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Il teatro di Eduardo è una girandola di emozioni, un simposio di trovate geniali e di superbe interpretazioni. Questo atto unico racchiude un po' tutto questo, l'essenza della vita, in tono farsesco e capace di coinvolgere in maniera totale, intrattenendo degnamente con interpreti e performance memorabili. Nel cast ovviamente spiccano i ruoli di Eduardo, Pupella Maggio e Monica Vitti, ma anche un giovane Vincenzo Salemme se la cava bene mostrando una certa caratura. Da tenere in considerazione, come tutto il repertorio del grande Eduardo De Filippo.
"E' la lotta del bene e del male, la crudele vittoria sui giusti da parte della insaziabile avidità della vigilanza notturna. Giorno verrà che un raggio di luce veritiera verrà a squarciare la coperta tenebrosa, disperdendo nel nulla il fetore che ti circonda. "
"Voglio dire che questo è un cappello che ha fatto il suo dovere attraverso i secoli, e lo sta facendo ancora oggi e continuerà a farlo nei confronti delle generazioni future, pure quando l'epoca dell'energia atomica sarà per gli uomini un ricordo lontanissimo."
Atto unico "alla romana" eduardiano, che nelle ultime cantate dei giorni dispari tende ad amalgamare quanto aveva in precedenza fatto e ricostruirlo secondo nuovi giochetti narrativi sempre entusiasmanti e nuovi. Dall'appartamento inondato della folla, le "voci di fuori", si assiste ad una vicenda di finta prostituzione, quindi una prostituzione mancata ma forse proprio per questo ancora più sentita per la protagonista Rita. Ricorda, questa folla che tutto segue e tutto commenta con il volgare e fastidioso cicaleccio, quella del finale di "Chi è cchiu felice 'e me". La vicenda ha relativamente di nuovo solo l'accento romano (nell'originale teatrale fiorentino) della straordinaria e bellissima Monica Vitti, interprete d'eccezione. Ancora una volta non sfugga l'ambiguità totale della vicenda, non tanto (non solo) dei personaggi: la chiusura potrebbe sembrare positiva ma in realtà si riduce ad una fuga da un cilindro a un altro. Come se nell'essere umano contasse solo l'apparenza di un cappello che per chi non ha studiato rappresenta la soggezione al potere. E come l'umanità si dividesse in cilindri più piccoli che inglobano cilindri più grossi. A pensarci bene, è inquietante. Solo apparentemente e falsamente rassicurante. Eduardo non è consolatorio, non più in queste sue ultime scritture teatrali e (per nostra fortuna) riscritture televisive. Difatti ci saranno successivamente il cinico Contratto e il suo testamento assoluto (e capolavoro assoluto) de Gli esami non finiscono mai, dove non vi è una sola luce consolatoria ma il buio dell'animo umano ingabbiato.