Recensione left bank regia di Pieter Van Hees Belgio 2002
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Recensione left bank (2002)

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locandina del film LEFT BANK

Immagine tratta dal film LEFT BANK

Immagine tratta dal film LEFT BANK

Immagine tratta dal film LEFT BANK

Immagine tratta dal film LEFT BANK

Immagine tratta dal film LEFT BANK
 

Marie è un'atleta professionista che gareggia per entrare nel team, per il campionato europeo, ma la salute le crea qualche problema e si trova costretta a rallentare gli allenamenti.
Intanto conosce Bob col quale, dopo un po', decide di convivere. Il condominio dove vive il suo ragazzo è sulla riva sinistra del fiume, in una zona vecchia e abbastanza pittoresca, abitata prevalentemente da artisti.
Marie viene presto a conoscenza del fatto che la precedente inquilina dell'appartamento è scomparsa, in circostanze misteriose, e decide di indagare con l'aiuto del fidanzato della donna.

Marie è una donna che sottopone il suo corpo a strenui allenamenti in vista del campionato cui intende partecipare. Ma il corpo purtroppo le risponde con un esaurimento, e finché Marie non va a vivere con il suo ragazzo e si appassiona alla sparizione della precedente inquilina, tutti penseranno soltanto a un esaurimento di tipo fisico.
Ma mentre Marie indaga e scopre cose piuttosto bizzarre, quello che si insinua lentamente nella mente dello spettatore è il dubbio che l'esaurimento di Marie sia molto più serio.

L'ossessione che sembrava nata dal nulla comincia a insidiare i suoi pensieri, e dopo un po' prende possesso anche dei sogni, inducendola a guardare con occhi diversi quello che le accade intorno.

E a questo punto Marie scivola lentamente nel binario tracciato anni fa dalla Rosemary di Polansky. Come lei è andata a vivere in uno stabile che custodisce un mistero, e come lei ha dei vicini strani.
Anche il fatto che il suo corpo sia al centro delle sue preoccupazioni è un elemento in comune con la sfortunata protagonista del maestro. E le dicerie che sente raccontare sul passato del palazzo non sono poi tanto più folli di quelle che a suo tempo si trovò a collezionare l'incauta Rosemary.
Il palazzo e la zona in cui è situato hanno una storia di quelle che a raccontarle sembrano solo delle vecchie superstizioni, e il pozzo che si dice abiti le viscere del caseggiato viene direttamente dalla mitologia celtica.
Poi ci sono i vecchi libri e le incisioni, e la mamma sensitiva di Marie che fa la sua comparsa nel condominio con un pendolo.

L'atmosfera che regna in tutta la prima ora è quella di un segnale di pericolo senza nessun motivo visibile di allarme.
Strani individui che girano per le scale del caseggiato con aria minacciosa e che rivolgono la parola con una certa animosità a una ragazza, chiaramente impaurita per il solo fatto di essere stata notata dal tipo in questione; feste in cui si gioca a tirare con l'arco, e si bevono strani intrugli, e via così.
Intanto il corpo di Marie reagisce con una certa violenza procurandole situazioni imbarazzanti e continue corse al bagno per non vomitare in pubblico. Chiunque penserebbe a una gravidanza, ma non è per niente di quello che si tratta, alla fine.

Il racconto si svolge lentissimo e piuttosto sinistro fino al punto in cui la paranoia di Marie ci comincia a sembrare sensata, oltretutto il numero di morti accumulati durante il cammino è un pochino troppo elevato per essere frutto di una coincidenza.

Ma a questo punto lo spettatore vive la curiosa sensazione di irrealtà tipica della situazione in cui uno sceneggiatore chiede a chi guarda la sospensione totale dell'incredulità, senza essersela del tutto guadagnata.
Intendiamoci, non che il film non sia avvincente e a tratti pure intrigante, ma a un terzo dalla fine quello che viene prima insinuato e poi addirittura mostrato, chiede davvero un grosso volo di fantasia. E chi decide di saltare, insieme con Marie, avrà la possibilità di guardare la storia con occhi diversi.

Il cambio di registro degli ultimi fotogrammi ha in sé una bellezza e insieme un'ingenuità che danno un tocco fiabesco al tutto.
Nel complesso si tratta di un film che deve moltissimo all'atmosfera, e un bel po' anche alle citazioni da registi famosi (Polansky in testa), e la costruzione della sottile inquietudine che serpeggia nella mente di Marie avvince lo spettatore sin da subito.
La recitazione è onesta e convincente e la fotografia rende piuttosto bene le inquietudini che serpeggiano in un quotidiano che diventa estraneo di colpo.
La regia sporca e in alcuni momenti impietosa lascia nello spettatore un senso di gelo, che però non convince del tutto. Forse quello che manca davvero è la convinzione che nelle favole, anche in quelle cattive, per raccontarle bisogna crederci almeno un po'.

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Recensione a cura di Anna Maria Pelella - aggiornata al 18/11/2009

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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