Recensione il testamento del mostro regia di Jean Renoir Francia 1959
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Recensione il testamento del mostro (1959)

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locandina del film IL TESTAMENTO DEL MOSTRO

Immagine tratta dal film IL TESTAMENTO DEL MOSTRO

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Immagine tratta dal film IL TESTAMENTO DEL MOSTRO

Immagine tratta dal film IL TESTAMENTO DEL MOSTRO
 

Il notissimo psichiatra Cordelier redige un testamento lasciando tutti i suoi cospicui averi allo sconosciuto signor Opale, che si rivela essere molto presto un individuo davvero raccapricciante.

Non più dottor Jekyll, ma dottor Cordelier; niente Mr. Hyde, ma Monsieur Opale. Scordiamoci Londra e catapultiamoci a Parigi.
E' chiaro che il grande regista francese Jean Renoir si è ispirato al noto romanzo di Stevenson "Lo strano caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde" per girare questa sua pellicola, anche se ha modificato, rendendolo del tutto personale, il punto di vista dello scrittore scozzese.
Tralasciando l'opinabilità o meno del messaggio insito nelle vicende di Cordelier/Opale, "Il testamento del mostro" è un ottimo film, girato perfettamente (con l'uso contemporaneo di diverse macchine da presa) e recitato in maniera quasi sublime. A farla da padrone è ovviamente l'attore protagonista, Jean-Louis Barrault, che riesce a conferire al dottore un aspetto quasi più viscido e antipatico del mostro suo doppio. "Cordelier è un paranoico", dice lo psichiatra suo rivale, e non si stenta a crederci durante la visione del film, dato che il dottore appare quasi sempre come se fosse estraneo alla realtà, tanto più che Opale nel finale afferma: "E' il testamento di un mostro a favore di un altro mostro".

Il film inizia con il notaio Joly (Teddy Bilis) che aiuta il suo amico Cordelier a redigere il suo testamento. Il dottore ha lasciato tutti i sui averi al signore Opale, che Joly non ha mai visto né conosciuto. Subito dopo lo stesso notaio scorge dalla finestra della sua abitazione uno strano individuo che aggredisce una bambina e si precipita per strada in modo da poterlo acciuffare. L'uomo, dall'aspetto quasi mostruoso, riesce a scappare e si nasconde proprio nel retro della villa del dottor Cordelier. Quando Joly avverte il suo amico del pericolo che sta correndo, questi gli confessa che il bruto in questione non è altri che il signor Opale, il beneficiario del suo testamento. Joly rimane allibito e sconvolto e tenta di convincere l'amico a far arrestare il malefico individuo. Ma Cordelier si oppone, dicendo che l'uomo si è prestato per farsi studiare da lui e che quindi merita di essere citato nel suo testamento.
Il dottore è quindi deciso a continuare i suoi studi sul cervello del signor Opale, nonostante questo costituisca un pericolo per la società. L'uomo infatti continua a portare avanti le sue malefatte: aggredisce un uomo anziano, spia le coppiette negli angoli, toglie le stampelle agli infermi, maltratta le donne e via dicendo.
Il signor Joly si reca allora dal dottor Severin, un tempo amico di Cordelier e ora suo strenuo nemico. Questi non si stupisce della notizia, dato che aveva sempre sospettato che qualcosa era cambiato nel dottore. Ed è proprio da Severin che Cordelier si recherà per dare dimostrazione dei suoi studi e quindi della sua superiorità sul rivale. Severin, però, in accordo con Joly, ha chiamato la polizia, deciso a far arrestare il terribile Opale. Quando però i poliziotti arrivano nello studio di Severin, questi giace morto. Opale ha collezionato un'altra vittima.
Joly, disperato, si reca nuovamente alla villa del signor Cordelier, dove tutta la servitù è in apprensione, perché dallo studio del dottore arrivano delle urla lancinanti. Il notaio si precipita nel laboratorio, temendo per l'incolumità del suo amico e vi trova invece il signor Opale, che gli farà una sconcertante rivelazione.

E' palese che le simpatie del regista sono tutte per il mostruoso Opale, piuttosto che per il sibillino dottor Cordelier. Infatti, a giacere morto alla fine del film, non è il corpo del mostro, ma quello del dottore. Questo a significare che è colpa sua se la terribile personalità di Opale ha avuto modo di manifestarsi, come pure è sua la colpa di non essere stato in grado di controllarla e soprattutto di averla fatta fuoriuscire.
"Ero divenuto un essere libero, libero da qualsiasi costrizione", dice Opale durante la confessione al notaio Joly (che nel corso della pellicola cambia numerose volte professione, da notaio ad avvocato e viceversa). E in effetti questa libertà morale viene espressa visivamente dagli atteggiamenti allegri e quasi gioviali di Opale, che passeggia con il bastone e cammina come danzando; mentre il dottor Cordelier appare sempre rigido e impettito, come racchiuso in un corpo, ma soprattutto in un'anima e in una mente che forse non sente più sue. Infatti, continuando nella sua confessione, Opale/Cordelier rivelerà a Joly che "quel corpo tanto cambiato era il riflesso di me stesso distorto dai miei istinti".
Questo dialogo cruciale si era tra l'altro aperto con delle parole davvero molto significative: "Questo è molto di più di un testamento, è una confessione...". Prosegue poi con il racconto di come abbia avuto inizio il terribile esperimento, che Cordelier ha portato avanti con la certezza di poterlo terminare in qualsiasi momento. Invece è continuato come fosse stato impossibile da fermare, quasi come se la pozione che trasformava Cordelier in Opale fosse una potente droga alla quale era impossibile rinunciare.
Le stupefacenti rivelazioni di Cordelier/Opale lasciano turbato il povero notaio/avvocato Joly, che non sa se crederci o meno e che quando capisce che si tratta di una terribile e sconcertante verità, non sa se far arrestare il suo "pazzo amico" o aiutarlo a guarire e a liberarsi del suo doppio che sta prendendo il sopravvento. Alla fine non gli viene dato il modo di scegliere, dato che il destino e la cruda realtà sceglieranno per lui.

Al di là del soggetto, già conosciuto anche se modificato nel significato, quello che lascia un po' perplessi è l'incipit, in cui vediamo il regista stesso entrare in uno studio dove si sta proiettando il film in questione. Lo vediamo poi cominciare a commentare le vicende che vi hanno luogo e quindi scomparire all'improvviso senza più fare capolino, nemmeno nel finale. Probabilmente caratterizzando di più l'ambientazione parigina si sarebbe reso il soggetto ancora più originale.
Comunque, se si tralasciano questi aspetti, tutto sommato secondari rispetto al valore dell'opera, possiamo tranquillamente asserire che "Il testamento del mostro" è una pellicola affascinante che trova il suo punto di forza nella rappresentazione del male e cioè nel personaggio dell'orrendo Opale, il quale suscita timore e terrore in tutti coloro che sfortunatamente si imbattono in lui: "Aveva un'aria diabolica", "Faceva paura", continuano a ripetere queste persone... e hanno ragione.

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Recensione a cura di A. Cavisi - aggiornata al 07/10/2010 14.59.00

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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