the addiction - vampiri a new york regia di Abel Ferrara USA 1994
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the addiction - vampiri a new york (1994)

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locandina del film THE ADDICTION - VAMPIRI A NEW YORK

Titolo Originale: THE ADDICTION

RegiaAbel Ferrara

InterpretiChristopher Walken, Paul Calderon, Lilli Taylor, Annabella Sciorra, Edie Falco, Kathryn Erbe, Michael Imperioli

Durata: h 1.26
NazionalitàUSA 1994
Generehorror
Al cinema nell'Agosto 1994

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Trama del film The addiction - vampiri a new york

Studentessa alla vigilia della laurea in filosofia viene contagiata da una vampira di nome Casanova, traendone piacere, forze e vitalità. Sprofonda nell'abominio del sangue, contagiando uomini e donne con cui viene in contatto.

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Voto Recensore:   8,50 / 10  8,50
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Voti e commenti su The addiction - vampiri a new york, 71 opinioni inserite

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hghgg  @  16/04/2015 22:58:39
   9 / 10
Ogni tanto bisogna pure mandarla a fare in cùlo l'obbiettività. Sia chiaro questo per me è un ottimo film in ogni caso tuttavia ha anche i suoi difetti e qui non ci piove però... Però ha sempre esercitato su di me un fascino e un'attrattiva indescrivibili, catturandomi dal primo all'ultimo fotogramma, disintegrando dal mio cervello termini quali "noia" o "lentezza" fin dalla prima visione e "costringendomi" a rivederlo una bella manciata di volte, portandomi ad apprezzarlo e ad amarlo più di quanto un giudizio maggiormente lucido e obbiettivo avrebbe probabilmente concesso.

Apprezzo tutto di questo film non c'è nulla che non mi sia andato a genio e poco ci posso fare quindi mandiamo per una volta al diavolo 'sta obbiettività; questo è un film sporco e malato, allucinato e malvagio dentro e francamente della redenzione in Cristo del finale che Ferrara non può farci mancare poco me ne cale, "The Addiction" è una delle più terrificanti rappresentazioni e una delle più potenti metafore sul Male che il cinema degli anni '90 ci abbia donato.

Insomma ci troviamo di fronte ad uno dei più grandi capolavori mai realizzati nel genere "vampiresco" con tutto che alla fine qui i vampiri non sono che un tramite, un pretesto per indagare sul male che è in tutti gli uomini, un mezzo per arrivare a metafore e profonde riflessioni filosofiche-antropologiche-psicologiche, il vampirismo è solo un'allegoria del Male nella sua forma più pura e lo stesso parallelismo, geniale, tra vampirismo e tossicodipendenza non è che un primo ponte per arrivare all'allegoria più grande, quella che rappresenta in pieno gli intenti degli autori, la chiave stessa di "The Addiction" che è, appunto, l'essenza del Male (si, rigorosamente ancora maiuscolo) così come l'estrema possibilità di una redenzione, chiodo fisso immancabile in Ferrara e a dire il vero a volte, dal mio punto di vista, quasi irritante ma qui davvero poco conta.

Insomma un film ostico e complesso che è molto di più di un "film sui vampiri" che giustamente, pur con mio dispiacere, a qualcuno non è andato giù, comprensibilmente.

Dico comprensibilmente perché io per primo potrei affermare che in questo caso il binomio Ferrara-St. John ha fatto forse il passo più lungo della gamba, insomma ci sono dei momenti e dei dialoghi splendidi e profondi che rimangono impressi nella mente ma anche altri davvero troppo ridondanti in cui non si può evitare di pensare "ragazzi che sègone a due mani si sta tirando St.John qui..." questo non posso non considerarlo.

Unire vampiri e filosofia è stata una mossa ardita e ambiziosa, portare il genere oltre il genere e ad un livello di maturazione più elevato di quanto avesse già fatto Herzog con il suo nuovo "Nosferatu", questo il tentativo di St. John e di Ferrara. Non so, anzi, non credo che ci siano riusciti alla perfezione, il film a me non ha annoiato mai ma anche così è impossibile non notare la ripetitività e la non necessaria complessità filosofica un po' posticcia in parti della sceneggiatura che in altri momenti risulta invece molto efficace (il bello è che St. John non scrisse "Il cattivo tenente" perché secondo lui si poneva interrogativi troppo complessi... Eh già, perché invece questo si interroga sulla semantica di Gargamella...). In ogni caso St. John raggiungerà risultati più equilibrati e nel complesso migliori con il successivo "The Funeral" (il vero capolavoro di Ferrara ?).

La regia di Ferrara è eccezionale ma anche in questo caso si potrebbe rimproverare un eccessivo "alternativismo" che va di pari passo con la sceneggiatura. Be, non sarò io a farlo in ogni caso.
Regia strepitosa di Ferrara, sperimentale, cruda ma sempre viva, potente ed evocativa (vedi inquadratura finale, vedi straordinaria sequenza del massacro alla festa, vedi le prime reazioni della protagonista al morso eccetera eccetera) piena di idee e inventiva.
Lo stile "underground" (sotterraneo, sporco, qui ci sta tutto), i movimenti di macchina sempre coinvolgenti e a volte geniali, la capacità di costruire scene di grande impatto e inaudita potenza visiva.
Incredibile come perfino in un film con protagonisti dei vampiri Ferrara non venga meno nel ribadirci, stilisticamente e registicamente parlando, il suo amore per il cinema scorsesiano. La sua New York, seppure invasa da insaziabili e malvagi vampiri colti e disillusi, è direttamente figlia di quella altrettanto realista, tossica, cupa e piena di solitudine del Martin Scorsese di "Taxi Driver" e soprattutto di "Mean Streets" la pietra angolare dell'ispirazione del Ferrara maturo fine '80-anni '90.

Inoltre il pregio principale della regia di Ferrara in "The Addiction" è quello di riuscire a centrare perfettamente quello che a mio avviso è e sempre deve essere l'elemento portante in un film di questo tipo, in un film dove di mezzo ci sono dei vampiri: l'atmosfera. Atmosfera ragazzi, quella malsana, tossica, oscura, malefica, a volte allucinata e opprimente atmosfera che la regia di Ferrara riesce a creare e che ricopre l'intero film facendogli fare quel salto di qualità necessario e donando ai suoi assetati protagonisti quel fascino indispensabile in figure del genere.

Ferrara centra perfettamente questo aspetto, l'elemento maggiormente riuscito di "The Addiction" a mio avviso, ed è proprio grazie all'eccezionale fascino creato dall'atmosfera che tutti i personaggi del film sono risultati ai miei occhi tanto magnetici e affascinanti; è proprio l'atmosfera ad elevare l'apparizione e l'interpretazione ad esempio di Annabella Sciorra e a rendere memorabile il suo personaggio negli appena 5-10 minuti complessivi in cui compare.
L'attrice italo-americana è forse un po' più "spaesata" rispetto al resto del cast (in quanto ad interpretazione vera e propria con Ferrara andrà molto meglio in "The Funeral") e certo lontana dal contesto in cui riesce a dare il massimo (l'abbiamo vista con Lee, l'abbiamo ammirata ne "I Soprano" in tv e così via) inoltre al suo personaggio è dato un minutaggio ben ridotto eppure la regia e la direzione di Ferrara creano questa grezza e cupa "cattedrale" che riesce a conferire una grande forza carismatica a questo personaggio trasformando la Sciorra in una meravigliosa, perfetta e indimenticabile vampira. Tra l'altro è da lei che viene quella che è forse la frase che più resta impressa, la più diretta tra tante riflessioni filosofiche sparse nel film: "In sintesi: non siamo malvagi per via del male che facciamo, facciamo del male perché SIAMO malvagi". E non c'è redenzione per "quelli come loro" dice lei. Ferrara poi dice altro, scegliete voi a chi credere.

Quella strepitosa sequenza nel vicolo, la scena del primo morso, che arriva così improvvisa, come un fulmine a ciel sereno, dopo appena 5 minuti è l'esempio migliore di ciò che ho appena detto. Ferrara dietro alla mdp gioca mirabilmente con le luci e le ombre di uno scuro vicolo di New York in cui il Male sta cominciando ad agire e dona a questa strepitosa sequenza un fascino indimenticabile.

Una grande mano la da la bellissima fotografia che esalta il bianco e nero del film (scelta a dir poco azzeccata per quanto mi riguarda) cogliendo ogni sfumatura di luci e ombre, giocando meravigliosamente con i chiaroscuri e rendendo ancora più opprimenti e malate molte sequenze del film in particolare la fotografia contribuisce molto a rendere indimenticabili le sequenze più sanguinolente e violente di "The Addiction". Ecco, regia e fotografia in b/n creano mirabilmente l'atmosfera meravigliosa di cui parlavo, davvero perfetta.

Poi gli attori, centratissimi; dalle comparse (un Michael Imperioli che arriva a Ferrara dal maestro Scorsese e poi, guarda il caso insieme alla Sciorra, diventerà grande in tv con "I Soprano") alla protagonista. Ecco, la protagonista. La brava Lili Taylor in una delle sue migliori interpretazioni. In campo cinematografico la Taylor è stata una brava attrice negli anni '90, molto versatile e capace di saltare con naturalezza tra generi e stili diversissimi tra loro (prima di questo lavoro aveva recitato nello stralunato, e per me ottimo, "Arizona Dream" di Kusturica e partecipato a quel manifesto corale di satira e critica sociale altmaniano che fu ed è "America Oggi" insomma non proprio una carriera da poco). Anche qui a mio avviso è brava, lei è la protagonista del film, lei è la filosofa madre della pellicola a lei sono affidate le metafore, le riflessioni e i dialoghi più profondi. E se la cava bene, è credibile e convincente quanto basta e davvero tremenda nel suo lasciarsi andare alla malvagità, nel suo spargere il morbo del vampirismo e quindi il Male la cui origine tanto voleva comprendere. Ripeto, con lei in testa, la terrificante scena del massacro alla sua festa di laurea è qualcosa di morbosamente angosciante, una scena a dir poco disturbante e potentissima, indimenticabile.

Ma è l'evoluzione del suo aspetto ad esser stata studiata in maniera geniale. Per rendere ancora più ovvio il parallelismo "vampirismo-tossicodipendenza" durante l'evoluzione (o la degradazione) del suo personaggio Kathleen cambia non poco look e così con i suoi, necessari, occhialoni da sole, quell'acconciatura e ovviamente l'andatura e l'atteggiamento "smorto" di un vero tossicodipendente, magari di un eroinomane ecco che la Taylor quando se ne va in giro di giorno assomiglia spaventosamente al signor Lou Reed (così tanto perché si parlava di tossicodipendenza, eroina, New York e siringhe inficcate in vena), invenzione visiva strepitosa.

D'altronde l'idea stessa del rappresentare il vampirismo in parallelismo con la tossicodipendenza è assolutamente geniale (sebbene non sia questa, l'ho già detto lo so, l'allegoria principale del film ma anzi vampirismo e tossicodipendenza sono entrambe metafore del Male stesso) e qui devo citare due scene perfettamente esplicative in questo senso: Kathleen che si spara in vena una siringa colma di sangue umano e Kathleen in crisi d'astinenza dopo l'incontro con Peina. Meravigliosi momenti di cinema. A proposito di Lili Taylor, negli anni '00 si riciclerà con classe anche lei come la Sciorra e Imperioli nelle serie tv, da ricordare la sua partecipazione nel capolavoro di Ball "Six Feet Under".

Ecco, Peina. Quanto sta in scena il signor Walker Christopher con questo personaggio ? 5 minuti ? 10 a dirne tanti ? Non importa, Walken è semplicemente straordinario o come ha detto l'utente Monkeyisland prima di me sontuoso. Walken è uno di quegli attori tanto grandi che può valorizzare un intero film in 5-10 minuti ("Pulp Fiction" lo avete presente tutti no ?), per me resta uno dei più grandi attori americani di sempre perfino sottovalutato in confronto ad altri suoi colleghi verso il quale non teme il confronto. Inutile dire che lui rispetto anche alla stessa Taylor è due-tre spanne sopra e la palma del migliore se la prende lui, in appena 6-7 minuti complessivi di recitazione. Signori, la classe non è acqua. Tra l'altro Peina è un personaggio importante nei complessi meccanismi filosofici della sceneggiatura, la dimostrazione del possibile (auto) controllo del Male, di una redenzione voluta e trovata con "digiuno" e "sofferenza interiore", una strada difficile e lunga che la protagonista eviterà di seguire. Belli però i dialoghi assegnati a Walken, bella la citazione di Burroughs e de "Il Pasto Nudo" in merito all'astinenza e davvero bella la prova di questo sublime attore una volta in più vero mattatore. Un piacere vederlo recitare.

E poi càzzo Christopher Walken doveva interpretare un vampiro almeno una volta, con quella faccia...

Ultima cosa, oltre all'ovvia bella rappresentazione oscura di New York, che voglio esaltare in "The Addiction" è la colonna sonora. Vampiri, Black Music e Rap una mistura devastante. C'è molto Hip-Hop in questo film perfettamente, ed è una cosa incredibile, centrato e amalgamato con l'atmosfera oscura e malsana del film. Purtroppo a me il genere non fa impazzire eppure vengono in mio soccorso i Cypress Hill, tra i pochi gruppi del genere che apprezzo, con la loro "I Wanna Get High" (voglio essere sballato, voglio sballarmi, si insomma il leit-motiv del film, che siano droghe o che sia sete di sangue poco cambia) gran pezzo del 1993. E poi, la Black Music, il Funk, il Rythm& Blues... Gli strepitosi titoli di testa aperti da un pezzo da sturbo, per l'appunto "Addiction" scritta da Eddie Kendricks e interpretata dallo stesso Kendricks in duo con David Ruffin, due pilastri della Black Music e due dei fondatori dei mitici Temptations, tra i primi ad unire l'R&B e il Funk con la psichedelia creando un connubio devastante.

Colonna sonora perfetta quindi in aggiunta a tutto il resto.

E allora confermo che se proprio vogliamo ridurre "The Addiction" ad un film sui vampiri allora siamo di fronte ad uno dei capolavori assoluti del genere.

Adoro questo film, lo trovo meraviglioso ed irresistibile e pazienza per qualche eccessiva velleità filosofica e qualche ridondanza di troppo, qui siamo davanti a grande cinema e la scena del massacro alla festa di laurea resta tra le più grandi scene, questa si, Horror di tutti i tempi.

Lo adoro, è un capolavoro e davvero questa volta si fòtta l'obbiettività.

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Ultima risposta 17/04/2015 14.23.39
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