un matrimonio regia di Robert Altman USA 1978
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un matrimonio (1978)

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locandina del film UN MATRIMONIO

Titolo Originale: A WEDDING

RegiaRobert Altman

InterpretiAmy Stryker, Desi Arnaz jr., Nina van Pallandt, Gigi Proietti, Vittorio Gassman, Geraldine Chaplin, Mia Farrow

Durata: h 2.05
NazionalitàUSA 1978
Generegrottesco
Al cinema nel Marzo 1978

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Trama del film Un matrimonio

Dino Corelli e Meringa Brenner si sposano. Ambedue sono figli di padri arricchiti e quindi buona parte degli invitati alla cerimonia sono persone tutt'altro che fini. Il ricevimento è organizzato senza badare a spese, ma viene disertato dagli esponenti della società bene; la giornata si consuma tra ipocrisie, meschinità, figuracce e si conclude con una tragedia a cui non mancano elementi di ridicolo.

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Voti e commenti su Un matrimonio, 12 opinioni inserite

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Oskarsson88  @  27/12/2015 23:11:02
   5½ / 10
Purtroppo non mi ha catturato.. molti personaggi, e tanto casino per niente in questo matrimonio.. diciamo che l'ho visto solo per la presenza di Gassman.. che e' sempre un idolo. Comunque niente, un po' pesante, ma forse non era la serata giusta per vederlo.

Filman  @  12/04/2015 19:44:16
   8 / 10
Posando i propri piedi su un terreno già tastato e consolidato, che rappresenta in tutto e per tutto il proprio stile artistico all'interno della commedia, Robert Altman dirige A WEDDING, pellicola sulle orme del decostruttivismo narrativo e comico lanciato ed adottato dallo stesso regista che, senza mai errare nella sua tecnica semi-canonica e personale, lega con virtuosismo un'opera leggera e tagliente, intelligente e grottesca, che vuole divertire risultando irriverente, e ci riesce in modo ottimale.
Pur non ponendosi l'obbiettivo di innovare o far riflettere, questo film riesce a proseguire un filo stilistico nella filmografia di Altman senza però ripetersi e ampliando il discorso tematico nel suo senso di intrattenimento, in questo caso dedito ad una satira demenziale, rappresentativa e pungente nei confronti dell'alta borghesia, evidentemente vicina all'autore, che ne sbeffeggia la sua ridicola euforia contrapposta alla evidente e reale imperfezione umana.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR elio91  @  18/02/2014 16:59:26
   8½ / 10
Forse avrei giudicato "A wedding" allo stesso modo se lo avessi visto prima di "Gosford Park", forse no. Non lo saprò mai. Sono simili in tutto e per tutto: c'è la tendenza tipica di Altman nel fluttuare su un contesto, in questo caso un matrimonio di americani, nell'altro un weekend di nobili inglesi. Classi sociali messe alla berlina, una (non)storia che viaggia seguendo ad istinto (o forse razionalmente) tanti personaggi, troppi personaggi, con la promessa falsa di una trama generale che in realtà conferma l'attitudine di Altman nel barare: in "Gosford Park" c'era un omicidio, da tipico giallo all'inglese, che restava costantemente sullo sfondo. Qui a restare sullo sfondo è il matrimonio.
Certo, c'è la festa, le relazioni, una crudele presa in giro del regista agli americani (e italiani?) mostrati nell'intento di accettarsi, in tutta la loro ipocrisia.
E' un'ironia crudele, però, non si riesce a ridere e anzi causa un tantino di malessere in chi guarda. "Un matrimonio" è un film da guardare con molta, molta attenzione e nessuna superficialità in cui il genio di un maestro del cinema continua a regalare lampi di un'umanità disgraziata e ipocrita fino al midollo.
Gosford Park, se possiamo considerarlo più bello, lo è perché gioca ancora di più in modo scoperto con lo spettatore.
E non so se la tristezza che avvince spettatore e personaggi nel finale sia quella tipica della fine di un matrimonio (o della festa di nozze): è una sensazione che proviamo tutti, chi più chi meno, quella delle luci spente, le case vuote, i piatti sporchi, la solitudine dopo il caos del grande evento. Rimpiangiamo la fine del film o davvero ci eravamo affezionati a quel consorzio umano grottesco e ripugnante, alla fine?
Altman era un gigante.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR pier91  @  06/09/2012 04:05:49
   9 / 10
Nulla è meno consolatorio dei finali di Altman. Le due donne sedute sui gradini, visivamente lontane ma sensibili del nostro ascolto, disegnano una delle scene più dolorose e crudeli che abbia mai visto. Solo pochi istanti prima due uomini lanciati in una fuga (la solita fuga dell'italiano verrebbe da sghignazzare), insieme prevedibile e spiazzante, vile e in qualche modo doverosa.
Cliché acutizzati, citazioni cinefile, patetismi grotteschi, equivoci telefonati rendono "Un matrimonio" uno spettacolo arido di personaggi aridi, consapevolmente svilito prima ancora che avvilente. Nell'esultanza dei camuffamenti il sentimento genuino interviene per destabilizzare, per ferire anziché per rassicurare. E' l'elemento irregolare che si confonde nella serialità ma la interrompe, la enfatizza ma ciò non di meno la rende ridicola.
Un film devastante, come il silenzio carico di imbarazzo dopo una risata inopportuna.

"Sì forse fu il giorno più felice della mia vita. Però ha ragione lei, quando finisce diventa tutto triste."

Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  07/06/2011 22:23:15
   8 / 10
Una commedia pungente con punte di vetriolo altissime (il dopo incidente stradale è meraviglioso per cattiveria), in cui Altman dimostra per l'ennesima volta la sua abilità nella coralità dell'insieme. Tanti personaggi che vengono scoperti gradualmente, tante maschere che si levano per mostrare la loro vera personalità. Diverso ovviamente rispetto a Nashville, Un matrimonio è sottilmente più perfido e certamente più divertente.

laconico  @  26/12/2010 19:04:26
   6 / 10
Commedia simpatica, a tratti intelligente e pungente, ma che nella messa in berlina di certa borghesia talvolta declina in farsa. Si sorride e si riflette ma, con il trascorrere dei minuti, cala un po' il mordente, le trovate non sempre sono originali e si avverte una certa patina di comicità un po' datata. Visione piacevole ma le aspettative che nutrivo per questo ennesimo affrasco altmaniano erano un po' più alte.

Gruppo REDAZIONE amterme63  @  15/10/2009 22:24:05
   8 / 10
Si tratta di una commedia divertente, intelligente e molto puntuta. Stavolta Altman prende di mira l’alta borghesia vanesia e raffinata della fine degli anni ’70. Cosa c’è di meglio di un matrimonio con tutte le sue false cerimonie, le sue ridicole apparenze, i suoi vuoti riti per svelare l’ipocrisia imperante, la crisi delle istituzioni (chiesa, famiglia), la sostanziale deriva etica della società americana fine 900? Il tutto visto con sguardo ironico, sarcastico, quasi accondiscendente, un po’ meno “cattivo” e approfondito rispetto a Nashville.
Ci viene presentata tutta una carrellata di personaggi, ognuno con la sua caratteristica pubblica e il suo vizio privato. C’è poca confidenza, poco affetto sincero fra tutti.
Il divertimento sta tutto nello scoprire come ogni persona abbia una specie di doppio fondo, di vizio nascosto/palese. Le risate sono però tutto sommato piuttosto amare. Ne esce un quadro proprio desolante. Quello era anche l’anno in cui Altman girò Quintet, uno dei film più pessimisti mai girati.
Lo stile è ormai quello rodato dei vari sketch di situazioni diverse, unite dal montaggio alternato. C’è da dire che questa tecnica ha avuto un successo enorme ed è diventata lo standard delle soap opera. Questa tecnica dà allo spettatore il senso di supervisione, di dominio assoluto della realtà, di cui non sfugge niente nel suo svolgersi contemporaneo. Si adatta perciò alle persone “curiose” o pettegole, che vogliono sapere tutto di tutti, soprattutto i fatti privati o piccanti. Solo che nelle soap opera questa curiosità è fine a se stessa, mentre in Altman è un mezzo potente per svelare la crisi collettiva, per mettere tutti i personaggi sullo stesso piano (negativo), senza dare la preferenza a nessuno.
Questo film va visto assolutamente in lingua originale. Infatti molta parte del film si basa sul contrasto di carattere e costumi fra americani e italiani. Le pantomime (ben riuscite) di Gassman e Proietti vanno viste in mezzo ai dialoghi inglesi, altrimenti perdono tutto il loro significato. Altman non poteva trovare di meglio per rappresentare i vizi/virtù del romanazzo anni ’70. Da segnalare la splendida Lillian Gish, bravissima anche a 80 anni suonati. Non recita quasi niente, ma ha delle espressioni, dei sorrisi che rimangono impressi da quanto sono belli.
A proposito, se c’è una cosa che odio sono proprio i matrimoni e i pranzi/cene/rinfreschi che ne seguono. Non li ho mai potuti sopportare e appena posso mi defilo.

Beefheart  @  03/03/2008 16:34:52
   8½ / 10
Una delle numerose commedie corali ben riuscite del regista. In questo caso è un contesto nuziale a fare da sfondo alle solite ipocrisie e goffaggini dei borghesi americani che tanto bene Altman riesce a scimmiottare nei suoi film. Ironia e dramma si mescolano e si confondono in quella che, in fin dei conti, non è altro che la realtà grottesca di una vita fatta di compromessi e contraddizioni. Come sempre, se fisicamente i più se la cavano, moralmente non si salva nessuno. Sullo schermo sfila così una moltitudine di personaggi, con altrettanti nomi e cognomi (a volte anche soprannomi) un po faticosi da ricordare, ben caratterizzati ed interpretati, mossi con maestria all'interno di un riuscito intreccio narrativo. I dialoghi sono abbondanti, tipicamente caotici nel sovrapporsi di più voci contemporaneamente ed efficaci per ironia e provocatorietà; la storia è molto semplice ed il ritmo, scorrevole. Tra gli attori, molto bene Geraldine Chaplin, direttrice del ricevimento, Howard Duff, medico di famiglia, Nina Van Pallandt madre dello sposo e Pat McCormick zio dello stesso. Il cast è in effetti molto nutrito e nessuno, a dire il vero, sfigura o non convince. Il risultato appassiona e diverte. Consigliato.

THE_FEX84  @  24/02/2008 19:52:50
   9 / 10
Altman dirige un altro memorabile affresco che non fa rimpiangere il suo capolavoro per eccellenza,l'indimenticabile"Nashville":il suo occhio da falso moralista prende di mira le convenzioni e le contraddizioni dell'alta società americana con una dose massiccia di cinismo e crudeltà che fanno di"Un matrimonio"una perla imperdibile del cinema altmaniano.Una circostanza importante e fondamentale come quella del titolo,passa in secondo piano rispetto alle imprevedibili vicende che vedono protagonisti dei personaggi ambigui e sgradevoli,che,incapaci di utilizzare le più facili maschere della cortesia e dell'educazione,si mettono tutti allo sbaraglio rivelando la loro totale pochezza anche dinanzi a una inevitabile e imprevedibilie tragedia,che rovinerà lo scompiglio già creato soltanto per un istante.Lo stile del regista è più realistico che mai,con le voci degli attori che si sovrappongono l'un l'altra e con una miriade di personaggi che entrano in scena con un perfetto calcolo dei tempi,i momenti di divertimento sono tanti e intelligentemente orchestrati.Eccellente il cast in cui si segnalano il personaggio della ninfomane Mia Farrow ,il padre filo-mafioso dello sposo interpretato da Gassman(che nel fondo della sua gigantesca villa ha il suo ristorantino italiano personale)e la vecchia gloria Lillian Gish in un ruolo toccante(la nonna della sposa,che muore nella sua camera da letto durante il ricevimento nella villa,ma che nessuno degli invitati ha il coraggio di dichiararlo per paura di rovinare la festa).Tutto sommato,un'opera sottovalutata,poco vista e probabilmente poco capita.

france  @  07/12/2007 23:50:58
   9 / 10
geniale, bell'intreccio, ogni personaggio curato nei dettagli, con una dose di sana ironia che ci permette di vedere gli eventi anche tragici in maniera lucida.
si provano emozioni ma non se ne viene travolti, si vivono i fatti tragici con ironia, le situazioni sgradevoli con un sorriso...


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molto sottile e molto bello

Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  13/08/2006 15:32:59
   9 / 10
Beh, io l'ho amato alla follia, questo film.
Un Altman corale che si rifà volutamente a modelli espliciti (o no?) come Renoir ("la regola del gioco") e Bunuel ("L'angelo sterminatore" cfr. il rito che deve essere consumato sempre e comunque), capace come solo lui sa fare di iniettare una dose alta di cinismo, di perfidia, di corrosiva crudeltà.
Davanti al "rito" la collettività, la famiglia e gli amici di casa offrono la loro maschera, cancellando i vizi degeneri, le droghe, gli abusi, le personali (celate) forme di ninfomania (un'esilarante Mia Farrow) e abusi sessuali, di corruzione.
Per Altman tutto questo "gioco di finzione" viene smascherato davanti all'arbitraria funzione di codesti personaggi, ridotti ad essere quello che non sono, fino a dimostrarsi "ospiti sgraditi" (il parente Gassman in odor di mafia per esempio).
Altman celebra "la vita" ma in realtà è solo il caustico trionfo della morte per dirla alla Bruegel, quella che avanza: è emblematica nelle nozze delle coppia, davanti ai fantasmi risorti per celebrare la festa, con tutto il suo meccanismo di insanabile e ipocrita allegria.
Piu' della morte vera, che appartiene a un'intensa Lilliam Gish, vecchia icona griffithiana, ultraottantenne capace di donare alla vicenda il senso profano del "simbolo"

1 risposta al commento
Ultima risposta 07/12/2007 23.54.43
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Gruppo COLLABORATORI martina74  @  03/04/2006 12:53:19
   6½ / 10
Simpatica commedia grottesca "alla Altman", con mille personaggi che ruptano attorno a un monumentale matrimonio. La prima mezz'ora è divertentissima, poi il film "si siede" un po', fino al colpo di scena finale.
Presenti nel cast il sempre bravo Vittorio Gassman e un giovanissimo Gigi Proietti alle prese con Mia Farrow.

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Ultima risposta 27/12/2010 09.49.17
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