l'immagine allo specchio regia di Ingmar Bergman Svezia 1976
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l'immagine allo specchio (1976)

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locandina del film L'IMMAGINE ALLO SPECCHIO

Titolo Originale: ANSIKTE MOT ANSIKTE

RegiaIngmar Bergman

InterpretiLiv Ullmann, Erland Josephson, Aino Taube, Gunnar Björnstrand, Kristina Adolphson, Marianne Aminoff, Gösta Ekman, Helene Friberg, Ulf Johansson, Sven Lindberg, Jan-Erik Lindqvist, Birger Malmsten, Sif Ruud, Göran Stangertz, Tore Segelcke, Kari Sylwan, Rebecca Pawlo, Lena Olin, Bengt Eklund, Käbi Laretei, Daniel Bergman, Mona Andersson, Donya Feuer

Durata: h 2.15
NazionalitàSvezia 1976
Generedrammatico
Al cinema nell'Agosto 1976

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Trama del film L'immagine allo specchio

Jenny fa la psichiatra. Aspetta che il marito e i figli si assentino per tornare nella casa dei nonni, in cerca forse di sé stessa. Quello che invece trova è un mondo angoscioso, dove i fantasmi dell'esistenza arrivano per tormentarla. Jenny si confida con un collega ma neanche questo sembra darle sollievo. Finché, un sogno orribile...

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Voto Visitatori:   8,07 / 10 (7 voti)8,07Grafico
Miglior film straniero
VINCITORE DI 1 PREMIO GOLDEN GLOBE:
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Voti e commenti su L'immagine allo specchio, 7 opinioni inserite

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Filman  @  02/12/2020 15:17:44
   9 / 10
Depressione, disturbi mentali e traumi per Ingmar Bergman non sono soltanto un tema, ma anche una porta di esplorazione tecnica e narrativa. Anche se tutto in ANSIKTE MOT ANSIKTE (L'Immagine allo Specchio) rimane intimo, quadrato e scientifico proprio come un'analisi psichiatrica, il viaggio tra realtà e immaginazione della protagonista non può lasciare indifferenti. Il regista inquadra come mai nessun'altro gli atteggiamenti e lo status di chi è depresso e culmina questo fiume di sofferenza con il disvelamento dei traumi primordiali, dei suoi segni del tempo e di come si rimanga sostanzialmente indifferenti, aggiustando il tiro con un tocco di epicità drammatica. Un capolavoro del cinema d'autore.

massapucci  @  21/04/2014 18:37:52
   8 / 10
Mezzo voto in più per l'interpretazione della Ullmann: decisamente una tra le sue migliori. Film ottimo, imprescindibile per i fan di Bergman, ma consigliato anche per chi non abbia una particolare passione per questo genere.
Dunque: di che genere si tratterebbe? "Psicologico" è secondo me una risposta pacifica (come direbbero i giuristi).
Mentre in altri film di Bergman la tematica "psicologica" può risultare più esplicitata (vedi "Persona"), ne "l'immagine allo specchio" i dialoghi e le situazioni in generale sono più minimalisti. Ciò non toglie che, come detto, stiamo parlando di un lavoro valido.
Per concludere, quattro paroline - letteralmente - sulla regia e su Ingmar Bergman, che definisco rispettivamente: ottima, e maestro del cinema.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR elio91  @  14/10/2012 19:17:05
   8 / 10
Ancora una volta la parola "minore" da parte di alcuni critici è usata a sproposito. Quest'opera si riallaccia al Bergman più nero e deprimente, per intenderci quello "onirico" de L'Ora del Lupo o de Il Silenzio. Si alternano quindi le vicende reali della protagonista con i suoi incubi deliranti, e il regista ci fa precipitare con lei in una crisi personale e psichica nerissima, orrorifica,.
Il film è tra i più spietati della sua filmografia, accomunabile in tal senso nella crudeltà a Sussurri e grida. Insomma, come vedete diventa difficile se non impossibile non citare altro del regista perché Bergman ha la capacità unica di fare sempre gli stessi film rendendoli sempre unici, diversi a loro modo.
Se anche L'immagine allo Specchio nasce come film televisivo personalmente non ho risentito dei tagli, anzi la vicenda era già eccessivamente caricata cosi e non avrei sopportato tre ore come in Scene da un Matrimonio sinceramente...
Resta una vicenda potente, con immagini di crudezza sconcertante (dal tentato stupro ai deliri onirici di Jenny), e una prova magnifica di Liv Ullmann che si conferma attrice straordinaria qui nella sua prova forse migliore con Bergman.

Gruppo REDAZIONE amterme63  @  10/03/2011 21:30:28
   8 / 10
Bergman è troppo forte, c'è poco da fare. Incredibile come tutte le volte riesca a coinvolgere e ad emozionare trattando sempre degli stessi temi, addirittura usando quasi le stesse forme.
Ci riesce per il semplice fatto che l'animo umano è un universo estremamente vario e complesso e quasi nessuno si azzarda ad esplorarlo in profondità. Noi stessi (persone normali di tutti i giorni) siamo i primi a trascurarlo, a ignorarlo o almeno a non volerci guardare a fondo. Occorrerebbe uno sguardo impegnativo, scomodo e a volte spiacevole. Trovarsi davanti a qualcosa come un film di Bergman, che scava impietoso, che riporta a galla sensazioni, ricordi, esperienze, suscita tutte le volte tensione, sconcerto, quasi disagio. In ogni caso non lascia indifferenti, sempre che si sia predisposti a questo tipo di "esplorazione" nei meandri dell'animo e del pensiero umani (in caso contrario non si può che provare noia o fastidio). In questo film poi Bergman riesce soprattutto a tradurre in splendide immagini oniriche - ma concrete e forti - quello che è normalmente impalpabile e spirituale.
Il tema è quello della nevrosi, la quale può portare a compremettere seriamente il rapporto con il reale e persino ad atti (auto)distruttivi. E' lo stesso tema già mirabilmente trattato da Polanski in "Repulsion". Qui però il punto di vista è più complesso in quanto è soggettivo, ragionato e analizzato (seguiamo l'animo della protagonista e sappiamo tutto direttamente da lei), mentre in "Repulsion" si assisteva dall'esterno allo svolgersi dei fatti e di Carol si arrivava a sapere ben poco.
La singolarità è che Jenny, la protagonista vittima della nevrosi, è guarda caso una psichiatra, cioè una che dovrebbe curare questo tipo di disturbo psichico. Questo implica che la "razionalità" aiuta a conoscere ma non a risolvere il groviglio della propria psiche.
Cos'è che determina il sorgere della nevrosi nella protagonista? Senz'altro la solitudine, un sottile disagio interiore e poi la sensazione di fallimento sia nella vita che nel lavoro (il suo primario ammette tranquillamente il fallimento della psichiatria nel curare le persone: "le puoi aiutare ma non curare"). C'è poi il suo atteggiamento iperrazionale contraddittorio che la porta a togliere qualsiasi spontaneità e naturalezza agli atti e ai sentimenti. E' un piccolo/grande corto circuito aggravato dall'insonnia e da angosce che si materializzano nella visione (concreta e immaginaria allo stesso tempo) di una persona anziana severa e minacciosa.
A differenza di Carol che sfogava il suo disagio sugli altri, Jenny si sfoga su se stessa.
Tutta la parte del film che segue il tentato suicidio è quella più bella e affascinante. Già in "Il posto delle fragole" e "L'ora del lupo" Bergman aveva girato splendide scene oniriche. Qui si supera e ci regala delle scene oniriche angosciose e cariche di emotività (non si dimentichi che sono montate dopo che Jenny si è addormentata in seguito all'ingestione dei barbiturici).
La parte finale è carica di umanità, di esperienza, di riflessione. Tutto resta irrisolto ma almeno è più chiaro. Il fosso scuro e orribile che separava la rappresentazione di sé e il proprio essere effettivo è stato per lo meno esorcizzato e sono stati costruiti dei ponti sopra. La sofferenza, il ributtare fuori tutto il brutto e il terribile che uno ha vissuto è servito a essere più tranquilli e ad affrontare meglio e con nuovo spirito la vita.

ds1hm  @  19/01/2006 15:13:17
   7½ / 10
L'immagine allo specchio credo porti con se diversi elementi negativi. Cerco sempre di valutare l'attività cinematografica di Bergman nella sua globalità trovandomi a valutare "Il settimo sigillo" come il film che ha innescato nella sua mente quel meccanismo stupendo e quasi unico che lo ha portato ad analizzare l'uomo nel modo che ben conosciamo. Qualcosa col tempo però si inceppa e "L'immagine allo specchio" a parer mio è uno di quei film in cui viene a mancare quella spontaneità della messa in immagini. Persona, L'ora del lupo, Il silenzio sono estremamente più complicati ma si avverte scena dopo scena che non c'è nulla di forzato, di eccessivo, cosa che invece trovo in "L'immagine allo specchio". Sento che qualcosa in Bergman si va ad affievolire, che c'è qualcosa nelle immagini che vuole nascondere questa debolezza andando a ricercare rappresentazioni "estreme", evidenziando una innaturale ricerca di complessità (come l'attuale Sokurov). Semplicemente si placa quell'influsso "divino" che ti comunicava l'inesprimibile,cambiandoti di conseguenza il modo di porti nei confronti del cinema. Che sia ben chiaro,si tratta sempre di un ottimo film ma che ha la sfortuna di essere stato realizzato dopo tanti capolavori.

Crimson  @  14/01/2006 12:30:02
   8 / 10
Film bellissimo, ma dopo la visione sono rimasto con qualche rimpianto perchè forse sarebbe potuto essere migliore. Dal momento che ho visto la versione cinematografica "ridotta", mi piace pensare che le parti che in questa versione appaiono a mio avviso troppo superficiali o leggermente scollegate siano analizzate più in profondità in quella completa.
Ci sono scene davvero indimenticabili, come alcune (non tutte) delle sequenze oniriche (l'incubo del proprio funerale è bellissimo, anche se quello de "il posto delle fragole" è insuperabile). La forza del film è la protagonista Jenny, che da psichiatra passa dall'altro lato della barricata. La sua depressione è presentata in modo talmente profondo che talvolta sinceramente assume dei tratti che sconfinano (disturbo della personalità? può essere. Borderline? non credo anche se in certe circostanze m'è parso addirittura possibile). La Ullmann, in stato di grazia, probabilmente nella sua interpretazione migliore (perlomeno è quella che preferisco)! Assurda la scena in cui passa dal riso isterico al pianto disperato. Tra i ruoli di contorno, avrei preferito che il personaggio del marito fosse più coinvolto nella vicenda (anche se è una scelta quella di farlo apparire una sola volta, in modo fugace, per evidenziare la sua completa trasparenza). Grande come al solito Gunnar Bjornstrand, nel ruolo del nonnetto rimbambito.
Come il marito, anche la figlia non capisce la madre, e quindi è un personaggio negativo.
Il finale, per come è presentato, non m'è piaciuto molto per questo motivo:

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2 risposte al commento
Ultima risposta 20/01/2006 07.53.08
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Mpo1  @  24/08/2005 23:38:05
   8 / 10
Come 'Scene da un matrimonio', anche 'L'Immagine allo specchio' nasce inizialmente per la televisione. La versione integrale consisteva di 4 puntate per un totale di oltre 3 ore, mentre la versione cinematografica dura circa 2 ore. Questo fatto può spiegare alcuni squilibri e lacune nella versione corta (si fa per dire ), che è quella che ho visto io: probabilmente il film risulta più compatto e coerente nella versione integrale.
Il film racconta di una donna che sprofonda in un esaurimento nervoso, causato dal riaffiorare di ricordi d'infanzia e connesso a terribili incubi. Bergman cerca di coniugare una parte realistica con una più onirica ed inquietante (presente già in molti film precedenti, da 'Il Posto delle fragole' a 'L'Ora del lupo') ma, nonostante il fascino di alcune sequenze oniriche, non ci riesce del tutto (almeno nalla versione che ho visto io). Le tematiche del film sono cmq molto interessanti, e come sempre il film si può prestare a più livelli di lettura.
Liv Ulmann protagonista assoluta, in una delle sue migliori interpretazioni (per cui ha vinto molti premi ed è stata pure candidata all' oscar). Accanto a lei, Erland Josephson, suo marito in 'Scene da un matrimonio', che qui è l'amico bisessuale. C'è pure il glorioso Gunnar Bjornstrand che, dopo tanti ruoli importanti in precedenti film di Bergman, qui è ridotto a fare il nonno rimbambito...
Il titolo americano 'Face to Face' traduce letteralmente quello originale. Il titolo italiano mantiene più o meno lo stesso concetto, colegandosi anche a 'Come in uno specchio', precedente capolavoro di Bergman.

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