Recensione unbreakable - il predestinato regia di M. Night Shyamalan USA 2000
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Recensione unbreakable - il predestinato (2000)

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locandina del film UNBREAKABLE - IL PREDESTINATO

Immagine tratta dal film UNBREAKABLE - IL PREDESTINATO

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Immagine tratta dal film UNBREAKABLE - IL PREDESTINATO
 

David Dunn si salva miracolosamente da un terribile incidente ferroviario. L'unico a farcela di tutti i passeggeri. La cosa attira le attenzioni di Elijah Price affetto sin dalla nascita da una malattia rara che ne ha reso le ossa fragilissime, soggette a fratturarsi spesso e volentieri e per questo soprannominato "uomo di vetro". L'incontro tra i due porterà entrambi a delle sconcertanti scoperte...

Una vera e propria dichiarazione d'amore al mondo dei fumetti, qui omaggiati e messi al centro assoluto della narrazione, come del resto dimostrano le didascalie iniziali. "Il predestinato" (titolo originale che ha molto più senso, "Unbreakable") è venuto subito dopo l'affascinante e se vogliamo innovativo "Il sesto senso". È per questo che sicuramente ha ricevuto critiche asprissime anche se molto probabilmente non le meritava tutte, questo perché ha pagato lo scotto di seguire ad un esordio col botto del regista in suolo americano.
Tutto sommato, invece, "Il predestinato", è un'operazione sicuramente molto singolare e per certi versi davvero molto originale e particolare, visto che tenta la strada del comic-movie senza però andare a parare nel "fantastico", rimanendo in una dimensione di "normalità" narrativa ed estetica, per niente tipica del genere. Non ci sono repentine trasformazioni, fisiche soprattutto (perché quelle mentali e psichiche non mancano), non ci sono battaglie tra eroi e cattivi o lotte per salvare il mondo o nessun tipo di elemento che di solito troviamo nei film tratti dai fumetti o ad essi ispirati. Non che suddetti espedienti narrativi, regisitici ed estetici siano disprezzabili, anzi il contrario, ma l'idea di portare alla luce un film del genere cambiando completamente le carte in tavola, è sicuramente da apprezzare.

In questo caso abbiamo semplicemente la fotografia dettagliata e a tratti molto sofferta di un uomo che si accorge della sua vera natura solo grazie ad una piccola "spintarella", e di un altro uomo che ha fatto del fumetto, della sua arte e dei suoi significati tutta la sua vita. Loro sono i due opposti in tutto e per tutto: uno è nero, cagionevole oltremisura e sostanzialmente molto solo; l'altro è bianco, apparentemente indistruttibile (si accorge di non essere stato malato nemmeno un giorno della sua vita, oltre ovviamente ad essere l'unico sopravvissuto di una sciagura mostruosamente travolgente) e con famiglia a carico, seppur zoppicante. Ed è qui che cominciano i problemi, perché se i due personaggi principali funzionano alla grande (soprattutto quello interpretato da un intenso e molto convincente Samuel L. Jackson, piuttosto che il protagonista che ha il volto di Bruce Willis, in una sorta di ripetizione stanca e poco ispirata del suo personaggio precedente de "Il sesto senso"), sono i personaggi di contorno a risentire di una sorta di pesante patina di retorica, nonché di stereotipizzazione.
Al di là di questi difetti che a volte sono ininfluenti di fronte ad un film che possiede una carica dirompente per quanto attiene alla messa in scena, alla forza visiva e al coinvolgimento emotivo (tutti aspetti che sono presenti per esempio nel suo ultimo lavoro "E venne il giorno", che ha nella sceneggiatura il suo tallone d'Achille, e che invece mancano del tutto in questo "Il predestinato"), a sporcare l'ottima idea che sta alla base della pellicola arriva un twist-ending (tipico di Shayamalan che però altrove ne ha fatto un utilizzo davvero più saggio ed entusiasmante) annunciato già ad inizio film (la mamma di Elijah gli regala un fumetto dicendo che alla fine c'è un grande colpo di scena, ovvio riferimento al film stesso), ma per niente rispondente alle aspettative, risultando a conti fatti del tutto prevedibile e poco ispirato.

Alla mancanza di spettacolarizzazione per quanto riguarda l'azione e le avventure dell'eroe in questione (anche se possiamo godere di un'ottima scena d'azione in cui Bruce Willis salva la vita a due ragazzini facendoci anche conoscere la sua "criptonite" che è l'acqua), si sostituisce, invece, una vera e propria spettacolarizzazione della regia. Shayamalan è alla continua ricerca dell'inquadratura perfetta e più di una volta ci riesce eccome, in un susseguirsi di carrellate orizzontali, piani-sequenza quasi mirabolanti, inquadrature fisse da angolazioni inusuali, ralenti forse un po' troppo semplicistici (come la caduta di Elijah sulle scale della metropolitana). Da menzionare per la loro estrema bellezza i due piani-sequenza iniziali che ci presentano i due protagonisti: il primo ci mostra la nascita di Elijah e la sconcertante scoperta circa la sua malattia rara, il secondo ci introduce alla tristezza esistenziale di David, seduto sul sedile di un treno e sbirciato da una bambina che gli sta davanti. Una spettacolarizzazione registica, dicevamo, che per certi versi è straniante (come ad esempio quando il protagonista solleva 160 chili di pesi con la telecamera che segue letteralmente gli stessi su e giù), ma che è sicuramente molto apprezzabile.

Un'operazione riuscita a metà, dunque, questo "Il predestinato" che ha dalla sua parte un'idea di fondo intrigante e una regia quasi mirabolante, oltre ad un utilizzo delle atmosfere ben studiato (il protagonista si muove quasi sempre di notte e nella pioggia), ma che zoppica qui e lì per mancanza di mordente e di un impatto visivo ed emotivo.

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Recensione a cura di A. Cavisi - aggiornata al 11/11/2009

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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