terapia di gruppo regia di Robert Altman USA 1986
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terapia di gruppo (1986)

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locandina del film TERAPIA DI GRUPPO

Titolo Originale: BEYOND THERAPY

RegiaRobert Altman

InterpretiJeff Goldblum, Christopher Guest, Glenda Jackson, Julie Hagerty

Durata: h 1.33
NazionalitàUSA 1986
Generecommedia
Al cinema nel Marzo 1986

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Trama del film Terapia di gruppo

Bob è un omosessuale che convive con Bruce, di cui è gelosissimo. Questi però intende dividere la sua vita anche con una donna. Bob, entrato in piena crisi, viene affidato a una psicanalista, che lo cura con metodi bizarri ma efficaci. Bruce riuscirà a legare con una donna, Bob si metterà con un altro.

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Voto Visitatori:   6,42 / 10 (6 voti)6,42Grafico
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Voti e commenti su Terapia di gruppo, 6 opinioni inserite

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Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  20/08/2021 15:16:21
   4½ / 10
Terapia di geuppo è uno dei pochi film di Altman che non ho mai digerito. E' irritante, insopportabile ed isterico. I personaggi sono costantemente sopra le righe ed i toni satirici sulla psicanalisi sono sfumati anche perchè la narrazione l'ho trovata molto confusa e piuttosto difficile da seguire. Gli attori sicuramente sono i meno colpevoli perchè è sbagliata la tonalità complessiva di questo film. Anche i grandi come il regista americano qualche passo falso lo hanno fatto.

Filman  @  17/06/2015 22:08:40
   6½ / 10
Semplice e grottesco, BEYOND THERAPY scivola su quella nube poco consistente che è la sceneggiatura, scritta anche dallo stesso Altman che, pur dirigendo una commedia discreta e leggera, dirige e regala un complessato di razionalismo tecnico (e scenico) accademico condito con attimi di puro cinema di tratto espressionistico, che aggiustano il taglio sì effervescente ma altrettanto povero dell'opera.
Giostrando su un insieme di situazioni e personaggi teatrali, l'autore cerca di far emergere il lato più "fiction" (se non addirittura "sit-com") del film, generando un racconto prolifico più nella dialettica e nel linguaggio che nel fine narrativo stesso, secco nel lato romantico e umano del racconto e poco spesso nel suo complesso, in particolar modo considerando la qualità nell'utilizzo dell'ironia demenziale dimostrata nel corso della carriera dal regista.

Gruppo REDAZIONE maremare  @  18/08/2010 19:49:41
   5½ / 10
Film minore di Altman alquanto datato nei temi e nei contenuti.
Se le nevrosi di massa e la messa alla berlina di una certa psicoanalisi, al tempo poteva apparire giustificata, graffiante e corrosiva, oggi la visione di questo film provoca più di uno sbadiglio

Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  23/06/2010 21:12:20
   7½ / 10
Come si reinventa la sit-in com. In assoluto uno dei film di Altman più incompresi e ingiustamente bistrattati dalla critica, ma anche uno dei suoi più lucidi e godibili.
Le prove di bravura di Goldblum e della Jackson sono inimitabili. Sembra di vedere un film di Arcand, ma qui c'è meno reducismo e più sostanza.
Ovviamente non è la commedia più fruibile del mondo, e questo la dice lunga sul valore effettivo della sua apparente "frivolezza"

Gruppo REDAZIONE amterme63  @  25/10/2009 17:26:51
   7 / 10
Il pregio di questo film sta soprattutto nell’ironia e nel sarcasmo con cui vengono trattati i personaggi e le vicende che essi vivono. Lo scopo che ha spinto Altman a dirigere questo film è, secondo me, quello di prendere le distanze dalla deformazione che la televisione aveva fatto del suo tipico stile a sketches, con vicende e personaggi che si intrecciano fra di loro.
Nashville fu una rivoluzione stilistica. Nessuno prima di Altman aveva tentato la visione complessiva e spassionata della realtà nella sua multiformità e varietà. Altman aveva trovato lo stile giusto, con pezzetti di vicende diverse fra di loro, in continuo alternarsi, senza alcun apparente nesso se non quello di dare allo spettatore la sensazione di dominio completo della realtà. Lo scopo era quello di stimolare una visione critica e distaccata di una società in crisi.
L’industria dell’intrattenimento vide però in questo stile la possibilità di soddisfare uno dei principali “difetti” dell’animo umano comune, cioè quello di volersi impicciare dei fatti altrui per pura curiosità o per sfogo di morbosità represse. Nacquero così le soap opera, polpettoni infiniti che seguono le vicende incrociate di una miriade di personaggi, tutti con qualche caratteristica che porta a segreti, morbosità, conflitti, tutto però chiuso nella sfera del gossip, senza critica generale o riflessione sociale.
Altman ha voluto “vendicarsi” del cattivo uso che viene fatto del suo stile. Ha imbastito così una tipica storia da soap opera incentrata su di un uomo bisex che vuole riprendere i legami con le donne, anche se continua a coabitare con il suo partner gay. Intorno a questa storia si avvolge quella di due svitati psicologi analisti e della madre del ragazzo gay. Questo è solo l’aspetto esteriore perché Altman fa di tutto per far apparire le vicende del film come assurde e ridicole.
Prima di tutto accentua le forzature psicologiche dei personaggi, tipiche delle soap opera. I personaggi diventano delle macchiette grottesche e isteriche. L’assurdo e l’ironia dominano sovrani e diventano quasi i protagonisti del film. Il mondo in cui si svolge la vicenda è fatto di gente maleducata e indifferente, in sottofondo si sentono di continuo incidenti stradali. Camerieri, commensali, psicologi, tutti strani, svitati, fuori di testa. Insomma un gazzabuglio da cui non si salva nessuno. Ecco svelata la vera essenza del mondo televisivo che ha così tanto successo fra la gente comune. Nessuno si salva, tutti soffrono di qualcosa, hanno un problema. Addirittura chi dovrebbe curare si rivela più malato del paziente. In fin dei conti Altman riesce anche con questo film a fornirci un altro quadro della decandenza sociale/etica americana.
Il film ha un forte impianto teatrale (mi sembra che la storia sia stata effettivamente tratta da una piece teatrale). Gli attori non mi hanno entusiasmato molto, incerti se prendere o no sul serio i loro personaggi e quello che recitavano. Il film infatti danza in continuazione fra serio e faceto, senza prendere con decisione una via rispetto all’altra.
Se lo si guarda con occhi ingenui in effetti può apparire un pastrocchio noioso, quasi senza capo, né coda e l’impianto teatrale può risultare pesante. Può insomma non piacere.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Requiem  @  02/01/2007 09:06:01
   7½ / 10
Un Altman minore certo, massacrato dalla critica, ma in maniera del tutto ingiustificata.
Altman prende di mira la psicanalisi, raccontandoci le storie di diversi personaggi, psicanalisti e clienti, tutti ugualmente nevrotici e schizzati.
Certo manca la genialità dei titoli + famosi del regista. Ma il film si lascia tranquillamente vedere, è piuttosto sintetico, e un paio di sequenze sono memorabili- la sparatoria alla fine in primis- vanta di un ritmo frenetico, e dell'interpretazione del magistrale Jeff Golblum, le cui espressioni valgono il film.
E ha pure la sorpresa finale: ambientato a New York, ma girato a Parigi.

Certo questo film , incomprensibilmente, non è piaciuto a nessuno, ma in realtà l'ho trovato particolarmente riuscito e originale, girato con zero mezzi, ma molto ingegnoso.

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Ultima risposta 11/01/2007 21.00.03
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