Recensione sotto falso nome regia di Roberto Andò Italia, Svizzera 2003
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Recensione sotto falso nome (2003)

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locandina del film SOTTO FALSO NOME

Immagine tratta dal film SOTTO FALSO NOME

Immagine tratta dal film SOTTO FALSO NOME

Immagine tratta dal film SOTTO FALSO NOME

Immagine tratta dal film SOTTO FALSO NOME

Immagine tratta dal film SOTTO FALSO NOME
 

Dietro lo pseudonimo di Serge Novak, celebre e ricco scrittore, acclamato dal pubblico e dalla critica, si nasconde l'enigmatico Daniel Boltanski (Daniel Auteuil), ebreo di origine polacca che da tempo risiede in Svizzera con la moglie (Greta Scacchi).
Daniel Boltanski, schivo e riservato, preferisce l'anonimato garantitogli dallo pseudonimo a una vita pubblica e mondana nella quale chiunque potrebbe intromettersi.
"Perché uno pseudonimo?", chiede una giornalista.
"Per non lasciare ad una come lei il minimo controllo sulla mia vita!".
E questo anonimato gli consente di mischiarsi con la gente comune per studiarne i gesti, gli sguardi, il modo di relazionare, trovando così materiale per i suoi romanzi. Qualcuno gli invia, presso suo padre, una busta anonima contenete una penna e una fotografia in bianco e nero, rappresentante un uomo e una donna, il cui volto è stato cancellato. Mentre si sta recando a Capri per le nozze del figlio (Giorgio Lupano), Daniel incontra Mila (Anna Mouglalis) una ragazza erotica e sensuale, oltre che conturbante e criptica, che s'insinua nella sua vita, sconvolgendola.
In un intreccio di passioni, di segreti e di ricatti, Daniel dovrà fare i conti tanto con il proprio passato, quanto con il proprio presente.

"Sotto Falso Nome", film in lingua francese e dal cast internazionale, è la seconda prova alla regia di Roberto Andò. Questo interessante autore palermitano, dopo aver lavorato con artisti del calibro di Fellini, di Rosi, di Coppola e di Cimino, si è dedicato per lungo tempo al teatro e ha diretto "Robert Wilson Memory/Loss. Fragments of a Poetic Biography", "Per Webern 1883-1945: vivere è difendere una forma" e "Ritratto di Harold Pinter". Il suo primo lungometraggio intitolato "Diario senza date" (1995) fu presentato a Venezia, ed è stato premiato per la miglior regia al Festival di Sulmonacinema. Il suo esordio cinematografico vero e proprio si ha nel 2000 con una pellicola prodotta da Giuseppe Tornatore: "Il Manoscritto del Principe", un film decisamente raffinato.
"Sotto Falso Nome" ha le movenze e la struttura di un thriller e per questa ragione non mi dilungo sulla trama. Quello che però attrae maggiormente di questo film non è l'intreccio narrativo, che in un certo senso ed entro determinati confini sa di già visto. Infatti lo schema del thriller, costruito sul gioco degli scambi d'identità, su un passato nebuloso (ma non troppo) e sul ricatto, è un espediente narrativo atto a raccontare le vicende intimamente private del protagonista, che, così come ne "Il Manoscritto del Principe", è uno scrittore. Ad attrarre è proprio la caratterizzazione di questo personaggio, magnificamente interpretato da un grande Daniel Auteuil. Roberto Andò ha confessato di aver concepito, disegnato e scritto Daniel Boltanski appositamente per Auteuil. E la sua è stata davvero una scelta felice!
È così che il thriller cede il passo ad un opera letteraria, introspettiva e profondamente umana.

Il film esordisce con un convegno su Serge Novak, tenuto presso la Bibliothèque Mazarine di Parigi. Lo scrittore è naturalmente presente, ma nascosto dietro l'anonimato della sua vera identità. Pochi scambi di sguardi fra Boltanski e il suo agente letterario (Michael Lonsdale) e un sorriso appena percettibile sono indice della presenza-assenza di Serge Novak. Dopo una lenta panoramica della sala congressi, Roberto Andò ci regala immediatamente alcuni primi piani di Auteuil, i cui occhi dallo sguardo penetrante si muovono con circospetta attenzione, pronti a cogliere particolari, espressioni e modi di essere dell'umanità presente. E così gli occhi dello scrittore osservano, scrutano, imprimono immagini nella memoria. Il primo piano di un piercing al labbro inferiore di un ragazzo, il sorriso solare di una giovane e gli occhi verdi di una ragazza bruna, un uomo anziano che prende appunti su un taccuino, pubbliche relazioni, un palese adulterio, questi gli elementi che vengono vivisezionati dallo scrittore. In pochi minuti e con pochi dialoghi, ma con immagini già assai raffinate, Roberto Andò ci guida alla scoperta di un personaggio enigmatico, poliedrico, schivo, ma al contempo protagonista assoluto: uno scrittore che si nasconde dentro un uomo, che a sua volta si nasconde dietro uno pseudonimo. Boltanski presenzia al convegno su Serge Novak così come un uomo potrebbe desiderare di essere presente al proprio funerale per studiare le reazioni dei conoscenti dopo la sua scomparsa.
La scelta del regista è chiara fin dall'inizio: prima di tutto il personaggio protagonista, poi la storia, che ci consentirà di calarci all'interno della sua vita e della sua psicologia per poi arrivare a conoscere la sua intimità più profonda, grande e semplice al tempo stesso.
Roberto Andò ci racconta Daniel Boltanski attraverso la lettura di brevissimi estratti dei suoi romanzi e dal suo modo di filtrare e rielaborare la realtà trasformandola in finzione narrativa, dal modo in cui "ruba" le vite altrui appropriandosene per le sue opere.
Poi ci pone dinnanzi all'eterno enigma dell'identità fra l'autore e il protagonista dei suoi libri. Il primo romanzo di Serge Novak, quello che gli ha conferito successo e ricchezza, è intitolato "Il Viaggio d'Inverno". Ci viene presentato come un romanzo epistolare dallo stile raffinatissimo, che racconta la storia di un eroe tormentato di nome Laszlo.

"Quando ho letto Il Viaggio d'Inverno, mi sono innamorata del personaggio di Laszlo", confessa Mila a Daniel. "Adesso che ti conosco, non riesco a capire se ti somiglia".
"Non l'ho mai capito neanche io".

Lo scrittore ci viene presentato come uno scaltro mentitore e un ladro della vita altrui. Ma che cosa potrebbe accadere se la vittima del "furto" si riappropriasse della vita e dell'intimità sottrattegli e a sua volta rubasse l'identità dello scrittore?

In questo film i riferimenti letterari sono molteplici e assai curiosi. Per esempio alcuni degli estratti dell'opera di Novak sembrano uscire da "Viaggio al Termine della Notte" di Céline, non tanto per il contenuto, quanto per la forma stilistica scelta. Assai più importanti ed espliciti, anche se non dichiarati, sono i riferimenti ad un altro celebre autore francese: Michel Déon. Grande scrittore dell'Académie Française, noto anche al cinema (tratto da un suo romanzo il film "Un Taxi Color Malva"), Déon ha sempre definito lo scrittore come un bugiardo e un abile ladro dell'esistenza altrui. Questa concezione della figura dello scrittore è appunto una delle tematiche centrali di "Sotto Falso Nome", in cui però non vi sono citazioni letterarie dalle opere di Michel Déon. Tuttavia incuriosisce il fatto che l'organizzazione generale della produzione di questo film sia stata curata da Alexandre Déon, figlio del celebre scrittore e che da tempo vive e lavora a Italia.

Un film letterario più che un thriller, "Sotto Falso Nome" seduce sia per la sua regia elegante e delicata, sia per le eccellenti interpretazioni di Daniel Auteuil, di Greta Scacchi e di Anna Mouglalis. Quest'ultima si sta confermando di giorno in giorno, di film in film, una delle più promettenti attrici del panorama europeo. Già definita "musa del cinema d'autore francese" (Chabrol "Grazie per la Cioccolata"), ha interpretato il ruolo della giovane prostituta in "Romanzo Criminale".
Assai gradita e partecipe è poi l'interpretazione di Michael Lonsdale nel ruolo di David Ginsberg, l'agente letterario di Daniel.
Molto bella la fotografia curata da Maurizio Calvesi.
Coinvolgenti e struggenti, le musiche di Ludovico Einaudi accompagnano lo spettatore in un viaggio all'interno di quel mondo poetico e malinconico che è l'arte creativa dello scrivere.
È affascinante la riflessione sul rapporto che lega l'artista e la sua opera e ancora più genericamente sull'arte intesa come rappresentazione della realtà, anche se menzognera.
Daniel Boltanski nella sua qualità di scrittore si nasconde dietro uno pseudonimo, nella sua veste umana si nasconde nel mondo artificioso della scrittura, che appare una bugia più accettabile della realtà. È la costruzione di un mondo in cui le proprie esperienze, le proprie passioni ed emozioni, non hanno conseguenze così devastanti come invece accade nella vita. Le vicende personali e private dello scrittore si mischiano e si confondono con quelle del suo protagonista. Da qui nasce quel conflitto insanabile fra la scrittura e la verità, di cui rimando la soluzione alle frasi conclusive del film, che in questa sede sarebbe inopportuno citare.
Questo rapporto fra l'arte e la finzione, fra lo scrittore e il personaggio da lui creato è fin dal principio la tematica dominante del film. Quasi come se volesse partecipare al "gioco" del suo protagonista, Roberto Andò fra le prime immagini ci offre un primo piano di alcuni libri di Serge Novak fra i quali ne spicca uno intitolato "Journal sans dates", ossia Diario senza date, il medesimo titolo del primo lungometraggio del nostro regista palermitano.

Purtroppo "Sotto Falso Nome" presenta alcune pecche nella sceneggiatura che, come precedentemente sottolineato, sa di già visto. Non si tratta, diversamente da quanto alcuni hanno affermato, di troppe somiglianze con un film di Louis Malle: "Il Danno". Questa pellicola è una trasposizione poco fedele e, a parer di chi scrive, non all'altezza dell'omonimo romanzo di Josephine Hart (ma come è facilmente evincibile da quanto esposto nella recensione al film "Anima Persa", è stata sviluppata un'idiosincrasia con le trasposizioni cinematografiche realizzate da Louis Malle). La scrittrice è certo conosciuta ed apprezzata da Andò, tant'è vero che il suo prossimo film "Viaggio Segreto", in uscita a novembre, è tratto da un altro romanzo della Hart intitolato "Ricostruzioni". Alcuni hanno riscontrato nell'intreccio amoroso raccontato in "Sotto Falso Nome" delle analogie con le passioni narrate ne "Il Danno". Tale accostamento non è però completamente condivisibile, non perché le tematiche non siano comuni, ma perché tanto in un'opera quanto nell'altra, tali tematiche sono solo il pretesto per parlare della psicologia dei rispettivi personaggi, che sono assai differenti sia per le loro vicende private, sia per le motivazioni che scatenano le loro pulsioni.
Tuttavia in "Sotto Falso Nome", troppo spesso e malgrado il buon ritmo e i vari colpi di scena, ci si rende conto di trovarci di fronte a una sceneggiatura che a volte è pretestuosa e semplicemente mirata a guidare lo spettatore alla scoperta della personalità, a tratti contorta, del protagonista. Si può considerare tale elemento un difetto trascurabile, ma che impedisce al film di assurgere al rango di capolavoro. In aggiunta a ciò, l'interpretazione di Giorgio Lupano risulta un po' troppo caricata, a cui discapito va riconosciuto però che gli è stato assegnato un personaggio di poco spessore con dialoghi spesso forzati e poco convincenti.

A parte queste piccole considerazioni finali, Roberto Andò ci ha regalato un film interessante e raffinato, sottilmente letterario e ricco di spunti di riflessione. Un'opera in alcuni casi poetica, in altri leggermente cinica, ma di grande umanità. Non si tratta di un film che tiene in tensione, ma di un film che trasmette emozioni e che seduce grazie alla sua eleganza stilistica e alla sua capacità introspettiva, che indaga sulle ambiguità dell'animo umano in generale e dell'artista in particolare, sempre in bilico fra il desiderio di apparire e la voglia di nascondersi.

"... credo sia cominciato così il mio gioco a nascondere", scrive Daniel Boltanski. "Il gioco di un bambino che non sa cosa teme o desidera di più: se restare nascosto o venire scoperto".

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Recensione a cura di Carlo Baldacci Carli - aggiornata al 18/09/2006

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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