Recensione destinazione terra regia di Jack Arnold USA 1953
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Recensione destinazione terra (1953)

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Miglior attrice debuttante (Barbara Rush)
VINCITORE DI 1 PREMIO GOLDEN GLOBE:
Miglior attrice debuttante (Barbara Rush)
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locandina del film DESTINAZIONE TERRA

Immagine tratta dal film DESTINAZIONE TERRA

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Siamo nella primavera del 1953, un UFO infuocato dalle apparenze di un meteorite rimbomba e illumina il cielo di notte e cade ai bordi di un deserto nei pressi della ex miniera Excelsior, vicino alla cittadina di Sand Rock, in Arizona.
La traiettoria è seguita visivamente nell'ora di mezzanotte da due giovani amanti, proprio mentre stanno per separarsi: sono John Putman, scienziato solitario e molto riservato, idealista, astronomo dilettante e la sua donna, Ellen Fields, innamorata, bella e intelligente.

Stupiti e sbigottiti dall'evento straordinario i due accorrono sul luogo dell'impatto con l'elicottero di un amico e vengono a trovarsi di fronte a un cratere di mille metri di diametro che li lascia completamente ammutoliti. Putman, scendendo verso la base del cratere nei pressi dell'oggetto misterioso, scopre che si tratta di una navicella spaziale a forma di sfera, stranamente illuminata, con un ingresso esagonale aperto, ospitale, che lascia generosamente intravedere all'interno complesse e inusuali strutture tecnologiche.
Ma Putman all'improvviso, sfiorato dai sassi di una paurosa frana, rischia la vita. In preda al panico ritorna a grandi energie in cima al cratere dove lo aspettano ansiosi l'amante e il pilota dell'elicottero, che pur felici di vederlo vivo rimangono però scettici sulla verità del racconto da lui riportato. Putman non sarà neanche creduto in paese dai suoi numerosi conoscenti né dallo sceriffo.

Nei giorni successivi diverse persone del luogo scompaiono misteriosamente. Quando qualcuno ricompare, appare strano, assente, irrigidito negli sguardi, spento nelle idee e nel comportamento. Si saprà in seguito che quel tipo di persona è il frutto di clonazioni umane, le cui personalità non sono altro che quelle degli invasori.
I clonati vengono usati per riparare l'astronave con utensili creati dall'uomo ma anche per consentire agli extraterrestri di mostrarsi al mondo in una forma esteticamente accettabile, simile alla razza umana. La mostruosità dei corpi degli extraterrestri è infatti sconvolgente, eccessiva, tale da poter creare nelle persone che li vedono dei gravi shock psicologici.

Lo sceriffo della zona, fatta esperienza di quanto stava accadendo, si convince sempre più che il racconto dello scienziato Putman è vero. Ma i propositi dello sceriffo verso i cosiddetti alieni sono negativi, razzisti, malvagi, bellicosi; sia perché lui è diffidente per natura sia perché, come uomo di legge, vuole mettersi al riparo da ogni rischio che metta in qualche modo in pericolo la sua efficienza nel lavoro. Lo sceriffo rimane sordo alle richieste di Putman, che pur è entrato in contatto linguistico con gli extraterrestri e che cerca di rassicurare lo sceriffo sulle reali intenzioni degli invasori, esseri evoluti e pacifici.

Gli stranieri extragalattici, precipitati per sbaglio sulla Terra, intendono solo riparare un serio guasto dell'astronave e poi ripartire per ritornare nel loro mondo. Riuscirà Putman, scienziato di grande sensibilità umana e onorabilità scientifica, convinto pacifista, ad evitare uno scontro con gli extraterrestri e a far liberare gli ostaggi terrestri relegati per precauzione dagli invasori nell'astronave?

"Destinazione Terra", è un bellissimo film statunitense di fantascienza, uscito nel 1953 e girato in bianco e nero. L'opera è ben riuscita nel suo ritmo narrativo, soprattutto se si tiene conto delle grosse difficoltà di codifica visiva che questo genere di film di solito incontra. L'esposizione dei fatti e delle emozioni si avvale di meccanismi originali e semplici che giovano al racconto rendendolo sempre interessante, scorrevole e coinvolgente. Si tratta di un film caratterizzato soprattutto dall'equilibrio espressivo dell'insieme scenico, da una geniale combinazione tra effetti realistici e fantastici che si fondono senza lasciare scorie di alcun tipo.

La pellicola per un certo periodo è stata introvabile; oggi restaurata è da considerarsi un cimelio storico di sicuro pregio artistico e filosofico. Ha una espressività fotografica che si pone sovente sopra le righe per nitidezza delle inquadrature, per la luce, il contrasto e la profondità di campo; quest'ultima priva di rumori di fondo e accorciata solo quando voluto dall'operatore, per ottenere effetti legati al tipo di contesto scenico in gioco. Il film è diretto dallo statunitense Jack Arnold (1916-1992), che girerà nel 1954 un altro film cult: "Il mostro della laguna nera".

Questo film è anche famoso per l'inversione di tendenza del messaggio filosofico, quello più profondo racchiuso tra le righe dei dialoghi e delle scene, che è indubbiamente positivo rispetto a un abitudinario modo, all'epoca molto diffuso, di rappresentare l'extraterrestre come una creatura negativa. In questo film il cattivo di turno è il terrestre, quello rivestito del potere poliziesco, rappresentato dallo sceriffo di San Rock con i suoi cittadini facilmente suggestionabili.
Il buono è senz'altro il brutto invasore con un occhio solo che, bisognoso d'aiuto, cerca invano un dialogo con le persone terrestri più rappresentative. Solo lo scienziato Putman, vera istanza critica della coscienza umana di quel luogo, si adopererà, rischiando la vita, per garantire la pace, nonché per l'acquisizione delle nuove conoscenze scientifiche in gioco con la presenza della tecnologia aliena. Egli cercherà con grande slancio di favorire il ritorno a casa dei pacifici invasori.

Negli anni '50 una delle paranoie dell'immaginario collettivo americano era caratterizzata, a causa della paurosa Guerra Fredda tra i due blocchi contrapposti Russia-Stati Uniti, dal terrore dell'invasione aliena comunista o dal lancio di missili e bombe sempre più sofisticate e micidiali da un paese all'altro. Ne risentivano sia i temi dei film che della letteratura che proponevano, anche in modo geniale, argomenti segnati dallo spionaggio, dalla paura e dall'odio.

Questo film prova a mettere in discussione una delle ideologie dominanti, attribuite abitualmente dai produttori hollywoodiani al proprio paese natio (gli Stati Uniti), cioè quella basata sull'idea, supposta in buona parte realizzata, di una giustizia uguale per tutti legata all'efficacia della democrazia americana. Il regista Arnold critica una certa mentalità dogmatica, estremizzando e mettendo al centro della narrazione uno sceriffo isterico sostenuto da paesani collerici, che anziché cercare un dialogo con degli ospiti sfortunati, seppur diversi come potevano essere i cittadini provenienti da un mondo sconosciuto, decidono di eliminare ogni paura e sospetto con la violenza.
Il male allora non è più importato ma ben presente nel proprio paese natio. Esso assume le vesti di un pregiudizio cieco senza possibilità di appello, che fa del proprio territorio un mito, una madre terra, la quale chiude le sue creature nel suo seno, autonoma, e che basta a se stessa, in quanto ritiene erroneamente di avere già tutto. Solo la scienza, priva per costituzione interna e statuto etico di ogni pregiudizio (rappresentata nel film dallo scienziato Putman) riesce a rompere con certi schemi famigliari e passa all'azione, perché essa per crescere ha bisogno di confronti e scambi culturali ad ampio raggio.

E sarà inevitabilmente Putman a tentare di risolvere il conflitto terrestri-alieni, con il suo bisogno di apertura verso il nuovo, agendo sopratutto con la sua curiosità scientifica, l'amore per il sapere, la concretezza dei propri orizzonti etici, capaci di dettargli coerentemente comportamenti completamente diversi, di grande diplomazia, una diplomazia alimentata e sostenuta dall'amore verso il prossimo di Putman, cristiano inconsapevole, che presta aiuto a degli esseri extragalattici che non conosce, bisognosi e sofferenti come non mai.

La cristianità del film appare in diversi punti del racconto: all'inizio, nella relazione colpevole dei due amanti che temono di essere mal giudicati in paese perché non sposati né proprio fidanzati, poi nel ruolo di Putman che porta avanti l'idea di un aiuto disinteressato, tutto a proprie spese, di cui non rimarrà gloria, traccia fisica, né credibilità certa.
E' un amore quello dello scienziato Putman veramente cristiano, perché in buona parte dovuto; un amore che a un certo punto va al di là del piacere scientifico, della soddisfazione di una propria ambizione legittimata dagli studi e quindi a lungo coltivata, per diventare amore mistico, pura follia religiosa, trascendenza abbagliante verso l'infinito dischiuso dalla presenza degli extraterrestri, esseri totalmente diversi che fanno immaginare contemporaneamente la piccolezza dell'uomo e la sua inutilità nell'universo, la sua grave assenza nel mondo extragalattico e la chiusura provinciale del pianeta Terra, un mondo ancora povero di quei mezzi scientifici in grado di far aprire le menti dei suoi abitanti, trasportandoli verso nuove frontiere del cosmo.

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Recensione a cura di Giordano Biagio - aggiornata al 13/01/2011 11.10.00

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