padre padrone regia di Paolo Taviani, Vittorio Taviani Italia 1977
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padre padrone (1977)

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locandina del film PADRE PADRONE

Titolo Originale: PADRE PADRONE

RegiaPaolo Taviani, Vittorio Taviani

InterpretiOmero Antonutti, Saverio Marconi, Marcella Michelangeli, Fabrizio Forte, Marino Cenna, Stanko Molnar, Gavino Ledda, Nanni Moretti

Durata: h 2.00
NazionalitàItalia 1977
Generedrammatico
Al cinema nel Novembre 1977

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Trama del film Padre padrone

A sei anni, dopo pochi giorni di scuola, Gavino viene tolto dalla classe: suo padre vuole farne il pastore delle sue pecore. A vent'anni, Gavino è analfabeta e parla solo sardo. Dopo il servizio militare inizia per lui il drammatico riscatto dalla tirannia paterna che coincide con l'acquisizione di una cultura, fino alla laurea in glottologia e alla cattedra universitaria.

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Voto Visitatori:   8,23 / 10 (15 voti)8,23Grafico
Palma d'oro
VINCITORE DI 1 PREMIO AL FESTIVAL DI CANNES:
Palma d'oro
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Voti e commenti su Padre padrone, 15 opinioni inserite

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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento emans  @  30/05/2023 23:27:46
   8 / 10
Il film mostra quell'Italia antica (spero) fatta da pastori e regimi autoritari dove la propria prole non poteva fare altro che seguire le orme paterne.

Quello che viene mostrato a volte fa parte di luoghi comuni o di cose che in ogni caso si sanno. Ma e' il modo cosi naturale con cui vengono portate al pubblico che fa impressione.

In questo i fratelli registi sono stati superbi, hanno chiuso in 2 ore di film uno spaccato vero del nostro paese.

Da vedere assolutamente.

Goldust  @  01/10/2020 12:15:16
   8 / 10
Spietato nella sua crudeltà materiale e molto fedele nella rappresentazione dell'arida vita agreste del tempo, una pellicola che mette in immagini l'infanzia e l'adolescenza a dir poco difficili che ha vissuto l'autore Gavino Ledda, qui anche attore in prima persona in apertura e chiusura del film. Più efficace di tanti saggi nel descrivere la terribile autorità famigliare di un tempo ma ancora più potente nel raccontare l'arrendevolezza di alcuni giovani nell'affrontare una vita, già segnata, fatta di privazioni ed ignoranza. Realismo allo stato puro che non può passare inosservato nè lasciare indifferenti.

DankoCardi  @  22/05/2020 23:57:06
   9½ / 10
E' "liberamente tratto" dal romanzo omonimo di Ledda...che non ho letto quindi non posso fare paragoni. I Fratelli Taviani sono dei maestri nel raccontare storie crude, sanguigne, di sangue lacrime e sudore: immaginate di avere 10 anni ed essere costretti a stare da soli in mezzo alla campagna di notte in inverno. Questo è l'agghiacciante (perchè vero) inizio che ci introduce alla vita dei pastori della Sardegna, dove la vita è l'agricoltura e la pastorizia...senza di esse non c'è vita, dove i corpi sembrano diventare tutt'uno con la terra, quella terra che non ti lascia andare nemmeno se lo vuoi con tutte le tue forze come succede al giovane Gavino, la cui infanzia è già stata rubata da una natura crudele. Da brividi il dialogo immaginario che ha con la pecora che deve mungere tentando di impedire, allo stesso tempo, che sporchi il latte con le sue feci. La Sardegna, poi, è terra di vendette ancestrali a cui non si sfugge. E sopra tutto questo incombe l'ombra del padre-padrone: spietato, dispotico e anche cattivo. Ma più va avanti la storia più ci accorgiamo che anche in questo caso non c'è scelta, il padre è costretto ad essere padrone per governare le bestie, per lavorare la terra, per sfamare la famiglia...per vivere. Lui da ai figli la stessa vita che ha avuto forse perchè in quel contesto è l'unica possibile, non si riesce a biasimarlo più di tanto. Seguiamo la storia di Gavino, ma è come se seguissimo la storia di mille altri fanciulli nella sua identica condizione come se egli fosse il simbolo dei giovani pastori sardi comandati dai rispettivi padri. Eppure per lui il riscatto arriva e lo fa con una dimostrazione che se si vuole si può anche uscire da un'isola, dall'isolamento, e realizzarsi nello studio e nella vita nel continente, cioè nel mondo, laurearsi scrivere ed avere così modo di portare a conoscenza il resto dell'Italia della condizione in cui molti sui conterranei si trovano. Ma per fare questo occorre superare lo scoglio più grande: mettersi contro il padre; sembra una favola ma è la vera storia di Gavino Ledda!
Omero Antonutti giganteggia con la sua presenza in tutto il film.
Prima apparizione cinematografica per Nanni Moretti.

Paolo70  @  30/08/2019 22:45:52
   7 / 10
Film autobiografico sul poeta Gavino Ledda. Storia drammatica che vede un bambino strappato alla scuola, privato della libertà e da un infanzia serena. Il servizio militare permettera' a Gavino d'istruirsi e divenire un poeta. Da vedere, film che fa riflettere. Buona la regia, ottime interpretazioni; mi è sembrato un po' lungo. Non è adatto per i bambini.

Oskarsson88  @  13/03/2016 04:04:40
   8 / 10
Film cattivo e cinico ma anche di rivalsa, assomiglia al neorealismo soltanto è girato 20 anni dopo quel periodo.. una Sardegna pastorale rappresentata magnificamente (e i veri sardi protestarono).. film a tratti addirittura onirico, secondo me volutamente pesante, rappresenta perfettamente un certo tipo di mentalità, e anche se a tratti il tempo non passa, è girato proprio per questo egregiamente.

Gabo Viola  @  27/11/2011 02:02:34
   8 / 10
Ho comprato il libro a Bologna in un mercatino per 50 centesimi. Scritto D-I-V-I-N-A-M-E-N-T-E. Il film è certamente ben diretto, ottimo ritmo. Attori e fotografia buone. Si vede in un breve cameo pure Moretti dopo "io sono un autarchico". Consiglio vivamente di leggere prima il libro. Mi pare, inoltre, che Gavino Ledda si sia un pochino perso, di recente ho sentito una intervista in cui, se non erro, vorrebbe che le persone parlassero mediante un linguaggio pre-pirandelliano e bla bla bla. Ma questa è un' altra storia...

Crimson  @  23/05/2011 16:04:08
   9 / 10
Un'opera straordinaria, ribelle, che pone interrogativi sull'educazione e sul concetto di libertà, e al tempo stesso mostra il potere del linguaggio e il valore del rifiuto del silenzio, ad esso connesso.
Ci sono film che per descrivere una realtà sociale particolarmente oppressiva si basano esclusivamente sulla spettacolarizzazione delle azioni repressive, sul linguaggio verbale, sulla mera descrizione di un'emotività espressa molto alta; diversamente Padre padrone arricchisce un piano di analisi di questo tipo (eccetto la spettacolarizzazione) con un magistrale substrato in cui regna sovrano un linguaggio pensato ma non espresso.
L'interiorità di Gavino e degli altri personaggi che vivono la sua medesima situazione coincide con la chiave di lettura principale del film.
Un linguaggio che resta dunque sommerso in un mondo interiore che ha il terrore di irrompere in quello esteriore, perché fin dai primi anni di vita è stato oggetto di una repressione durissima, coercitiva, animale.
La trasformazione da padre a padrone è avvenuta molti anni fa in Abramo/Efidio, quando egli stesso ha ricevuto un'educazione di quel tipo.
A tal proposito il film sembra ricordare, in un contesto diverso e decisamente più circoscritto, oltre che ancor più claustrofobico, ciò che esprime chiaramente l'ultima opera di Haneke Il nastro bianco.
La poesia delle immagini, l'approfondimento dei pensieri che confluiscono in un unico vocìo sommesso, fiume inarrestabile di emozioni turbate e di sogni fragili, restituisce la dignità della vita ai personaggi, ed è in virtù di questi elementi cinematografici che il film sembra costantemente mosso da un anelito di speranza.
Questo capolavoro dei fratelli Taviani esprime una forte necessità e un diritto inalienabile di esprimere la propria libertà.
La coscienza della propria condizione indubbiamente fatica a realizzarsi in un controllo morboso di una società patriarcale come quella descritta nel film. Tuttavia la percezione di libertà, che timida ma inarrestabile si fa strada in Gavino, è un valore innato che l'uomo sente il diritto di esercitare e il primo vero segnale è lo scambio di due agnelli per una vecchia fisarmonica. Questo strumento rappresenta per Gavino il primo mezzo per cominciare a configurare nella realtà esteriore l'oceano di sensazioni e di pensieri che lo attraversano da anni.
La musica che Gavino ha memorizzato e che continuerà a fischiettare al padre quando quest'ultimo annega in un catino la radio: quando la forza immaginifica supera quella del bastone. Questa sequenza da sola mi ha letteralmente fatto vibrare.
C'è un passaggio fondamentale nel film in cui Gavino riesce a condividere e a prendere finalmente coscienza che c'è la possibilità di costruire e affermare la propria identità mediante la fuga. Durante una processione religiosa avviene uno dei rarissimi contatti con gli altri paesani, figli e servi come lui. Al di là del contenuto agghiacciante dei dialoghi sulla loro condizione miserevole, questa scena mostra un commovente moto di ribellione, prima sommesso poi cantato in un canto tedesco da osteria: il campo lungo successivo mostra come questo canto profano si mescoli e gradualmente prenda il sopravvento su quello sacro che anima la processione. E' una scena dal forte valore simbolico che denota un momento significativo, di svolta nelle sorti della narrazione.
Il fatto che il protagonista scelga di specializzarsi proprio in Glottologia è la massima espressione simbolica dell'affermazione di una identità brutalizzata per oltre vent'anni in un mondo in cui il linguaggio, e di riflesso la comunicazione e il contatto umano, sono stati sistematicamente soffocati.
Il vocabolario rappresenta una sorta di evoluzione della fisarmonica nel tentativo strenuo di Gavino di creare una propria indipendenza.
Il protagonista ha infatti letteralmente perduto la propria infanzia e adolescenza e si affaccia alla scoperta di un vocabolario come un bambino in prima elementare, sebbene con maggior tenacia.
Come già sottolineato il film trasporta per la forza comunicativa di immagini e suoni. Il contesto bucolico all'apparenza è aspro e feroce, soprattutto per via del circuito stereotipato e fine a se stesso adottato in maniera rudimentale dal padre-padrone; e il film è molto duro come dev'essere, indiscutibilmente. Come mi ha detto qualcuno manca solo un abuso fisico del padre sui propri figli, e a quel punto penso che avremmo visto tutto ciò che dovevamo vedere, a 360°, sul significato di repressione patriarcale.
Ma il pensiero fresco e genuino, l'interesse per la cultura e l'incontrovertibile necessità di ribellione, giacendo costantemente in un piano 'altro' del film, offrono una confortante visione poetica, indispensabilmente retta, alternativa.
Un film che ha perso d'attualità, qualcuno scrive. Io penso che quest'opera vada ampliata necessariamente ad una riflessione che esula dal contesto di riferimento.
Come ha sottolineato Werner Herzog, questo è un film che ci ricorda che siamo vivi.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR Ciumi  @  06/09/2009 11:36:44
   7½ / 10
Quell’amore che impauriva il cuore, che faceva piangere, che picchiava, che faceva tremare come pecore, che ha rapito un’infanzia.
Quell’amore che è rimasto là, tra quei greggi.
Crudele come il ricordo, assassinato tra quei silenzi.
Quell’amore padrone che non è mai stato amore; e scoprire d’essere uomo e non poterlo più ritrovare.
Quel bambino se l’è portato via, per sempre… ma ancora trovare forza.. ribellarsi, allontanarsi, lottare.

tommythecat  @  28/07/2009 19:35:54
   8 / 10
Bellissimo film, cosi' fede al libro che senza di esso se ne capirebbe la metà!
nota stonata:Il doppiaggio troppo forzato, sembra di sentire la parodia della parlata sarda, che appunto non è cosi' forzata come si sente nel film. Le frasi in dialetto sono troppo scandite per essere realistiche, ed essendo io Sardo ci ho fatto caso.
Rimane comunque un ottimo film!

Gruppo COLLABORATORI SENIOR ferro84  @  03/05/2009 22:42:54
   6½ / 10
Film che risente dell'età un pò perchè ha perso quello spirito di denuncia diretta che aveva e anche perchè lo stile dei Taviani già eccessivamente tradizionale allora risulta essere desueto adesso.

Ma a parte una bellissima fotografia e delle buone interpretazioni, c'è un eccessi du conformismo stilistico e troppa fedeltà alla struttura del romanzo (fino anche a trasmettere sullo schermo certi passi).

L'elemento di forza resta la storia che sicuramente non si fa ricordare ma alcuni riferimenti al vero autore e un discutibile uso delle musiche lasciano perplessi.

Vedibile

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Ultima risposta 03/05/2009 22.43.34
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Gruppo COLLABORATORI ULTRAVIOLENCE78  @  23/05/2008 17:20:35
   8 / 10
"Padre Padrone" si inserisce di diritto tra i classici della cinematografia italiana, assumendo un'importanza notevole per la materia trattata, che ne fa una pietra miliare sotto il profilo storico-culturale, per la storia raccontata, tratta dal bellissimo romanzo di Gavino Ledda, e per la pregnanza delle immagini, sulle quali sembra riverberarsi parte dell'appassionato afflato dello scrittore sardo.
Il film dei fratelli Taviani, e ancor di più il libro di Ledda, ha il pregio di documentare in maniera realistica e senza sconfinamenti nel romanzesco una realtà che, per quanto appaia distante dalla società degli anni 50-60, attiene comunque alla contemporaneità. La vita dei paesi sardi è stata fino a poco tempo fa (e in alcuni casi è tutt'oggi) ancorata a una dimensione arcaica, e l'esperienza e la testimonianza di Gavino Ledda sono servite a rendercela nota e ad aprirci gli occhi su tutto un "modus vivendi" retrivo e abietto che ha segnato parte del tessuto connettivo sociale italiano. La battaglia esemplare di Ledda ha lo scopo di farci capire come è giusto ma soprattutto possibile ribellarsi a un sistema che si fonda sullo sfruttamento altrui. Essa assurge a epico scontro tra due mondi agli antipodi: quello barbarico della Sardegna pastorale e quello civile dell'uomo istruito, che alla fine prevarrà sul primo. Ma allo stesso tempo, l'allontanamento di Gavino dal suo paese natale e la sua "incursione" nella realtà urbana ci svelano le regole ingannevoli su cui è ordinata la società civile dove, in maniera meno brutale ma più subdola rispetto all'arcaica società sarda, persiste la tendenza dell'uomo a prevaricare il prossimo ed a dettare la cosiddetta legge del più forte, dando così luogo a una forma di suddivisione tra padroni e servi (paradigmatica, a tal proposito, è la realtà militare). Proprio questa presa di coscienza indurrà Gavino, una volta affermatosi come studioso di glottologia, a ritornare nel suo paese natale per ivi dedicarsi alla stesura di "Padre Padrone".
I fratelli Taviani hanno saputo ripercorrere egregiamente l'esperienza dello scrittore sardo: eccelse tutte le sequenze atte a presentarci la Natura dell'isola nella sua dimensione più brulla e ostica, a cui si giustappongono splendidamente il suono dello stormire degli alberi nonchè quello di tutta la fauna, che fanno calare lo spettatore nella solitudine "rumorosa" delle giornate lavorative del protagonista. A ciò si unisce una buona struttura narrativa, sobria e mai strascicata. Memorabili l'"incipit" e l'epilogo del film, in cui è lo stesso Ledda a intervenire con la funzione di spiegare le ragioni che lo hanno determinato a scrivere il suo capolavoro.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  25/12/2007 16:06:23
   9 / 10
La lotta disperata per ribellarsi da un patriarcato contadino opprimente. Straordinaria tutta la parte ambientata in Sardegna (gran parte del film) con i suoi volti, la sua terra e i silenzi della vita del pastore. Magnifico anche tutte le tappe della sua ribellione, la riappropriazione di se stesso e la recisione definitiva da quel mondo arcaico. Una storia meravigliosa premiata con la Palma d'oro a Cannes.

dgarofalo  @  14/12/2007 23:55:30
   8 / 10
io ho avuto la fortuna di leggere il libro e le emozioni che mi ha passsato il libro non me le ha date il film perche per prima cosa tutto e molto approsimato ma rimane sempre un bel film
da vedere

chiara_80  @  03/03/2006 14:46:26
   9 / 10
che bel film, anche se può apparire un pò datato (? o chissà, se con effetti diversi, e in qualsiasi livello sociale, questo film sarà ancora attuale?).

Gruppo COLLABORATORI Mr Black  @  05/11/2005 14:16:35
   10 / 10
Grande film da un grande libro. Ragazzi, la Sardegna arcaica era davvero così, incredibile ai giorni nostri....

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