento. Una semplice e comune storia d'amore attraverso una non comune e non semplice rappresentazione di un vissuto che porta in grembo la lacerazione dell'inganno. Inafferrabile Monica. Ogni tratto del viso di Harriet Andersson, ogni sua espressione è un film: la potente fascinazione di una giovane ragazza, che in un batter di ciglia costruisce e in quello successivo distrugge.
Ingmar Bergman è senz'altro un regista minimalista, anche se lui consapevolmente non pensava di esserlo. "Monica e il desiderio" è il film che ce lo rende manifesto. Si racconta infatti una storia banalissima: un semplice innamoramento di due ragazzi adolescenti, che decidono di fuggire insieme da casa e dal lavoro per passare un'estate spensierata insieme. L'illusione dura però poco e i due sono costretti a tornare alla vita normale in città, con in più il fardello di un bambino in arrivo. Tutti i progetti e i sogni s'infrangono in un matrimonio male assortito che termina tristemente. Questa semplice vicenda è raccontata in maniera tranquilla e normale, non ci sono avventure, eventi straordinari o scene drammatiche. L'approccio è anti-romantico. I protagonisti sono due ragazzi normalissimi che non hanno niente di speciale, non hanno bellezza o qualità speciali. Anzi si cerca di metterne in evidenza i difetti. Monica, la protagonista, non è una cattiva ragazza. Semplicemente non ama avere responsabilità. Vorrebbe vivere nell'abbondanza e nel lusso senza lavorare e senza avere pesi come accudire ad un bambino. Le piace sognare, fantasticare, vivere alla giornata. Ama sinceramente Erik, ma solo fino a che riescono insieme a vivere come in un sogno, come se fossero ancora dei bambini. Poi l'impatto con la vita reale finisce per ridurla a vivere di espedienti, concedendo se stessa a uomini che la usano e basta. Bergman non infierisce su di lei, anzi ce la presenta trattandola con simpatia e allegria. Non fa altro che mostrarcela per quella che è, nel bene e nel male, senza esprimere giudizi. Erik stesso è presentato come un ragazzo senza grosse qualità. Bruttino, sempliciotto, timido, si fa facilmente circuire e ingannare da Monica. Niente di ché insomma. La sua personalità, malgrado sia quella più "debole", si dimostra alla fine quella più salda, quella che riesce ad evolvere in senso positivo nei riguardi del reale. A differenza di Monica che vuole tutto e subito, capisce che i sogni si costruiscono piano piano con tanti sacrifici e partendo dal basso. Questa evoluzione finisce per fargli avere il sopravvento nell'economia del film. All'inizio è il carattere di Monica che risalta come punto di riferimento scenico, poi piano piano la figura di Erik prende sempre più importanza e alla fine è lui il personaggio centrale. Quello che rende questa storia banale e insignificante un'esperienza estetica che rimane impressa, è la partecipazione umana che Bergman riesce a trasmettere tramite le immagini. All'inizio capiamo benissimo gli stati d'animo dei ragazzi, viviamo con loro il desiderio di ribellarsi e di vivere i sogni. Ogni piccolo stato d'animo è reso in maniera perfetta. La parte più bella del film è però l'idillio estivo. Intanto l'ambientazione lungo la selvaggia e rocciosa costa svedese è di grande suggestione. Una fotografia perfetta in bianco e nero, angoli di ripresa studiati attentamente, un paesaggio affascinante, fanno venire letteralmente la voglia di partire seduta stante per la Svezia. Ci sono poi delicatissimi primi piani, estremamente semplici ma che esprimono in pieno i teneri sentimenti che legano i due ragazzi. Tutta questa parte è un piccolo capolavoro. Rappresenta anche il cuore del film, la celebrazione della giovinezza e della spensieratezza, qualcosa da poter vivere almeno una volta e da poter ricordare. In fondo anche l'Erik serio e responsabile del finale in realtà sogna ancora quell'esperienza, vorrebbe ancora avere la Monica di quell'estate vicino a sé. Un delicato e tenero sorriso riflesso in uno specchio, il dolce ricordo di qualcosa di splendido e irripetibile (la metafora della gioventù) conclude in bellezza il film.
E' un film un pò fosco (nel suo b/n opprimente) ma prezioso, probabilmente il miglior Bergman del primo periodo. Una storia dove si affronta il tema dell'amore coniugale mettendo in scena le difficoltà della convivenza, i problemi economici e tutto quello che smarrisce il sentimento di due giovani che vivono insieme. "Monica e il desiderio" stupisce per la semplicità, che si affida unicamente a messaggi evidenti per raccontare - con un senso della misura e umanità profonde - questo disagio
L'illusione dell'amore adolescenziale e il crudo contrasto con vita reale,quella che ti stritola con una marea di problemi,il tutto a firma di un grande regista. Girato magnificamente,leggermente misogino,estremamente introspettivo. Contiene momenti di bellezza inappagabili come quello sull'isolotto con i due protagonisti come Adamo ed Eva. Che fosse stata data carta bianca a Bergman si vede,scene di nudo (mai volgari) sensuali ancora oggi e scandalose all'epoca. Riscoperto solo anni dopo la sua uscita grazie a Godard,ha anche scene di una tristezza incredibile. Non posso dire altro,mi sono avvicinato per la prima volta timorosamente a Bergman e sono soddisfatto.
Ma quanto mi piace questo film, del resto chi non è per due cuori e una capanna. Precedente a "Lezioni d'amore" e azzeccatissimo sia nelle tematiche che nella cronologia, il primo parla del matrimonio dal momento in cui è già terminato, questo nel momento in cui starà per nascere. E' una stupenda storia d'amore che finirà un pò male, quest'avventura un pò anarchica me la porto dietro da molto tempo quando lo vidi per la prima volta in tv, è insolito come Bergman in questo caso indichi precisamente la donna come unico responsabile della rovina di tutta la storia. Interpretata da una bellissima allora Harriet Andersson -la risposta svedese all'androginia Hollywodiana che era rappresentata dalla Katharine Hepburn- dalle spalle più belle che abbia mai visto in vita mia, tutta la pellicola gioca sulla caratterizzazione un pò particolare di Monica, gioiosa nel passare l'estate in riva al fiume, ma che rimprovererà al marito di vivere come degli animali quando invece si saranno stabilizzati in città. Mi permetto di citare la frase che ancora mi mette i brividi: "la storia in due battiti di ciglia, il cineasta dell'attimo", in riferimento al primo piano finale sulla protagonista definito da Godard il più triste della storia del cinema.
Bergman praticamente non ha mai sbagliato un colpo. Qui la storia fila via liscia come l'olio. Sono giovani, si innamorano, si ribellano, ma... Una mano infila una moneta nel juke-box. Lei acende una sigaretta, poi la accende ad un uomo che vediamo appena. Poi ci guarda... e mette i brividi. Ennesimo colpo di genio. Finale semplice e straziante. Da non perdere.
Questa pellicola, che è appena del 1953, contiene già tantissimi elementi tipicamente bergmaniani, sia degli anni de "Il posto delle fragole" o di "Come in uno specchio" che di quelli de "L'ora del lupo" o perfino di "Scene di un matrimonio": la vita di coppia nonchè lo studio di un microcosmo famigliare, la solitudine, il senso di smarrimento ed anche il rapporto Uomo/Natura. Si dice che per "Monica e il desiderio" Bergman avesse praticamente carta bianca: si vede.
quoto il commento di paul..a mio avviso è sì il film + "reale" di bergman, ma non ho potuto far a meno di apprezzare in questo film le stesse cose ke apprezzo negli altri. godibilissimo e geniale (nonostante ammetto ke la trama non sia poi così originale)..grandissimo film e x nulla inferiore Les 400 coups. finale a mio avviso tutt'altro ke pregno di speranza
che film!!! visto la sera della sua morte..mi sono commosso... una grave perdita per il cinema..
uno dei migliori film della nouvelle vague anche se per me è inferiore a i 400 colpi di truffaut; fotografia sublime, ottimi e ben raccontati i temi trattati anche grazie ad una superba regia, bravi gli attori... bellissimo il finale per me molto ottimistico addio bergman ci mancherai....
film che trovo quasi ridicolo, come ridicole sono le storie di persone innamorate. è un film eterno, nel senso che troverà sempre una scheggia idiota di un vetro instabile nel quale specchiarsi. le illusioni sono analizzate nella loro versione più infantile, le conclusioni sono le più inconcludenti possibili. le reazioni dei protagonisti non sono reali, situazioni affrettate per la psicologia di chi osserva. 6 solo perchè di meno a Bergman proprio non so dare.
storia comune e abbastanza semplice...forse una delle pellicole piu' "reali" di questo grande regista! molto brava la protagonista che incarna perfettamente prima il sogno del desiderio e poi la triste realta dei fatti! cattivo
Commedia sentimentale, dal risvolto amaro, un po attempata. Monica ed Harry sono due giovani: lei irrequieta ed irresponsabile, lui ingenuo e di poco polso, entrambi insoddisfatti di una realtà che gli va stretta. La fuga d'amore e ribellione frutto dell'iniziale entusiasmo si rivela solo un vano tentativo ed al ritorno, ad attenderli, ci sono i conti con una realtà tutt'altro che idilliaca. Trama molto semplice e lineare a raccontare una storia come tante ma che va a bersaglio. Le situazioni ed i contesti si spiegano molto bene e lo spettatore non fatica a calarvicisi accompagnando i personaggi sino all'inevitabile epilogo. Purtroppo appaiono evidenti alcuni passaggi ormai "vecchiotti", soprattutto nelle sequenze del "folleggio" dei due innamorati, ripresi gaii e giulivi al limite, fastidioso, del godardiano e nella improbabile sensualità, un po goffa, di lei. Non molto convincente anche la recitazione dei protagonisti. Nel complesso direi che non è indimenticabile ma nemmeno da dimenticare.
Lo scontro tra l' illusione dell'amore adoloscenziale e la durezza della realtà raccontato con stile realistico e poetico (commovente l'idillio dei due giovani nella solitudine della natura). Bravissima l'attrice protagonista, che da vita ad ritratto femminile di grande sagacia psicologica.
I commenti qui sotto dicono praticamente tutto ciò che si può dire di questo film...altro "filmone" di Bergman che stà diventando sempre di più il mio regista preferito in assoluto per la sua spaventosa capacità di lettura dell'essere umano in tutte le sue sfaccettature. Il film mi ha colpito un pò meno di altri lavori del regista svedese, ma resta comunque un altro capolavoro assoluto per la lucidità e l'acutezza con le quali mette in risalto i vari aspetti di una storia d'amore nelle sue diverse fasi. Come dice Crimson, l'incomunicabilità è l'argomento principale di una storia che alla fine lascia l'amaro in bocca per qualcosa che si percepisce come estremamente vicino a tutti noi.
Un film sull'illusione di poter essere sempre felici con la persona amata, attraverso una descrizione lucida e fin troppo rigorosa di tutti gli stadi che compongono una storia d'amore che svanisce. E' possibile suddividere il film in tre parti: la prima, forse un pò troppo lunga, è la meno interessante per me: sono descritte le situazioni di partenza dei due protagonisti giovanissimi, che s'innamorano e trovano ciascuno nell'altro l'unico modo per compensare la delusione della realtà circostante. Il ragazzo vive solo con il padre malato e viene trattato come un cane sul lavoro. Lei è più sognatrice, vive con un padre alcolizzato che la picchia e quando esce per svagarsi si annoia tremendamente, in cerca della scossa vitale che possa animarla. La seconda parte, da quando vanno a vivere lontani dalla città, è piuttosto emozionante. L'illusione prende corpo sempre più, raggiunge il suo apice, e si annienta nella terza e conclusiva parte. Quest'ultima è per certi aspetti la più coinvolgente, ma l'ho trovata un pò troppo frettolosa nella sua conclusione. Avrei preferito che le dinamiche relazionali tra i due fossero descritte più accuratamente. Alla fine ciò che più colpisce e che fà molto male è come tutto possa finire a causa dell'incomunicabilità. E ci si chiede se quando si era felici l'amore fosse davvero realtà o illusione, sperando sempre che sia stata la prima delle due possibilità.
Ennesimo splendido film di Bergman che descrive, con una linearità rara nel cinema di oggi, la nascita di un amore, la sua vampata, la disillusione, la fine. Molto misogino, ma mai come in questa pellicola la donna è stata così innamorata non di un uomo, bensì dell'amore.