Recensione cacciatore di teste regia di Costa-Gavras Francia, Belgio, Spagna 2005
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Recensione cacciatore di teste (2005)

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locandina del film CACCIATORE DI TESTE

Immagine tratta dal film CACCIATORE DI TESTE

Immagine tratta dal film CACCIATORE DI TESTE

Immagine tratta dal film CACCIATORE DI TESTE

Immagine tratta dal film CACCIATORE DI TESTE

Immagine tratta dal film CACCIATORE DI TESTE
 

Che la Francia sia molto attenta al mondo del lavoro e alle sue ripercussioni sul sociale è noto da sempre (vedasi le dimostrazioni di piazza degli ultimi tempi che hanno tenuto banco sui quotidiani internazionali).
La cinematografia, da par suo, soprattutto nell'ultimo decennio, ha sfornato alcuni interessanti prodotti sull'argomento lavoro, pellicole forse di nicchia ma che analizzano in maniera puntuale e precisa un'esigenza, una dolenza. Così ecco storie sulle 35 ore e le relative conseguenze, sulla mancanza di posti di lavoro e soprattutto sulla disoccupazione di una fascia di popolazione da sempre considerata portante. A causa di ristrutturazioni aziendali molti uomini e donne ancora nel pieno degli anni (generalmente intorno ai quaranta), si ritrovano all'improvviso privi di occupazione e costretti a ricominciare tutto da capo.
Le conseguenze di questa situazione sono spesso drammatiche, quasi sempre traumatiche.

E' da questo spunto che parte il film di Costa Gavras, regista di origine greca da sempre autore di pellicole di forte impatto sociale e politico. Stavolta il percorso scelto da Gàvras è quello dell'humour nero.
In francese il titolo originale è "Le couperet" cioè la mannaia che cade improvvisamente sulla testa di Bruno, (José Garcìa) il protagonista, quando si trova a perdere il proprio lavoro dopo sedici anni di onorato servizio, in italiano invece si è voluto dare un titolo volutamente ambiguo "Cacciatore di teste" appunto ammiccando maliziosamente, e con la scelta del doppio significato, a quello che Bruno decide di fare con i rivali di eventuali nuovi posti di lavoro.
La vita del protagonista nella sua personale discesa agli inferi psicologica è seguita dal regista con occhio attento.
Agiatezza, una bella casa, una famiglia amorevole: elementi solidi che vengono meno facilmente se mancano le basi su cui si erano costruiti i pilastri.

La crisi spirituale e psicologica arriva in fretta dopo alcuni anni di stasi. Bruno decide, con la freddezza tipica di chi è disposto a qualsiasi cosa per ottenere il suo scopo, di fronteggiare il suo problema in modo sicuramente atipico.
Novello Monsieur Verdoux è convinto di combattere una guerra giusta e infatti così come il vecchio personaggio interpretato da Chaplin anche Bruno, pur nella sua fredda spietatezza non appare mai spregevole allo spettatore né tanto meno degno di biasimo o riprovazione anche perché (paradossalmente) lui segue letteralmente le leggi di mercato. Le sue azioni vengono mostrate allo spettatore con l'occhio distaccato dell'osservatore eppure destano solo sgomento per un grave problema sociale che sta investendo sempre più i paesi cosiddetti "avanzati".
La globalizzazione, le leggi di mercato stanno portando indietro l'umanità (nel senso più ampio del tempo umano=comprensivo, capace di capire, empatico) di millenni se si è pronti a tutto pur di ottenere qualcosa, pur di vivere in un certo modo ergo di "sopravvivere".
C'è molto da comprendere in questo duro film di Costa-Gavras al di là degli spunti comici, della bravura dell'ottimo José Garcìa (attore di nazionalità spagnola), difficile però che si riesca a migliorare, a dire no al sistema visto che volenti o nolenti ognuno ne è vittima o, per dirla con John Donne, "la campana suona per tutti".

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Recensione a cura di peucezia - aggiornata al 05/05/2006

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