Recensione destino cieco - il caso regia di Krzysztof Kieslowski Polonia 1981
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Recensione destino cieco - il caso (1981)

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locandina del film DESTINO CIECO - IL CASO

Immagine tratta dal film DESTINO CIECO - IL CASO

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«Se uno si mettesse a scavare nel proprio passato, troverebbe che in esso vi è abbastanza materia per vite completamente differenti. Una volta... per errore, oppure per inclinazione... si è scelta una di esse, e la si vive fino alla fine; ma quel che è peggio è che le altre possibili vite non sono così completamente morte. E capita talvolta che esse ti facciano male come ti fa male una gamba amputata.»
Karel Capek

"Destino cieco - Il caso" è un film del 1981 di Krzysztof Kieslowski, a causa della censura polacca uscì solo nel 1987. Il titolo originale è "Przypadek", la trasposizione più corretta sarebbe forse Il caso, "destino" rimanda ad un'idea di predeterminazione, di percorso scritto, obbligato, necessario. Il caso invece è assolutamente imprevedibile e non segue nessuna predeterminazione.

Witek è un giovane polacco che studia medicina, il padre, malato da tempo, muore. Witek, in preda ad una crisi esistenziale, si reca alla stazione ferroviaria intenzionato a partire per Varsavia. Qui l'opera si frantuma come uno specchio, ci saranno tre frammenti dello specchio a riflettere tre diverse realtà ipotetiche.
Nel primo frammento, Witek riesce a prendere il treno, conosce un anziano signore e grazie a questo diventa un funzionario del Partito Comunista. A Varsavia incontra Czuszka, con cui era stato fidanzato anni prima, e la loro storia ricomincia. A causa di rivelazioni ingenue fatte da Witek ad un quadro del partito, Czuszka viene arrestata e la loro storia finisce.
Nel secondo frammento, Witek perde il treno, arrabbiato picchia un addetto alla ferrovia e viene condannato a svolgere dei lavori socialmente utili. Durante questa esperienza conosce persone che lo mettono in contatto con il movimento cattolico clandestino. Witek trova la fede e si fa battezzare. Instaura una relazione con Vera, sorella di un suo vecchio amico incontrato ad una riunione. Accusato di essere anticomunista, Witek fa i nomi dei compagni, questi vengono arrestati e lui viene cacciato dal movimento. Anche la storia con Vera termina.
Nel terzo frammento, Witek perde il treno ma alla stazione incontra Olga, sua compagna all'università. I due iniziano una relazione e poco dopo la giovane resta incinta. Witek riprende gli studi di medicina e li termina. Nonostante diverse sollecitazioni, Witek rifiuta decisamente di aderire a qualsivoglia movimento politico. Anni dopo, accetta un lavoro in Libia ma muore nell'esplosione dell'aereo su cui sale.

Tre storie completamente diverse. Tre orientamenti politici diversi: comunista, anticomunista, apolitico. Tre donne diverse, con le prime due finisce male, con la terza bene. Un tempo di vita diverso, nell'ultimo caso il protagonista muore, anche se l'ultimo caso è proprio quello in cui la narrazione si protrae di più nel tempo.

Kieslowski mostra così come tutta la nostra vita sia casuale, sia figlia di un caso che non possiamo controllare, come dice Schopenhauer: "Il destino mescola le carte e noi giochiamo". I vari Witek ricevono carte diverse essendo seduti in diversi posti del tavolo. Kieslowski non si limita ad un bivio, mostra un trivio, ma potrebbe pure essere un quadrivio, e così via, le biforcazioni sono infinite, si susseguono una dopo l'altra senza che nessuno se ne accorga. Una moneta può dare testa o croce ma i lanci sono miriadi. Non c'è solo una doppia vita non vissuta, i doppi sono infiniti.

Ma se il caso decide tutto allora l'uomo di cosa può essere responsabile? Se anche le scelte morali sono dettate dal caso, non si può imputare nulla a nessuno perché nessuno sarebbe pienamente responsabile delle sue azioni. L'uomo sarebbe solo un naufrago alla deriva sballottato dalle onde del caso.
E dove sono tutte le vite non vissute? Forse il pensare alle vite che non abbiamo vissuto, a tutte le persone che non abbiamo incontrato e non abbiamo amato, ci permette di vivere la vita che viviamo. La consapevolezza che nessuno ha scelto per noi, se non il caso, ci fa sentire forse più liberi. Forse elaborare il lutto di tutte le vite che abbiamo abortito ci consente di accettare quella che abbiamo intrapreso. Forse è necessario questo passare dalla molteplicità del possibile all'unicità del reale, lasciandosi alle spalle tutte le ipotesi che sopravvengono quando si guarda il proprio vissuto.

Kieslowski confeziona un ottimo film, mai scontato e mai retorico. Lo sguardo sulle tre vite possibili è assolutamente distaccato, non dà giudizi morali. Ne esce anche un buon affresco della Polonia d’inizio anni '80.
Ingiustamente accantonato per applaudire gli ottimi lavori successivi del regista polacco, "Przypadek" è un buonissimo film da riscoprire, un film che non dà risposte a nulla ma fornisce quesiti su cui riflettere molto.

"Qual è il destino dell'uomo? Essere un uomo."
Stanislaw Jerzy Lec

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Recensione a cura di Compagneros - aggiornata al 22/06/2012 11.11.00

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