Dal romanzo (1948) di Evelyn A. Waugh: giovane poetastro britannico, sbarcato a Los Angeles, si mette in contatto con Radure Sussurranti, ditta esclusiva di pompe funebri, per i funerali dello zio suicida.
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Un approccio molto singolare, in particolare con il tema della morte trattato con toni grotteschi a cui non manca tuttavia una certa soavità. Terry Southern (Dottor Stranamore per intenderci) è uno degli autori della sceneggiatura e non fa certo mancare un forte tono satirico dell'opera dove si prende di mira il modello di vita americano e i suoi variegati aspetti. Non male il connubio fra morte e mondo degli affari: anche un argomento tabù come il trapasso per l'aldilà può essere fonte di guadagno. Non mancano le trovate divertenti permeate da uno humor nerissimo, ma il film tende ad essere troppo dispersivo e perde molte volte linearità.
Perfetto! Dopo il divertentissimo "Tom Jones" Richardson riesce addirittura a superarsi. Per me questo film racchiude in germe quello che sarà il cinema ludico dei fratelli Coen. Spietato, surreale, ingegnoso, lirico. DIVERTENTE!!!!! Da vedere assolutamente. Dopo 10 minuti ero disgustato, pensavo si trattasse di un filmetto, poi accade qualcosa di simile al genio.
Tony Richardson dopo l’Oscar per “Tom Jones”, che probabilmente gli ha dato la possibilità di vedere da vicino alcuni eccessi della cultura americana, fa suo un piccolo romanzo uscito qualche anno prima e porta sul grande schermo un film di rara perfidia, dagli accentuati toni grotteschi, che satireggia il cosiddetto “american way of life”. Il regista non risparmia niente e nessuno, spara a zero su qualsiasi aspetto della cultura americana, da Hollywood e il mondo del cinema al culto dei morti, dal mondo dell’alta finanza e i suoi magnati alla corsa allo spazio, dalle abitudini alimentari al mondo del giornalismo, da certi modelli femminili e maschili all’animalismo esasperato e non solo, non salvando nemmeno gli spocchiosi inglesi che vivono in America. Il film sarebbe un capolavoro di satira cinematografica se non fosse che Richardson si fa prendere la mano (è evidente la sua fervida adesione alla tesi del film) e mette tanta di quella carne al fuoco da rendere il racconto troppo frammentario, penalizzandolo con alcuni repentini cambi di direzione nel passare da un’invettiva all’altra e nuocendo alla sua fluidità. Questo però, per fortuna, non ci impedisce di godere di quelli che sono i suoi punti di forza: la caratterizzazione dei personaggi, che in alcuni casi sfiora la caricatura, e le rispettive interpretazioni degli attori (Rod Steiger che fa l’effeminato è da non perdere!), le ambientazioni stravaganti ma anche la vivacità e l’intelligenza dell’ironia. Il finale non mi vieta di pensare che nella vicenda del protagonista ci sia un accenno autobiografico del regista.