Recensione bird regia di Clint Eastwood USA 1988
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Recensione bird (1988)

Voto Visitatori:   8,38 / 10 (38 voti)8,38Grafico
Voto Recensore:   9,50 / 10  9,50
Miglior sonoro
VINCITORE DI 1 PREMIO OSCAR:
Miglior sonoro
Miglior regista (Clint Eastwood)
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Miglior regista (Clint Eastwood)
Miglior attore (Forest Whitaker)
VINCITORE DI 1 PREMIO AL FESTIVAL DI CANNES:
Miglior attore (Forest Whitaker)
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locandina del film BIRD

Immagine tratta dal film BIRD

Immagine tratta dal film BIRD

Immagine tratta dal film BIRD

Immagine tratta dal film BIRD

Immagine tratta dal film BIRD
 

"I cartoni, l'unica forma d'arte nata in America... Il jazz non conta, troppe note"
("I Simpson", Episodio 16, 15a Stagione)

Il jazz è un genere musicale, ma non solo. È uno stile, un atteggiamento, un'attitudine. Il jazz è libertà e abnegazione, si nutre delle radici di chi lo suona e ne diviene prolungamento, coscienza e volontà, nonché ragione d'essere.

"Nasce" ufficialmente a New Orleans, nei primi anni del novecento, nelle sale da ballo e nei piccoli locali notturni.

Viene portato in giro per l'America degli anni venti dalle prime Big Band, le grandi orchestre, che ne aumentano in modo considerevole la popolarità. E non si ferma. Il jazz si evolve e cambia, tant'è che intorno al '45 vive la sua prima rivoluzione, quella che gli porterà fortuna e il primo vero successo, facendolo letteralmente esplodere: tale rivoluzione verrà chiamata "bebop".

E in un certo senso il bebop è anche Charlie Parker.

Il bebop sorse inizialmente come movimento "elitario, nero, tutto sommato di nicchia"1. Portato in giro per gli Stati Uniti, acquisì in breve tempo fama e un primo discreto successo di pubblico, nonostante l'iniziale refrattarietà della gente.

Charlie Parker, detto Bird ("yardbird", uccello da cortile, come a ricordare le sue radici umili), ne fu non solo uno dei protagonisti ma, soprattutto, uno dei maggiori artefici. La sua destrezza al sax, le capacità tecniche e compositive, la velocità d'esecuzione nonché la vita tormentata (conclusasi a 34 anni) lo fecero divenire una leggenda.
Tant'è che nel 1988 uno dei più classici cineasti americani in circolazione decise di fargli omaggio, a modo suo e attraverso la forma d'arte che meglio li competeva. Nacque così "Bird", quindicesimo film del regista Clint Eastwood.

"La musica è la tua esperienza, i tuoi pensieri, la tua saggezza. Se non la vivi, non verrà mai fuori dal tuo strumento".
(Charlie Parker)

"Bird" è un "biopic" che racconta i fatti salienti della vita del grande musicista tra palco, tournee e ospedali, fino alla sua morte il 12 marzo del 1955. Ne racconta pregi e difetti, arte e dissolutezza, dimostrando, tra l'altro, che il binomio "genio e sregolatezza" non è sempre uno stupido luogo comune.
Eastwood, ammiratore di Parker fin dall'adolescenza, si pone in maniera molto personale nei confronti di un progetto a cui si sarebbe voluto dedicare già da molto tempo prima.
Grazie alla sua familiarità con le sette note e ad un'attitudine registica molto vicina al jazz, riesce ad orchestrare un film complesso, mai banale, che evita il melodramma a favore di una lettura cupa e decisa, quasi crepuscolare, del personaggio.
Dipinge, grazie ad una fotografia che alterna toni lugubri e claustrofobici a quelli più solari (il matrimonio ebreo e il lungo flashback sul tour nel sud degli States) e ad un incedere lento ma inesorabile scandito dall'alternarsi di passato e presente, il dramma di un artista, un mito che prima di tutto era un uomo.

Al centro del film troneggia il rapporto tra Charlie e sua moglie, Chan Parker (Diane Venora), chiaro fin dalle primissime scene. Evitando toni eccessivamente melò, Eastwood lo racconta in modo asciutto, mettendo in evidenza le continue incomprensioni, le sfide, le lotte e le dichiarazioni d'amore. Il tutto al di là di ogni differenza, pregiudizio o lutto, rivelandosi chiarificatore sulla personalità tormentata di questo strano ed "eterno adolescente", refrattario tanto all'autorità quanto alle regole.

Di contorno, ma non meno importanti, ci sono i volti e i gesti dei comprimari, pronti a raccontare Bird in maniera indiretta ma corale: come non ricordare gli sguardi solari e sorridenti di Dizzy Gillespie (interpretato da Samuel E. Wright), grande trombettista bop, cervello del movimento, che rivolge al suo socio e amico mentre sono assieme sul palco e che nel privato diventano preoccupati e duri ma mai crudeli, più espressivi di mille parole. O gli occhi pieni di ammirazione del trombettista Red Rodney (Michael Zelniker), che lentamente si perdono nel vortice terribile dell'eroina, via via sempre più increduli e stanchi.

Meglio di qualsiasi personaggio, è la musica però a raccontare veramente Bird, nel suo essere sia uomo che artista. E i due aspetti, come viene detto in una battuta del film, non sono prescindibili l'uno dall'altro.

"Se potessimo udire tutti i suoni esistenti, impazziremmo".

La colonna sonora, curata da un bravissimo Lennie Niehaus, si divide tra momenti live, in cui la mimica di un realistico e perfettamente in parte Forest Whitaker (nel suo primo ruolo da protagonista) non fa rimpiangere quella del suo alter ego di celluloide, e momenti di accompagnamento alle scene, dove appare più soffusa e meno ipertesa, rappresentando l'aspetto più lirico di Parker, degna raffigurazione sonora degli stati d'animo.

Ed in fondo la musica è stata l'unica risorsa di questo artista, persona intelligente e musicalmente colta, tanto geniale sulle scene quanto mediocre fuori da queste, dove non si distingueva facilmente da un drogato o un ubriacone qualunque. Due espressioni di una personalità complessa e perpetuamente afflitta, raccontata senza giri di parole; la biografia di un martire, del jazz e di un movimento come il bebop, di cui fu cuore più che anima, che fini per consumarsi ed essere consumato (dallo show business, che non gli diede il giusto tributo in vita, lasciandolo perennemente in bolletta).

Attraverso un sapiente uso del flashback, il film acquista dinamismo e si muove emotivamente per quasi due ore e mezza, sviluppandosi e finendo per richiudersi su se stesso. Parte per non arrivare mai, scena dopo scena, scala dopo scala, veloce come la musica che racconta e lento nei momenti più intimistici. Si rivela anche efficace ritratto di un'epoca, sfiorando i temi del razzismo e della gerarchia sociale.

"Età apparente: 65 anni!"
"Ne aveva 34..."

Charles Parker Jr morì a 34 anni sul divano della baronessa Nica, mecenate sua e di molti altri artisti dell'epoca.

Per tutta la sua vita fu afflitto da ulcera e problemi al fegato, dovuti soprattutto alla dipendenza da eroina e alcool. Il medico legale che effettuò l'analisi preliminare sul suo cadavere, affermo che il suo era il corpo di un sessantacinquenne.

Scritto da Joel Oliansky, "Bird" più che una semplice biografia su pellicola è un film che parla di arte, dei suoi misteri e della sua forza. Un omaggio non solo ad uno dei più grandi sax contralto della storia ma a tutta la musica e a tutti i musicisti, che si esibiscano questi su un grande palco o in una bettola, sotto un ponte o nel salotto della propria casa. Non c'è disincanto, né patetismo. E quando il sipario si chiude le note di Parker continuano a librarsi nell'aria, perché "Bird Lives!"2, Bird è ancora vivo!


1Tratto da Wikipedia.
2 Scritta apparsa su un muro di New York dopo la morte del sassofonista.

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Recensione a cura di Zero00 - aggiornata al 18/12/2009

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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