Recensione exiled regia di Johnnie To Hong Kong 2006
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Recensione exiled (2006)

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locandina del film EXILED

Immagine tratta dal film EXILED

Immagine tratta dal film EXILED

Immagine tratta dal film EXILED

Immagine tratta dal film EXILED

Immagine tratta dal film EXILED
 

Macao 1998, a pochi mesi del passaggio di consegne tra i governi portoghese e cinese che provocherà la fuga di tutti quelli che hanno fatto fortuna e che temono di perdere il loro potere sotto il governo cinese. Wo è appena tornato con sua moglie e il loro bambino di un mese, dopo anni di vagabondaggio per sfuggire alle conseguenze del suo tentativo di uccidere il boss Fay.
Ovviamente appena messo piede in città le conseguenze si manifesteranno sotto l'aspetto dei suoi vecchi colleghi. Due di loro sono sotto casa sua con l'incarico di ucciderlo e altri due con quello di proteggerlo.

Trentasei ore prima di andare in pensione un vecchio commissario assiste impotente, e anche con una buona dose di vigliaccheria, alle sparatorie che si consumano nel suo quartiere. La conta a rovescio per la tanto agognata pensione si consuma per strada, ma al riparo di un'auto, al cui interno gli spari arrivano attutiti. E alla fine saranno stati giorni tranquilli in cui non sarà stato affatto necessario scendere dall'auto.
In queste ore, scandite dai silenzi che amplificano il suono delle pallottole, i quattro killer mandati a fare da protettori e da assassini del loro vecchio compagno faranno in modo di complicare ulteriormente la faccenda. E se dapprima c'era un boss arrabbiato e un killer sulla lista delle esecuzioni, poi ci saranno cinque fuggiaschi in cerca di soldi facili e con l'incredibile sfortuna di incappare ogni tre passi nel loro mandante e nemesi: il corrotto boss Fay.

La vasta filmografia di Johnnie To conta molti bei film, alcuni meno riusciti e qualche vero capolavoro. Questo è uno dei migliori, ogni meccanismo è perfettamente oliato e il tutto funziona a dovere. Una regia perfetta, un cast affiatato e convincente per una trama che regge bene le due ore e si posiziona tra i migliori della produzione del regista di Hong Kong.

In "Exiled" molti dei temi cari al regista sono presenti, come è per la gran parte dei film prodotti dalla Milkyway Image, casa di produzione che To ha fondato insieme a Wa Ka-Fai alla fine degli anni '90 e che da allora ha sfornato senza tregua ottimi film e qualche pellicola che, se non proprio riucita si può almeno definire originale.
L'amicizia e la lealtà nei confronti dei colleghi è il punto focale di questo racconto corale e disilluso, in cui il boss non è certo un buon esempio per i suoi sottoposti, e non tutti hanno le idee chiare su quello che conviene fare. A volte toccherà affidarsi a una moneta, al caso o anche ai sentimenti che, repressi dapprima dovranno per forza esplodere poi.
La poetica dell'antieroe alla Peckinpah è un altro dei cardini della narrazione, e tutti i protagonisti ne saranno in qualche modo ammantati. L'esilio del titolo è in primo luogo mentale. Nessuno dei personaggi ha un posto dove andare e quelli che ce l'hanno lo perderanno subito. Del resto la direzione è solo un dettaglio, e il caso spesso sarà complice dei più deboli. Una prostituta senza nome avrà la fortuna che manca a tutti i protagonisti della storia, e alla fine quel che conta è che tutti sentano di aver fatto la cosa giusta.

Il tempo scandito dalle ore che separano il poliziotto dalla consegna del distintivo, come quello che separa la ex colonia dall'assorbimento nell'abbraccio della madre Cina, è talmente rarefatto da risultare lentissimo, ma allo stesso tempo saturo di contenuti che si fatica a seguire. E quando l'orologio del poliziotto suona per segnalare la fine del mandato e casualmente anche quella delle ostilità, il sorriso soddisfatto dei protagonisti farà capolino anche sulle labbra dello spettatore meno avvezzo alla poetica della sconfitta.

Ma la parte più avvincente, come spesso accade con To, è la coreografia delle scene d'azione. Vera e propria firma del regista è in questi frammenti che si coglie il talento estetico e la capacità assolutamente superiore di raccontare per immagini senza mai neanche l'ombra dell'ausilio di un qualche commento verbale. L'uso sapiente di tende, porte o quant'altro serva a creare spazi resi flessibili dal movimento e colmi di pallottole e di svolazzanti pistoleri rende poetica la semplice rappresentazione del confronto primordiale: quello tra buoni e cattivi. E spesso i cattivi vivranno solo qualche minuto in più dei buoni. In definitiva si tratta di molta fatica per nulla. Neanche la soddisfazione di sopravvivere al nemico. Solo quella di soccombere insieme, in una celebrazione della distruzione totale come unico fine di chi non resterà a godere dei frutti di tanto affannarsi.

Il cast è composto tutto da attori piuttosto famosi, e che in alcuni casi hanno già lavorato con To.
Simon Yam, già in "Election" ("Hak se wui" 2005), "Election 2" ("Hak se wui yi wo wai kwai" 2006), "Breaking News" ("Daai si gin" 2004) e successivamente in "Sparrow" ("Man jeuk" 2008), è un convincente boss Fay, cattivo quanto basta e decisamente diabolico in alcuni momenti. Nick Cheung, anche lui in "Election" ("Hak se wui" 2005), "Election 2" ("Hak se wui yi wo wai kwai" 2006), "Breaking News" ("Daai si gin" 2004), è lo sfortunato Wo, dolente catalizzatore delle sfortune dei suoi ex colleghi e causa involontaria del precipitare degli eventi. Mentre Francis Ng è Tai, e non sarà mai più così, è completamente a suo agio con la sua espressione perennemente allucinata, che rende al meglio la follia di chi vive uccidendo.
Anthony Wong, un veterano degli action di Hong Kong, si cita per tutti la trilogia-capolavoro "Infernal Affairs" ("Mou gaan dou" 2002, "Mou gaan dou II" 2003, "Mou gaan dou III: Jung gik mou gaan" 2003) è Blaze, vero direttore d'orchestra nella stupenda partitura per tende e pallottole che Johnnie To spesso nasconde all'interno dei suoi film meglio riusciti.

E seppure con un inspiegabile ritardo di tre anni, finalmente anche lo spettatore italiano potrà godere appieno di un imperdibile esempio della leggendaria capacità del regista di Hong Kong di coniugare sapientemente una grande recitazione con una coreografia indimenticabile, col risultato di farci amare anche i più sfortunati tra i suoi protagonisti, lontani anni luce dagli indistruttibili pupazzi degli action americani.

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Recensione a cura di Anna Maria Pelella - aggiornata al 22/06/2009

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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