Geppetto, un vecchio intagliatore, riceve un pezzo di legno perfetto per il suo prossimo progetto: un burattino. Una volta terminata l'opera, accade qualcosa di magico: il burattino prende vita e inizia a parlare, camminare, correre e mangiare, come qualsiasi bambino. Geppetto lo chiama Pinocchio e lo alleva come un figlio. Per Pinocchio, però, non è facile essere un bravo bambino: lasciandosi portare facilmente sulla cattiva strada, capitombola da una disavventura all'altra in un mondo popolato di fantasiose creature. La sua più cara amica, la Fata Turchina, cercherà di fargli capire come il suo sogno di divenire un bambino vero non potrà mai avverarsi fino a quando non cambierà modo di vivere.
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Visivamente è un film molto bello, con una fotografia che cita i Macchiaioli e Magritte, cenni sulla Commedia dell'Arte, Pasolinismi Fellinismi Pirandellismi etc. Tutto così attraente da diventare Maniera. Eticamente Garrone ne fa un'apologo sull'ingiustizia (vai in galera solo se sei onesto), sulla miseria (pensando magari a Dickens, tanta la somiglianza con la dubbia moralita' di Fagin in Oliver Twist di Mangiafuoco) e i tentativi che fa per persuadere tutti noi che il Pinocchio di Collodi diceva qualcosa di più della metafora sui bambini obbedienti, che forse Lucignolo è il primo vero Anarchico, che i Maestri sembrano ottusi e fascisti, sono ammirevoli, ma resta tutto in superficie. Grande talento visivo, intendiamoci, specialmente lo spettacolo delle Marionette, il resto un amaro Carnevale dove soccombe proprio la nobile Arte del Cuore. Con un Benigni che riscatta se stesso (anche se il suo Pinocchio non era disastroso come molti pensano), bravo, Zavattiniano e forse necessariamente edificante Geppetto. Tra i comprimari di lusso, sembra di vedere qualche famoso scrittore che recita in un film la prima volta, tanto è destabilizzante e "scordato" (Rocco Papaleo su tutti). Insomma Garrone è uno dei migliori cineasti italiani, ma qualcosa stavolta non ha funzionato. Una festa per gli occhi, ma dialoghi e personaggi spesso non si possono vedere né sentire. Epilogo da Never ending story che la dice lunga un fantasy mancato che non aggiunge molto al genere. Stavolta non sarà nella mia top list dei migliori film del 2019 malgrado una stima immensa