Recensione la maschera del demonio regia di Mario Bava Italia 1960
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Recensione la maschera del demonio (1960)

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locandina del film LA MASCHERA DEL DEMONIO

Immagine tratta dal film LA MASCHERA DEL DEMONIO

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Immagine tratta dal film LA MASCHERA DEL DEMONIO
 

La strega Asa, uccisa dai componenti del suo villaggio nel 1600, viene risvegliata dall'arrivo di un dottore che casualmente versa alcune gocce del suo sangue sul suo cadavere. Intento della terribile creatura è quello di impossessarsi del corpo di Katia, sua identica discendente, per vendicarsi di tutti i suoi antenati, grazie all'aiuto del suo vecchio amante col quale fu ammazzata due secoli prima e tornato in vita per soddisfare ogni suo desiderio.

Un magistrale esempio di cinema di genere che si accompagna anche ad un'altissima qualità, "La maschera del demonio", primo film del grande regista Mario Bava, nonché primo vero e proprio horror italiano, con la sua straordinarietà ha influenzato moltissimi registi che si sono ispirati a questa pellicola, riprendendone topoi e tematiche, ma anche rifacendosi al suo elegantissimo e particolarissimo stile.

Uno dei grandi meriti di questo film è sicuramente la presenza di un'attrice carismatica e comunicativa come Barbara Steele. Nel ruolo della terribile strega, ma anche della povera e ingenua ragazza designata come sua vittima principale, ha spaventato e impressionato milioni di appassionati del genere con questa e con le successive pellicole che l'hanno consacrata come icona horror per eccellenza.
Indimenticabili rimarranno i suoi occhi sgranati e il suo ghigno malefico mentre si avvicina alle sue vittime, facendole cadere nella sua trappola non con morsi, come da tradizione vampiresca, ma con un bacio, sottile riferimento, questo, all'abilità ammaliatrice e ingannevole del gentil sesso. Ma non è sicuramente questo l'unico riferimento ai capisaldi della narrazione horror a fare capolino all'interno di questa ricchissima e multiforme pellicola. Se la strega che fuoriesce dalla sua tomba (facendola esplodere e non scoperchiandola, si badi bene) ricorda sicuramente il personaggio di Dracula e i vampiri in generale, il suo "tuttofare", il principe ritratto in un grande quadro con un grifone sul petto, fuoriuscendo dalle viscere della terra dove era sepolto, sicuramente ci fa pensare all'immagine degli zombi. Di differente c'è il fatto che per liberarsi di lui, e di quelli come lui caduti vittima dell'incantesimo della strega, non si fa ricorso a metodi come paletti o collane d'aglio, ma ad espedienti che consistono nel cavare l'occhio sinistro e mostrare delle croci sacre.
Ma al di là dei riferimenti extrafilmici e dei sottotesti (si toccano temi come la necrofilia, la repressione sessuale, la misoginia, ecc.), quello che rende monumentale questa pellicola è proprio il suo altissimo valore tecnico. Prima di tutto si rimane affascinati da una straordinaria fotografia in bianco e nero (curata dallo stesso Bava) che sembra quasi trasformare ogni fotogramma in un dipinto. Anche l'ambientazione è decisamente suggestiva e molto curata. Da una parte abbiamo l'atmosfera cupa e lugubre che si respira nell'enorme castello, quasi sempre immerso nel buio e in cui ci si perde in cunicoli e passaggi segreti; dall'altra l'allegria e l'amenità che si respira nel villaggio adiacente, dove in una locanda si passa il tempo bevendo e divertendosi, inconsapevoli dell'orrore che avviene lì a due passi.

Decisamente apprezzabile la regia di Bava che gioca soprattutto con le zoomate veloci sui primi piani dei protagonisti, spaventati da un rumore improvviso o assetati di vendetta (ovviamente i primi piani che rimangono più impressi sono quelli dedicati alla terribile strega). Inoltre in un paio di sequenze Bava ci regala più di un brivido, come pure la soddisfazione di vedere qualche scena splatter che appaga il tipico sadismo posseduto da ogni appassionato di film horror che si rispetti.
A questo riguardo bisogna citare lo straordinario incipit (richiamato poi specularmente nel finale) in cui Asa viene marchiata come figlia di Satana con una grande S sulla spalla e poi viene uccisa con una maschera (la maschera del demonio appunto) che le viene conficcata letteralmente sul volto. Di simile effetto è anche la scena in cui il corpo della strega comincia a prendere vita, alimentato dalle gocce di sangue del dottore che, accorso per curiosità a farle visita, viene attaccato e ferito da un pipistrello.

"La maschera del demonio" è, insomma, un vero e proprio capolavoro della tradizione horror, forse troppo presto dimenticato (ad esclusioni dei "fanatici" del genere), il quale meriterebbe di essere rispolverato e ricordato con giusta enfasi e adeguato entusiasmo.

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Recensione a cura di A. Cavisi - aggiornata al 19/11/2010 10.13.00

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