Recensione il seme della violenza regia di Richard Brooks USA 1955
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Recensione il seme della violenza (1955)

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locandina del film IL SEME DELLA VIOLENZA

Immagine tratta dal film IL SEME DELLA VIOLENZA

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Immagine tratta dal film IL SEME DELLA VIOLENZA

Immagine tratta dal film IL SEME DELLA VIOLENZA
 

Ci sono film che quando escono diventano casi nazionali e addirittura cambiano la storia del cinema o della musica; eppure con il tempo vengono quasi dimenticati. "Il seme della violenza" ("Blackboard Jungle"), diretto da Richard Brooks e uscito nel 1955 negli Stati Uniti, è uno di questi.

Nato come un film senza tante pretese, in bianco e nero e con un budget ridotto, fece scalpore perché fu il primo film che portò sul grande schermo un nuovo modo di rappresentare i giovani americani dell'epoca: duri, spavaldi, violenti, indipendenti, ostili alle regole e ai gusti degli adulti. Era un disagio giovanile che covava da diverso tempo nella società americana, a cui questo film dava finalmente una forma concreta, in termini visivi e soprattutto musicali. Fu come aver gettato un fiammifero su della benzina. I modi di comportarsi e di vestirsi dei ragazzi del film, mostrati come modelli da evitare, dilagarono invece in tutta la nazione e divennero una moda. In molti cinema ci furono quasi delle sommosse (tanto il modello aveva fatto presa), che portarono al divieto di proiezione del film in alcuni stati degli U.S.A.

In Italia il film arrivò nel 1957 e fu vietato ai minori di 16 anni (lo è tuttora). Il titolo del film fu cambiato quasi ironicamente ne "Il seme della violenza" (la traduzione letterale del titolo è invece più o meno "la giungla della lavagna"). È stato però soprattutto nel campo musicale che questo film ha segnato il corso della storia. Richard Brooks decise di utilizzare come accompagnamento musicale di apertura e di chiusura del film una canzone uscita alcuni mesi prima e passata quasi inosservata: "Rock Around The Clock" di Bill Haley. In pochissimo tempo diventò una specie di tormentone nazionale. I cinema dove si proiettava questo film si trasformavano in sale da ballo, quando suonava questa canzone.
Dal nulla spuntarono nuovi cantanti come Elvis Presley e Chuck Berry e venne creato un nuovo stile musicale chiamato "rock 'n' roll". Il cinema stesso inventò un nuovo genere, cioè quello dei film basati sui cantanti di successo, fatto apposta per i giovani e destinato a grande successo negli anni '60.

E pensare che il film era nato con intenzioni completamente diverse.
Il tema centrale è infatti il contrasto fra scuola e società e più in generale fra la forza degli ideali e la forza della violenza. Questi termini in gioco sono rappresentati in maniera semplice e concreta, quasi didascalica. I caratteri dei personaggi sono ben chiari e definiti; le vicende si svolgono in maniera esemplare rispettando la struttura base dei film di Hollywood anni '50, cioè la sequenza presentazione-strappo drammatico-risoluzione.
Non manca poi la solita retorica nazionale, con la bandiera americana che spesso sbuca sullo sfondo delle inquadrature e con scene narrativamente inutili ma che mostrano come la scuola americana in generale sia un'istituzione sana e funzionante.

Nei primi dieci minuti ci facciamo però un'idea molto suggestiva dell'ambiente (un grigio e fumoso quartiere urbano piuttosto degradato). Questo serve più che altro come sfondo, perché il film non approfondisce per niente l'aspetto sociale ed economico della vicenda. Ci si concentra invece fin da subito sulle istituzione e sulle persone e in particolar modo sul protagonista, Mr. Dadier (ottimamente interpretato da Glenn Ford), un ex-soldato che cerca un posto da insegnante per mantenere la famiglia e allo stesso tempo essere ancora utile alla nazione.
Dadier viene quindi assunto alla "North Manual High School" (l'equivalente di un liceo tecnico professionale) con la mansione di professore di lettere. Fin da subito deve fare i conti con il modo di fare burocratico e autoritario dei suoi superiori e con le tipiche difficoltà ambientali delle scuole pubbliche (bagni fatiscenti, rumori, caldo soffocante), il tutto per una paga fra le più basse nel pubblico impiego. Con i colleghi ci sono poi i soliti scambi di opinioni professionali; c'è chi è scettico sulla capacità degli alunni di imparare se non con una ferrea disciplina, chi invece è entusiasta del ruolo e lo sente come una missione (il personaggio di Joshua, l'insegnante di matematica, grande appassionato di jazz) e nel mezzo quelli che svolgono il loro mestiere come una routine. Non poteva mancare la professoressa avvenente e seduttrice, con il suo corollario di pettegolezzi.

Che sia un mestieraccio lo si vede molto bene nel corso del film, quando spesso Dadier viene inquadrato teso e sudato, che fatica a tenere sotto controllo i nervi. In un'altra scena gli insegnanti escono di scuola e subito sorridono come se fosse per loro una liberazione.
Il problema più grande è infatti il rapporto con gli alunni. Già allora multietnici, formano un gruppo indipendente e consapevole che non prova alcuna riverenza verso gli adulti; anzi il loro è un continuo atteggiamento di sfida e provocazione. Fin da subito cercano di intimorire gli insegnanti con battute e lazzi, passando poi a vie di fatto più spiccie e violente, come tirare una palla da baseball sulla lavagna o tentare di violentare l'insegnante provocante. La scena che fa più male è però quella in cui i ragazzi umiliano Joshua distruggendogli l'amata collezione di dischi jazz (un po' il simbolo della vittoria del rock, la musica dell'istinto e della violenza, come musica delle giovani generazione e quindi del futuro).

"Il seme della violenza" è quindi il primo film che certifica la crisi della pedagogia ottocentesca, quella che pensava di avere davanti dei soggetti passivi di cui si doveva "plasmare la mente e scolpire le vite". Adesso i ruoli appaiono quasi rovesciati; come certifica West, il ragazzo "cattivo", a Dadier: "Tu ci vuoi insegnare. Pensa piuttosto a quello che impari da noi".
Era il segno di una trasformazione sociale che all'epoca nessuno capiva, né voleva capire, come testimonia il film stesso, che non indaga a fondo i retroscena della vita degli alunni. Dadier stesso adotta fin dall'inizio una strategia basata sulla visione semplicistica dei giovani come condizionati da bande e da leader. È convinto che per mettere ordine in classe sia sufficiente ingraziarsi i "capi", rappresentati in maniera schematica dai personaggi di West (un irlandese malavitoso e cinico) e di Miller (un nero diffidente ma onesto, interpretato da un magnetico Sidney Poitier, alla prima grande interpretazione).
Ammirevole è comunque lo sforzo di Dadier di entrare in contatto diretto con i suoi alunni, riuscendoci alla fine proprio grazie al cinema. Proiettando un cartone animato riesce a catturare il loro interesse e a creare uno spirito di fiducia e collaborazione. Sarà essenziale alla resa dei conti finale, quando la classe e Miller si schiereranno dalla parte di Dadier, isolando una volta per tutte il ribelle e distruttivo West.
Si tratta del solito lieto fine forzato, che però non cancella nello spettatore la forte impressione creata dal contrasto quasi insolubile fra i sogni e gli ideali degli adulti e gli istinti materiali e sessuali dei giovani.

L'intenzione de "Il seme della violenza" era proprio quella di svegliare l'interesse dell'opinione pubblica su di un serio problema sociale dell'epoca. Per questo con il tempo è stato quasi dimenticato.
Solo che i problemi della scuola continuano ad essere di attualità anche adesso. Guardando "La classe" di Cantet, ci si accorge che ci sono tanti punti in comune con questo film, anche dal punto di vista tecnico. È anche grazie a "Il seme della violenza" che ci rendiamo conto in maniera indiretta di come la scuola sia un'istituzione mal sopportata e subita da chi la frequenta, cioè i giovani, e in fondo anche da chi l'amministra. Sarà forse perché la scuola è considerata un'istituzione "inutile", che dà fastidio allo spirito materiale (i soldi sopra tutto) e politico (cittadini che eseguono senza pensare) che domina la società attuale?

Dadier è stato uno dei primi professori cinematografici a credere fermamente nella possibilità di entrare in contatto con le giovani generazioni e farne dei cittadini attivi e consapevoli. Che sia un'utopia?

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Recensione a cura di amterme63 - aggiornata al 08/06/2009

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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