Recensione the raven (2012) regia di James McTeigue USA 2012
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Recensione the raven (2012)

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locandina del film THE RAVEN (2012)

Immagine tratta dal film THE RAVEN (2012)

Immagine tratta dal film THE RAVEN (2012)

Immagine tratta dal film THE RAVEN (2012)

Immagine tratta dal film THE RAVEN (2012)

Immagine tratta dal film THE RAVEN (2012)
 

"The Raven" (Il corvo) è un thriller claustrofobico non del tutto originale che si avvale dell'assemblamento ideativo, dai codici visivi ben composti e variati, di parti di diversi altri film tra i quali il famoso "Kil Bill - volume due" (2004) di Quentin Tarantino, una pellicola che il regista Mc Teigue omaggia ripetutamente con alcune sequenze ad alta tensione riguardanti bare di legno sotterrate o in procinto di esserlo con vittime dentro ancora vive.
Il film è costruito con un'arguzia tecnica molto professionale ed è ben contestualizzato storicamente grazie a uno stile gotico delineato con un gusto cinematografico sopra le righe. I dialoghi inevitabilmente sono un po' modernizzati e stridono quindi con l'atmosfera del gotico.

Nel film Edgar Allan Poe (John Cusack) mette a disposizione della polizia il proprio acume letterario di genere poliziesco collaborando con il giovane detective di Baltimora Field (Luke Evans) nelle indagini per la cattura di un serial killer che trae spunto, per una serie di omicidi sadici, da alcuni famosi racconti del Poe.
Il film è ambientato a Baltimora nel 1849, poco tempo prima della scomparsa reale, in circostanze misteriose, dello stesso Poe, a 40 anni, dopo che, come accade nel film, era stato visto seduto su una panchina del parco della città in uno stato psichico alterato.
Diretto dal maturo James McTeigue (da ricordare il suo pregevole e originale "V for Vendetta"), il film vede nel cast Alice Eve, Brendan Gleeson, Oliver Jackson-Cohen e Kevin Mcnally.

Le riprese del film hanno interessato anche città come Belgrado e Budapest.
L'opera è di buona fattura commerciale. La suspense funziona a meraviglia, l'aspetto horror un po' meno perché scricchiola con il resto; l'omicidio dell'uomo grasso avvenuto con il pendolo-lama ad esempio è di estrema violenza e non dà frutti spettacolari perché la scena è chiusa in se stessa, senza gioco, la vittima non ha alcuna chance di libertà.
Ottima la fotografia che dà profondità di campo e angolazioni del reale ben assortite suscitando a più riprese - per la varietà delle inquadrature sempre molto ricercate - stupore e meraviglia.
Efficacemente ricostruito l'ambiente architettonico e culturale dell'epoca con costumi e modi relazionali tra i protagonisti e la gente comune assai credibili. Di buona consistenza visiva e divertimento, alcune cose belle ricercate dal film nei luoghi particolari e nei costumi della Baltimora di quel periodo, ad esempio la festa da ballo aristocratica in cui avviene il rapimento di Emily è di notevole impatto scenico e musicale.
Occorre dire però che la figura del personaggio di Poe appare sbiadita, opaca, piuttosto inespressiva rispetto all'immagine in qualche modo eloquente che ciascuno di noi si è fatta attraverso la conoscenza della sua filosofia di vita, quella che si intravedeva per deduzione o direttamente dalla lettura dei suoi testi.

Perché oggi riprendere Edgar Allan Poe, uno dei più grandi scrittori e critici letterari della storia letteraria, senza curarne la veridicità della personalità ma anzi addirittura modernizzarlo, per questioni commerciali, fino al punto di stravolgerne le caratteristiche più note?
"Dall'adolescenza alla tomba, Poe visse un'esistenza tormentata - visitato da fantasmi di speranze deluse, ossessionato dalla morte nell'amore, dalla stupidità, dalla quasi follia di tanti suoi gesti, dalla vana attesa del successo, della sicurezza e della felicità. In un mondo indifferente che valutava il denaro più della poesia egli trovò sollievo unicamente nell'annientamento di se medesimo" (dal Blog Critica Letteraria)
Così Philip Lindsay elabora alcune caratteristiche esistenziali e di pensiero di Edgar Allan Poe nella biografia da lui stesso stesa sullo scrittore americano. Ne scaturisce il ritratto di un uomo nevrotico, disadattato, fuori dai tempi che trova nel godimento sintomatico del farsi del male una pace, un benessere apparente che nel mentre lo solleva dall'ansia di vivere lo porta all'isolamento e alla morte.
Di Poe, questo di Lindsay, è un profilo clinico ben tratteggiato, non certamente del tutto definitivo. Un profilo inevitabilmente intessuto di aspetti culturali complessi legati alla biostoria simbolica che ogni nevrosi racchiude. Esso si può per certi aspetti avvallare considerando con attenzione, senza pretese di giudizi conclusivi, i racconti orrifici più significativi di Poe tra cui il quasi autobiografico "William Wilson", oppure "La rovina della casa degli Usher", "Il pozzo e il pendolo", ecc.
Un profilo dove il confine tra il culturale e lo psicologico sfuma e che per quanto esso sia da considerare precario, provvisorio, nel film è inspiegabilmente assente in ogni sua parte, non si riesce infatti a dedurlo o a intuirlo nemmeno dagli sguardi dell'attore Cusack, il cui viso pieno di vitalità e pieghe maliziose si allontana di molto da ogni fotografia o studio fatti sulla personalità del grande scrittore di Baltimora.

Il film non porta neanche qualche segno delle singolarità di fondo più specifiche e delle pesantezze esistenziali più evidenti di Poe e non evidenzia nemmeno, come d'altra parte purtroppo avviene anche in numerosi mediocri studi fatti su Poe, tutta l'ironia e la briosità, originali per senso più profondo, che lo scrittore di Baltimora sapeva esprimere in certe particolari circostanze: testimoniate da altri suoi significativi libri.
Questo film di Mc Teigue forse avrebbe dovuto per lo meno tracciare delle linee guida in forma interrogativa o enigmatica sulla complessità più eloquente della personalità di Poe, che era uno scrittore molto versatile; accanto ai suoi famosi racconti del terrore, in cui l'atmosfera è dominata dalla follia più allucinante e delirante, esistono altre narrazioni molto importanti che potrebbero essere definite divertenti, spiritose e satiriche, in un contesto umoristico di fondo di cui si parla tuttora poco e che anche nel film non traspare in nessun modo, neanche in una forma allusiva con un piccolo dettaglio.
Questi testi ad esempio sono: "L'uomo d'affari", "L'angelo del bizzarro", "Perché il francesino porta la mano al collo", "La truffa", "X-ing a paragrab", "Vita letteraria di Thingum Bob", "Come scrivere un articolo per Blackwood", "Una situazione imbarazzante".

"Poe si è interessato in modo profondo all'umorismo anche da un punto di vista critico letterario. Nel 1836 recensì per il Southern Literary Messenger le "Georgia Scenes" di Longstreet" (dal Blog Critica Letteraria)

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Recensione a cura di Giordano Biagio - aggiornata al 28/03/2012 16.56.00

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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