Recensione il cittadino illustre regia di Gastón Duprat, Mariano Cohn Argentina 2016
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Recensione il cittadino illustre (2016)

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locandina del film IL CITTADINO ILLUSTRE

Immagine tratta dal film IL CITTADINO ILLUSTRE

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Lo scrittore argentino Daniel Mantovani vive in Europa da trent'anni ed è famoso per aver vinto il Premio Nobel per la letteratura. I suoi romanzi ritraggono la vita di Salas, il paesino in cui è cresciuto e dove non è mai più tornato da quando era ragazzo. L'amministrazione locale di Salas lo invita per conferirgli il più alto riconoscimento del paese: la medaglia per il Cittadino Illustre. Il viaggio prefigura un ritorno trionfante al paese natale, un viaggio nel passato per incontrare di nuovo gli amici, gli amori e i paesaggi della giovinezza, ma soprattutto un viaggio nel cuore stesso della scrittura di Mantovani, nella fonte della sua ispirazione.

"El ciudadano ilustre", cioè "Il cittadino illustre", ad una prima occhiata può sembrare una semplice constatazione del celebre motto "Nessuno è profeta in patria". In fondo è anche questo, ma oltre a ciò è lo sguardo obliquo di uno scrittore ed intellettuale di fronte alla propria letteratura e del suo rapporto con gli altri, siano i cittadini dello sperduto paesino di Salas come della platea di palati fini del Premio Nobel cui è stato insignito.
Un personaggio, quello di Daniel Mantovani, che mostra fin dall'inizio un carattere estremamente schietto e sincero di fronte alla premiazione del Nobel. Se da una parte esprime l'onore, con una certa riluttanza, per tale onorificenza, dall'altra non può esserne contento, perché tale premio viene visto personalmente come una condanna a morte, all'oblio di biblioteche, decretato fra l'altro giurati e reali di Svezia verso il quale non nasconde di provare poca simpatia e perché non sono loro il pubblico a cui sono destinati i propri scritti. Il premio in un certo senso rappresenta un fallimento.
Già questo inizio folgorante mostra in parte l'evidente frattura dello scrittore verso un certo tipo di mondo, confermata dal silenzio letterario che dopo la premiazione non permetterà a Daniel di scrivere alcunché e conducendo una vita semi-monastica, rifiutando più volte appuntamenti con università o governi per accettare l'ennesima onorificenza.

Immerso in una specie di limbo esistenziale senza apparente sbocco se non quella di una solitudine prolungata all'infinito, l'invito per il ricevimento dell'onorificenza di Cittadino Illustre del paese di Salas, piccola città a 800 chilometri da Buenos Aires, giunge nel momento giusto. Salas, per lo scrittore, rappresenta la fonte d'ispirazione di tutta la sua produzione letteraria e di conseguenza del suo successo letterario. Malgrado il poco entusiasmo iniziale, la voglia di ritornare alle sue origini, sia di scrittore, sia il richiamo per l'Argentina, paese dal quale manca da oltre trent'anni, rappresentano l'occasione per aprirsi di nuovo al mondo, viaggiando a ritroso nel tempo.
Ecco quindi che lo sguardo dei due registi si sposta dai "palati fini" a quelli più semplici dei cittadini di Salas. Fin dal suo arrivo in Argentina il tono del film si inoltra nei territori della commedia. Tutto il tragitto da Buenos Aires fino al paese di Salas ha del tragicomico. Sia l'autista improvvisato, uno dei tanto volti particolari di Salas, sia Daniel non hanno un cellulare e quando rimangono in panne durante il percorso attraverso una improbabile scorciatoia, trascorrono in auto la notte. All'indomani l'autista per un bisogno impellente non si fa scrupolo di strappare delle pagine da uno dei libri di Daniel da utilizzare come carta igienica.
Semplicità e schiettezza che in fondo lo scrittore non disprezza ed anzi lo convincono della bontà del viaggio. L'arrivo a Salas è una parata trionfale per quel figlio perduto tornato all'ovile. Una settimana fitta di avvenimenti intensi, di situazioni a volte imbarazzanti (la presentazione in Powerpoint è qualcosa di veramente esilarante che va oltre il trash puro), rivedere i vecchi amici, riallacciare i rapporti con la vecchia fiamma di gioventù. Un provincialismo talmente esibito che Daniel sopporta e che la sceneggiatura supporta non con una comicità demenziale condita da gag fisiche o verbali, ma da un'ironia molto incisiva che lascia sempre una traccia, provocando risate a denti stretti e persino liberatorie.

Può sembrare un accumulo di situazioni esilaranti ma la scrittura di Cohn e Duprat conferma la sua indubbia efficacia quando, in maniera graduale, le tonalità diventano più chiaroscure. La semplicità e il modo diretto dei cittadini di Salas vengono visti da un'angolazione diversa dallo stesso Daniel. Si comincia a percepire un deciso mutamento negli atteggiamenti di molte persone che ruotano attorno a Daniel. La semplicità e schiettezza degli abitanti diventa sempre più rozzezza ed ignoranza. Si allarga quindi la forbice fra lo scrittore ed i suoi concittadini che lo cominciano a malversare in maniera più o meno sottile e perfida. Il suo migliore amico, che ha sposato la sua ex fidanzata Irene, non manca mai di ricordargli che è stato lui a sposarla quando ormai aveva perso la speranza di un suo ritorno. Daniel dal canto suo, senza volerlo finisce a letto con la figlia e giungerà al termine probabilmente nella situazione più divertente del film, degno della migliore commedia degli equivoci.
Tutti, con poche eccezioni, vogliono qualcosa da lui: raccomandazioni, soldi, favoritismi come l'improvvisato concorso di pittura che vuole premiare i notabili del paese a scapito delle opere scelte da Daniel stesso, per questioni di opportunità politica del suo amico sindaco di Salas.
Il viaggio quindi assumerà dei toni da incubo, dove la ormai aperta ostilità della popolazione del suo paese, farà riscoprire a Daniel non solo le sue origini letterarie ma soprattutto i motivi della sua dipartita dal villaggio, che in quasi quarantenni di assenza ha mantenuto intatte le sue peggiori caratteristiche di provincialismo ipocrita ed ignorante. Un provincialismo facile da riconoscere e che ha fin troppi elementi comuni con quello italiano, tanto per fare un esempio.

Da questo momento la recensione contiene elementi di spoiler; se ne sconsiglia pertanto la lettura a chi non abbia ancora visto il film.

Il finale è un buon colpo di scena, ben architettato, dove lo scrittore si riappropria della sua caratteristica di deus ex machina. Da individuo travolto dagli eventi fino alle conseguenze più tragiche a manipolatore di quella realtà o finzione letteraria. Poco importa se quanto visto sia frutto della realtà o un'opera di pura fantasia. Lo scrittore esprime un suo punto di vista ispirato a fatti reali o costruiti totalmente secondo una sua personale visione. Difficile vedere dove finisce la realtà e inizia la finzione e viceversa.
"El Ciudadano ilustre" è stata una delle migliori pellicole viste al Festival di Venezia, con un Oscar Martinez giustamente premiato con la Coppa Volpi quale miglior attore protagonista. Un riconoscimento sacrosanto che tuttavia non avrebbe demeritato ulteriori riconoscimenti.

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Recensione a cura di The Gaunt - aggiornata al 18/11/2016 15.36.00

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