Recensione grazie, signora thatcher regia di Mark Herman Gran Bretagna 1996
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Recensione grazie, signora thatcher (1996)

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locandina del film GRAZIE, SIGNORA THATCHER

Immagine tratta dal film GRAZIE, SIGNORA THATCHER

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Immagine tratta dal film GRAZIE, SIGNORA THATCHER

Immagine tratta dal film GRAZIE, SIGNORA THATCHER
 

Una delle principali attività economiche inglesi è stata per secoli l'estrazione del carbone, che ha dato lavoro a intere generazioni di lavoratori ed è stata, tra la fine del 700 e l'inizio dell'800, insieme alla macchina a vapore, uno dei principali fattori che hanno contribuito allo sviluppo industriale del paese, provocando cambiamenti in tutti gli aspetti della vita umana e la nascita dell'industria moderna.
Una rivoluzione tecnologica che ha comportato trasformazioni sociali ed economiche profonde, sempre più rapide ed in continua evoluzione, facendo dell'Inghilterra una potenza mercantile, marittima, coloniale e militare solida e temuta in tutto il mondo.
Tutto questo fino a quando, nel 1985, la politica economica, liberista ed antisindacale, attuata dal governo conservatore del primo ministro, signora Margareth Thatcher, non ha avviato un processo di smantellamento dell'industra carbonifera, provocando la chiusura selvaggia di oltre 140 miniere e, conseguentemente, la perdita del posto di lavoro per oltre 250.000 minatori.

Il piccolo capolavoro di Mark Herman narra, appunto, la storia (o un campionario di storie) di un gruppo di questi "umiliati ed offesi" che persero il posto e la dignità, con conseguenze devastanti per le persone e le loro famiglie.
Siamo nel 1989 nel villaggio di Grimley, nello Yorkshire, (una cittadina inesistente, immaginata da Herman come emblema e simbolo di tutte le cittadine del Nord dell'Inghilterra e del Galles che subirono le "cure" della Lady di ferro), in cui, dopo decenni di modesto benessere, dovuto allo sfruttamento della locale miniera di carbone, improvvisamente, sconsideratamente e cinicamente, intere famiglie si ritrovano gettate sul lastrico dalla dissennata politica governativa (da qui l'ironico titolo italiano "Grazie, signora Thatcher"; mentre il titolo originale inglese, "Brassed Off", significa letteralmente "cacciati via", ma allude anche agli ottoni, lo strumento principe della banda musicale di Grimley).
Lo sciopero dei minatori del 1984 è solo un brutto ricordo, ma non per gli abitanti di Grimley, che vivono sulla loro pelle le conseguenze della politica della signora Thatcher e si aggrappano a quelle miniera che, per quanto ancora produttiva, è considerata obsoleta ed antieconomica e, quindi, destinata a scomparire.
Per gli uomini le giornate a Grimley trascorrono tra il lavoro in miniera e le serate al pub con gli amici a bere una birra, ma sono le prove della banda musicale che determinano le maggiori soddisfazioni per quegli uomini; perchè per loro, alle soglie del licenziamento, la musica rimane lo spirito che sostiene il gruppo e l'unico antitoda alla depressione e allo sconforto.
Accanto alle lotte delle donne per evitare la chiusura della miniera, la Grimley Colliery Band rappresenta l'ultimo baluardo di una smarrita autostima, ma anche la forza dell'intero gruppo e l'espressione più autentica tra la dimensione lavorativa e la dimensione ludica dell'intera comunità che, nonostante tutto, ha ancora la forza di un sogno di riscatto che li porterà a farsi "sentire" a Londra, non solo con la forza degli ottoni ma anche con la forza della parola che dà corpo e voce ai drammi della disoccupazione, simili ai molti drammi che, ancora oggi, si consumano ogni giorno.

Danny (lo straordinario Pete Postlethwaite, il padre di Daniel Day Lewis, in "In nome del Padre") il vechio leader e anima della banda, ha i polmoni irrimediabilmente consumati dalla silicosi, ma non per questo, alle soglie del licenziamento, ha perso l'entusiasmo e la voglia di far musica.
Gli altri componenti, invece, non riescono a condividere lo stesso entusiasmo e pensano di abbandonare, un po' perchè la mancanza di fondi rischia di compromettere la loro partecipazione ad un'importante gara, e molto perchè lo spettro della disoccupazione smorza gli entusiasmi e mina la loro vita quotidiana e gli stessi affetti familiari.
Ad esempio Phil, il figlio di Danny: una famiglia da mantenere e la vita rovinata dagli strozzini; poi c'è Andy (ancora una bella prova di Ewan McGregor), il più giovane e il più irruento del gruppo, che non sa accettare la dura realtà e che non ha mai dimenticato la ragazza di cui è innamorata da quando aveva 14 anni.
Poi ancora ci sono Harry, Ernie, Jim, uomini che hanno dedicato la vita e le loro energie a quella miniera e che ora, alla vigilia dell'imminente chiusura non riescono a vincere quel senso di inadeguatezza e di impotenza che prende quando ci si trova davanti ad eventi che non si possono o non si è in grado di gestire. Ma un giorno il ritorno di Gloria, nipote del vecchio leader e amore mai dimenticato di Andy, riaccende l'entusiasmo tra tutti i componenti la banda musicale. La ragazza, che ha ereditato dal nonno il flicorno e l'amore per la musica, si unisce alla banda e contribuisce ad infiammare gli animi degli uomini di quella forza che trasforma la rabbia in nuova energia necessaria per superare qualsiasi ostacolo.
Ma li attende una grossa delusione: la ragazza, infatti, lavora per la British Coal, l'organismo che presiede allo smantellamento definitivo delle miniere.
La banda, intanto partecipa alla gara nazionale, vince la fase eliminatoria e torna trionfante in paese.
Ma i problemi si aggravano: i fondi scarseggiano, il vecchio Danny finisce all'ospedale, consunto dalla silicosi e il figlio, Phil, oberato dai debiti, non riesce a tenere unita la famiglia e tenta il suicidio.
Quando stanno per rinunciare alla gara, un aiuto insperato consente loro di recarsi a Londra per sostenere la finale all'Albert Hall.
Sarà un trionfo e quando stanno per ritirare la coppa vengono raggiunti da Danny che, scappato dall'ospedale, riuscirà a salire sul palcoscenico da dove urlerà tutta la sua rabbia e tutto il suo risentimento, facendo partecipe il pubblico delle enorni difficoltà di vita della sua piccola comunità.

Diverso e coraggioso, con una profonda descrizione del contesto sociale ed umano della vicenda, il film di Herman vuole essere non solo un documento rappresentativo di un preciso momento storico e politico inglese, ma di una più ampia universalità, dove si rincorrono ingiustizie sociali e discriminazioni ai danni dei più poveri e dei più deboli, in nome e nella logica dell'interesse, del profitto e del capitale.
Lo attraversa una disperazione oscura, il rammarico, più che un senso di rivolta, verso quella precaria sopravvivenza degli esseri umani che pagano, e continuano a pagare, costi sociali altissmi sia in termini psicologici che più propriamente personali.
La scelta di una località immaginaria come sfondo della vicenda, conferisce una universalità e una veridicità documentaristica alla storia, legata alla realtà e da cui emerge, in tutta la sua disumanità, la pragmatica iniquità del capitalismo liberale nelle società industriali.

Una riflessione amara sul tema del mondo del lavoro e dell'orgoglio operaio ferito nell'Inghilterra del thatcherismo.

Siamo dalle parti di "Full Monty", con meno ironia e più disperazione.

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Recensione a cura di Mimmot - aggiornata al 21/11/2008

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